Ut unum sint

Con la data del 25 maggio 1995 Papa Giovanni Paolo II sottoscriveva la lettera enciclica Ut Unum Sint”, documento di significativa importanza per l’impegno ecumenico non solo della Chiesa cattolica.Questa enciclica, al dire dello stesso Giovanni Paolo II “va letta nel contesto dell’intero magistero conciliare del Vaticano II, che esprime la decisione della Chiesa di assumere il compito ecumenico a favore dell’unità dei cristiani e di proporlo con convinzione e vigore”(1).I testi conciliari da tenere presenti per i principi cattolici dell’ecumenismo sono la Lumen Gentium, che è il cuore della dottrina del Vaticano II, la Unitatis Redintegratio e la Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa.Dopo aver richiamato il n.8 della Lumen Gentium, in cui si afferma che “la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con Lui”, l’enciclica Ut Unum Sint riporta ciò che “riconosce” il Concilio nelle altre Chiese e comunità cristiane: “Si trovano parecchi elementi di santificazione e di verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità”(2) .Questi “elementi di santificazione e di verità presenti nelle altre comunità cristiane costituiscono la base oggettiva della pur imperfetta comunione spirituale tra loro e la Chiesa cattolica”(3) .Proprio in base a ciò e ovviamente a seguito delle  preghiere di Cristo al Padre “che essi siano una cosa sola come noi siamo una cosa sola” (Gv 17,22), non può essere disattesa “la via ecumenica come via della Chiesa”.Diverse cose sono necessarie, anzitutto la “conversione personale e comunitaria… all’unità… e alla fedeltà al Vangelo”(4) ; riformare il modo di esporre la dottrina che non significa “modificare il deposito della fede, cambiare il significato dei dogmi, eliminare da essi delle parole essenziali, adattare la verità ai gusti di un’epoca…Tuttavia, la dottrina deve essere presentata in un modo che la renda comprensibile a coloro ai quali Dio stesso la destina”(5) .Non può non essere sottovalutato il primato della preghiera, attenzione questa richiamata anche da Papa Francesco, quando indica l’importanza dell’ecumenismo spirituale perché “la comunione di preghiera induce a guardare con occhi nuovi la Chiesa e il cristianesimo. Non si deve dimenticare, infatti, che il Signore ha implorato dal Padre l’unità dei suoi discepoli, perché essa rendesse testimonianza alla sua missione ed il mondo potesse credere”(6) .Il dialogo, come scelta ecclesiale indicato da  Paolo VI nella sua prima enciclica Ecclesiam Suam “ha un’importanza essenziale [perché con esso] tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di entrambe le Comunioni” (7) e grazie proprio al dialogo “le Comunità cristiane sono aiutate a scoprire l’insondabile ricchezza della verità” (8).Grazie al dialogo ecumenico si sono ritirate le reciproche scomuniche tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa con il gesto profetico di Paolo VI e Atenagora.Si è fatta la dichiarazione congiunta sulla giustificazione tra luterani e cattolici; si sono cambiate relazioni di comunione con diversi patriarchi ortodossi e anche la creazione della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa; l’incontro tra Papa Francesco e a Chiesa luterana del nord Europa.Passi ne sono stati fatti tanti, anche con uno spirito di vera fraternità.Molti altri certo ne dobbiamo fare dalle varie parti del mondo cristiano, avendo come obiettivo la riceca di quella comunione in Cristo, luce della verità evangelica e di quella salvezza antropologica ed anche dall’intero creato che in Cristo trova quella ricapitolazione che deve portarci all’unità sacramentale in Lui e con Lui, per essere segni di speranza per la vita del mondo.

1. Giovanni Paolo II, enc. Ut Unum Sint n.82. Ibid. n. 83. Ibid. n. 154. Ibid n. 155. Ibid. nn 18-196. Ibid. n. 237. Ibid. n. 328. Ibid. n.38