Benedetto XVI ed Aquileia

Prima del maggio 2011, Joseph Ratzinger non aveva mai avuto modo di visitare Aquileia. Durante le sue permanenze precedenti in regione, i programmi non gli avevano concesso di mettere piede nella città romana. Di certo, però, conosceva i Padri della Chiesa aquileiese e la loro produzione letteraria: sapeva bene quanta parte avesse avuto nella diffusione del Vangelo anche nella sua terra d’origine la testimonianza portata dai primi cristiani figli di quella Chiesa che, secondo la tradizione, fonda sull’apostolo Marco la propria successione apostolica. E dimostrazione di questa conoscenza, la diede nel dicembre 2007 riservando a San Cromazio una delle catechesi dedicate durante le udienze generali del mercoledì in aula Paolo VI ai grandi Padri della Chiesa occidentale ed orientale.Ad Aquileia, Benedetto XVI giunse il 7 maggio 2011 per incontrare i delegati delle Chiese del Nord che l’anno seguente avrebbero partecipato al Convegno ecclesiale triveneto di Grado.A loro, perché se ne facessero testimoni nelle proprie comunità, consegnò un messaggio molto chiaro: “La missione prioritaria che il Signore vi affida oggi, rinnovati dall’incontro personale con Lui, è quella di testimoniare l’amore di Dio per l’uomo. Siete chiamati a farlo prima di tutto con le opere dell’amore e le scelte di vita in favore delle persone concrete, a partire da quelle più deboli, fragili, indifese, non autosufficienti, come i poveri, gli anziani, i malati, i disabili, quelli che San Paolo chiama le parti più deboli del corpo ecclesiale”. Era il richiamo ad alcuni dei fondamentali concetti che, rilanciando gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, hanno segnato il suo Pontificato: primo fra tutti quello della Fede non come un elemento statico ma un cammino che ogni credente è chiamato a percorrere. Un cammino nella Storia e come tale sempre aperto all’incontro ed al confronto con l’altro.Ma la collocazione geografica di Aquileia e delle Chiese che ad essa facevano riferimento – “non più solo crocevia fra l’Est e l’Ovest dell’Europa ma anche tra il Nord e il Sud (l’Adriatico porta il Mediterraneo nel cuore dell’Europa)” – non poteva non offrire un ulteriore spunto di riflessione al Papa che tante volte aveva sottolineato che “il continente europeo è nato dalla fede cristiana e senza questa fede perde la propria identità”. Anche se nel Vecchio continente ormai si assisteva all’accentuazione del “pluralismo culturale e religioso”, alle comunità del NordEst papa Benedetto chiese di “non rinnegare nulla del Vangelo in cui credete, ma state in mezzo agli uomini con simpatia, comunicando nel vostro stesso stile di vita quell’umanesimo che affonda le sue radici nel Cristianesimo, tesi a costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà una “città” più umana, più giusta e solidale”.Un mandato preciso e chiaro pronunciato dopo essersi fermato, anche se solo per un attimo, ad ammirare la maestosità della basilica poponiana mentre ne percorreva la navata centrale.Poco prima – nel tragitto fra l’aeroporto di Ronchi e la città romana – era accaduto un qualcosa di straordinario troppo presto dimenticato dai commentatori che in questi giorni hanno dipinto il papato di Ratzinger come un regno aristocraticamente lontano dai fedeli. Ho vissuto quel percorso nell’auto che precedeva la papamobile, insieme all’allora comandante della Gendarmeria Pontificia, Domenico Giani ed ho avuto la grazia di poter avere uno sguardo d’insieme come testimone diretto e privilegiato di quanto, sino poche ore prima, nessuno si sarebbe aspettato.Appena usciti dallo scalo ci rendemmo conto che al corteo papale faceva ala, da ambo i lati della strada, un fiume ininterrotto di uomini e donne, bambini ed anziani: stretti uno accanto all’altro accompagnavano idealmente Benedetto XVI in quel suo viaggio verso la basilica. La Questura di Gorizia stimò quella presenza in almeno 30 mila persone. Un dato incredibile tenuto conto della realtà numerica del territorio diocesano ma anche della regione Friuli Venezia Giulia. Fu lo stesso Giani – che pure aveva già alle spalle una lunga esperienza di viaggi papali – a rimanere colpito dalla presenza e dall’affetto che tutta quella gente dimostrava al Papa. E Ratzinger – come ebbe poi a confidare l’arcivescovo DeAntoni che lo accompagnava sulla papamobile – fu a propria volta profondamente toccato da tutte quelle persone accorse  per poterlo salutare agitando la mano per un attimo mentre la sua auto passava davanti a loro.Vatileaks sarebbe scoppiato in tutta la sua gravità solo pochi mesi dopo mentre cominciava a delinearsi più nitidamente in tanti Stati la portata dello scandalo pedofilia nella Chiesa: eppure già allora quella folla sembrava quasi voler sorreggere il cammino di un Papa di cui solo la Fede profonda sembrava poter compensare l’estrema fragilità fisica.Sarà la Storia a collocare nella giusta dimensione la grandezza di un Papato in gran parte sottovalutato (come peraltro avvenuto, per rimanere a tempi recenti, con quello di San Paolo VI) e letto con superficialità troppo spesso alla luce solo del suo atto finale, le dimissioni del 2013. E non ci sarà da sorprendersi se, nei tempi che la sua millenaria saggezza le detterà, la Chiesa deciderà di inserire Benedetto XVI fra i suoi Dottori.