Alla scoperta della memoria storica della parrocchia di Farra

Dopo tre anni di lavoro di ricostruzione, identificazione e catalogazione dei documenti, può dirsi concluso il riordino del fondo dell’archivio parrocchiale di Farra d’Isonzo. Dal 2014 al 2017 l’archivista e paleografo Vanni Feresin si è occupato dell’importante lavoro, restituendo in ordine la memoria storica del paese e della parrocchia, pronta per essere consultata da storici e genealogisti. Le importanti documentazioni d’archivio di Farra  pur avendo alcune lacune, hanno inizio nel secondo decennio del secolo XVII, subito dopo le fine delle “Guerre Gradiscane”  del 1617, il primo battesimo è datato 2 febbraio 1620, il primo libro dei matrimoni ha inizio il 16 settembre del 1619, il primo dei defunti risale al 16 aprile 1645, per trovare la prima denominazione di parrocchia nei libri canonici bisogna andare al settimo libro dei defunti “Tom 7° Registro de Morti che principia li 3 Gennajo 1851 della Parrochia di Farra” o al nono libro dei battesimi: “IX Liber Baptizatorum in Parochia B. V. Assumptae Farrae ab anno 1857 ad annum 1865”. Le prime cresime registrate risalgono al 1819, mentre gli Stati delle anime indicano il termine parrocchia già nei primi anni dell’Ottocento “Stato delle anime ovvero Prospetto di tutte le famiglie della Parrocchia di Farra compilato, e messo in ordine dal R(everen)do Don Giovanni Battista Aviàno Capellano L’Anno 1809 Poscia ridotto in migliore forma L’Anno 1815”, nelle serie dedicate all’amministrazione della Chiesa ci sono molte parte mancanti infatti il primo Libro mastro è in verità il secondo in quanto il primo è andato perduto “N° 2 Prop. Farra – Urbario delle V[eneran]da Parrocchia di Sta Maria di Farra incomincia con dì 1mo Gennaio 1841”. Pubblichiamo ora alcune note storiche sulla pieve e sugli edifici di culto, tratti dall’introduzione all’inventario del fondo.

La pieve e la chiesa parrocchialeL’antica pieve di Farra d’Isonzo fin dal XIV secolo cominciò a svincolarsi dalla sudditanza del Patriarca di Aquileia proprio per volontà dei suoi vicari; nel XVII secolo i principi di Eggenberg si arrogarono il giuspatronato sulla chiesa di Farra e nominarono il primo parroco nella persona di Giuseppe Pollini. Nello stesso tempo, essendo divenuta troppo angusta la chiesa primigenia, il neo parroco appoggiato dalla popolazione diede il via alla costruzione di un nuovo tempio al centro dell’antico cimitero e accanto al precedente, oggi in parte adibita a sacrestia. L’edificio di stile barocco con altare maggiore “di pietra schietta”, come scritto nella supplica indirizzata al patriarca di Aquileia dalle comunità di Farra, Bruma e Villanova per ottenere il permesso di esecuzione dei lavori, venne ultimato nel 1728 e consacrato il 20 maggio 1742 da monsignor Gian Giuseppe Bonifacio Cecotti, vescovo di Pedena e delegato dell’ultimo Patriarca Daniele Delfino. La Chiesa è dedicata a Santa Maria Assunta in cielo. La chiesa a metà del Settecento era provvista di altri due altari oltre al maggiore, uno dedicato a Sant’Antonio abate e l’altro a Sant’Antonio di Padova. L’Arcivescovo Carlo Michele d’Attems visitò la chiesa nel 1753, nel 1759 e nel 1765, sempre accolto con grande entusiasmo dal popolo e dal clero, nella seconda visita venne accolto anche dai padri domenicani e dal giurisdicente del villaggio Francesco conte di Strassoldo. Nella relazione alla seconda visita si viene a conoscenza che i due altari dedicati ai santi Antonio abate e Antonio da Padova erano stati sostituiti con due dedicati ai Santi Pietro e Paolo l’uno a cornu Evangelii e l’altro a cornu Epistolae. Come risulta dai documenti presenti nell’archivio storico parrocchiale nel 1942 il parroco Luigi Cossi ornò i preziosi manufatti settecenteschi con due grandi statue raffiguranti Pietro e PaoloDurante il primo conflitto mondiale l’edificio sacro venne danneggiato pesantemente dalle artiglierie e fu ricostruito con i contributi attenuti dallo stato centrale italiano nel 1923, come si legge dall’incartamento conservato in archivio. Il tempio fu riconsacrato dall’arcivescovo Francesco Borgia Sedej il 5 agosto del 1923.L’interno attuale della chiesa è privo di ornamenti, la volta è opera del pittore Corrado Zimolo di Sagrado mentre la via Crucis, del 1925, è opera di Clemente Costantino Del Neri che ha restaurato anche gli otto stendardi in seta provenienti dal filatoio di Farra. Sopra l’altare maggiore è stata posta nel 1930 la nuova statua della Madonna Assunta di Giovanni Moro da Udine, mentre la cornice dorata è pregevole lavoro dell’artigiano di Farra Eugenio Olivo. L’affresco battesimale fu realizzato dal farrese Cesare Tofful, al centro della facciata decorata da quattro lesene trova in una nicchia, la statua in marmo dell’Immacolata, opera giovanile dello scultore di Gradisca di Giovanni Battista Novelli coadiuvato da altri membri della sua famiglia di scultori.

Gli altri edifici di cultoDall’analisi della visita pastorale dell’abate di Moggio Bartolomeo di Porcia e da quelle del principe arcivescovo Carlo Michele d’Attems si nota che erano chiese filiali di Farra d’Isonzo: Gradisca, Bruma, San Martino, Sdraussina, Peteano, Villanova e Mainizza. Certamente Gradisca, Bruma e San Martino si resero indipendenti già in tempi remoti: Gradisca divenne autonoma con la dominazione veneta del secolo XV e la costruzione della fortezza, Bruma si staccò da Farra nel 1776 divenendo Vicariato e San Martino già nel 1753 era autonoma rispetto a Farra. Nella relazione del 1753 sulla prima visita pastorale del 1753 di Carlo Michele d’Attems risulta che la Chiesa di San Valentino era provvista di due altari, oltre a quello del patrono anche uno dedicato a San Giuseppe e l’altro a Santa Lucia. Nel 1914 il titolo della chiesa venne modificato da San Valentino in San Paolino d’Aquileia. Nel 1915 la chiesa venne distrutta e con le sue pietre fu edificato l’attuale campanile. La Chiesa di Sdraussina si rese indipendente da Farra nel 1865 dopo essere stata eretta una vicaria autonoma. Nell’antico feudo dei conti Strassoldo, baroni di Villanova, la chiesa gentilizia della famiglia era dedicata a San Pietro, il quale appare fin dalla terza visita di Carlo Michele d’Attems del 9 giguno 1765. Era provvista di campanile con una unica campana e un cimitero benedetto. Venne distrutta nella prima guerra mondiale e fu ricostruita nel 1926 dal governo italiano in stile romanico. In antico la chiesa filiale era meta di pellegrinaggi e processioni, in occasione dell’Ascensione, della festa di San Marco e durante le rogazioni maggiori e minori. Fin dai tempi antichi si ergeva un tempietto votivo al dio “Aesu”, divinità gallica che corrispondeva al dio Mercurio dei Romani, da cui è derivato Aesontius, cioè Isonzo. A questa divinità protettrice dei commercianti e pellegrini, erano rivolte le invocazioni dei viandanti della via Gemina per impetrare protezione contro le insidie dei periodici straripamenti del fiume che, nei pressi, riceveva le acque dell’affluente “Frigidus” Vipacco, nonché per un rendimento di grazie per essere usciti indenni dai boschi infestati dal brigantaggio e dagli animali. Su quei resti venne posta una piccola chiesa dedicata alla Beata Vergine su un fondo denominato “Spirito Santo”, come da ufficio catastale, ed era priva di cimitero. Dal Catapano di Lucinico si apprende che gli abitanti di quella comunità si recavano in processione dopo la festa di San Giorgio, fino alla chiesa della Mainizza a rendere omaggio alla Santa Vergine. Negli anni precedenti il primo conflitto mondiale si svolgeva l’annuale festa religiosa con sagra nella solennità della Pentecoste. La chiesa venne rasa al suolo durante la prima guerra mondiale e ricostruita dal governo italiano nel 1923. Con lettera dell’Arcivescovo Sedej del 18 agosto 1926 si permise l’introduzione, su richiesta del parroco, della nuova processione con la statua della Beata Maria Vergine da tenersi l’ultima domenica di agosto di ogni anno, a condizione che non fossero organizzati balli o altre feste in tali giorni e con lettera del 1931 si acconsentì nuovamente la tradizionale processione religiosa ma senza banda per a richiesta della pioggia.

La presentazioneL’appuntamento per parrocchiani, studiosi e appassionati è quindi per venerdì 26 maggio alle 20 presso la sala parrocchiale di Farra d’Isonzo per la presentazione dei lavori di riordino. Interverranno il curatore Vanni Feresin e il parroco don prof. Stefano Goina. Durante gli interventi saranno proiettate immagini fotografiche di documenti e reperti, a cura dello studio di architettura Pantanali di Ajello del Friuli.A fine serata a chi lo desidera sarà inoltre distribuito un opuscolo contenente la storia del fondo, un riassunto dell’inventario e alcune immagini dell’archivio: uno strumento di lavoro funzionale che si presenta come ottimo punto di partenza per ulteriori studi e ricerche.