V^ domenica di Quaresima

Il Vangelo di domenica 22 marzo 2015

20 Marzo 2015

Ancora una volta ci viene chiesto di fermarci a riflettere sul senso della Pasqua orami vicina. Ed anche a noi può succedere, come ai “Greci” del Vangelo di voler “vedere” Gesù. L’evangelista chiede, però, al lettore di fare un salto di qualità nei propri desideri. Vedere Gesù non basta: occorre accogliere il mistero della sua gloria che chiede di mettersi in una prospettiva molto diversa dalla nostra, quella del seme che muore nell’oscurità della terra.Le parole di Gesù ci mettono davanti ad un paradosso che sta al cuore dell’esistenza cristiana. La tentazione più grande è quella di ridurne le asperità, per riuscire a sottometterlo alla logica di questo mondo, per sottrarsi a quello che comporta. Giovanni è chiaro: per quanto sembri sconcertante, per vincere la morte, Gesù deve lasciarsi inghiottire da essa, al punto da sembrare uno sconfitto, un perdente. E proprio l’ora della croce, in cui viene denudato, inchiodato al patibolo, percorso dagli spasimi dell’agonia, è l’ora della gloria. Sì, la “gloria” di cui ci parla il Vangelo non significa successo, lode, premio; l’ora della gloria è la morte in croce del Signore.Questa morte, questa strada che Gesù percorre è un percorso che non corrisponde alle nostre immagini di Dio, alle rappresentazioni che ci siamo fatti di lui. Solo l’immagine del chicco di grano, che deve marcire nel grembo della terra per portare un frutto abbondante, ci può essere in qualche modo di aiuto. A vederlo marcire sembra che ogni speranza venga meno, che tutto finisca: ad uno sguardo disattento questo appare come l’insuccesso più cocente, il fallimento più completo. La vita, ghermita dalla morte, sembra destinata a soccombere. Solo così, però, quel seme diventa vita, solo così quel seme realizza pienamente ciò che è. Vivere la Pasqua del Signore significa accogliere il mistero della sua morte che porta frutti di Risurrezione in un’apparente inutilità e sconfitta agli occhi del mondo. Diventare suoi discepoli significa essere disposti a condividere un simile destino di apparente fallimento nella certezza che questo, come per il seme, è l’unico modo di portare frutti di vita.Il Vangelo di questa quinta tappa del nostro percorso quaresimale diventa, quindi, un grande riflessione/domanda sul Crocefisso che, a distanza di secoli, inquieta, ancora, i cuori degli uomini.Come ci poniamo davanti alla morte di Gesù? La troviamo “normale” perché ce ne hanno parlato “normalmente” fin dai primi anni di vita? Oppure la vediamo assurda, inutile perché incapace di eliminare il male?Riprendendo il verbo “vedere”, Giovanni ci fa capire che per vedere Gesù è necessario seguirlo sulla via del dono di sé. In definitiva vedere significa allora credere e credere significa seguire Gesù nel dono di sé per amore. Ed oggi noi possiamo fare questa esperienza, innanzitutto nella sua Parola che è viva, capace di rischiarare, rafforzare e guidare la nostra esistenza. Ci sono, poi, i Sacramenti, ed in particolare l’Eucaristia. In essi riconosciamo l’azione dello Spirito Santo, che rende la morte e la risurrezione di Gesù attuali ed efficaci per noi: ogni volta che ci incontriamo come Comunità nel gesto dell’Eucaristia, riviviamo questa salvezza C’è poi la Comunità cristiana perché “là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Ci sono infine i fratelli che incrociano la nostra strada e che diventano il nostro “prossimo”, da amare e servire, come Gesù ci ha insegnato. Tra essi un’attenzione particolare va accorata ai più poveri: è il Signore stesso che ci visita attraverso di loro.