Una verifica sul nostro rapporto con i beni

Il commento al Vangelo di domenica 25 settembre 2016

23 Settembre 2016

Fermo restando quanto afferma il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa al n°328 (e che cioè “I beni, anche se legittimamente posseduti, mantengono sempre una destinazione universale; è immorale ogni forma di indebita accumulazione, perché in aperto contrasto con la destinazione universale assegnata da Dio Creatore a tutti i beni. La salvezza cristiana, infatti, è una liberazione integrale dell’uomo, liberazione dal bisogno, ma anche rispetto al possesso stesso: “L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede” (1 Tm 6,10). I Padri della Chiesa insistono sulla necessità della conversione e della trasformazione delle coscienze dei credenti, più che su esigenze di cambiamento delle strutture sociali e politiche del loro tempo, sollecitando chi svolge un’attività economica e possiede beni a considerarsi amministratore di quanto Dio gli ha affidato”) il testo della parabola non vuole tanto descrivere la condizione dell’aldilà e proporre la legge del contrappasso ma, utilizzando le immagini proprie del tempo, vuol far comprendere come l’atteggiamento autosufficiente ed incurante del ricco durante la vita non può che portare ad una rovina completa.Il ricco epulone, così come lo conosciamo perché non ha un nome, basta a se stesso, non ha bisogno di Dio; non si pone, all’apparenza, alcun problema religioso, è saldamente indifferente e si tiene debitamente lontano dalla sua interiorità. Anche i miracoli, i segni esteriori sono inutili: è sempre necessaria l’apertura all’azione di Dio. Il tema, quindi, non è la ricchezza in sé ma l’uso che ne facciamo di essa.Nella parabola Abramo parla di un abisso fra il ricco e Lazzaro, un burrone incolmabile; la vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente ai bisogni dell’altro, è tutta sintetizzata in questa terribile immagine: è un abisso la sua stessa vita. Probabilmente un buon ebreo (diremmo noi un praticante) che non si accorge del povero che muore alla sua porta.La Parola del Signore ci invita a verificare il nostro rapporto con i beni. In questa categoria mettiamo i soldi, ciò che possediamo, ma anche le nostre doti, il tempo (quante volte ci difendiamo dagli altri dicendo che non abbiamo tempo?).Nell’Eucarestia che celebriamo, usando le parole della Preghiera eucaristica V/c chiediamo al Padre di donarci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; che infonda in noi la luce della Sua Parola per confortare gli affaticati e gli oppressi. Soprattutto risvegli in noi l’impegno leale  verso i poveri ed i sofferenti.