Misericordia che… “scoccia”?

Domenica scorsa, con la parabola dei due debitori, il Vangelo ha gettato luce sulla compassione di Dio per le assurde pretese che abbiamo su noi stessi e sugli altri; il Padre è un Dio che condona debiti che sa non restituibili, per insegnarci a non pretendere l’assurdo da noi e dagli altri.

17 Settembre 2020

Anche in questa domenica il Vangelo ci mostra un analogo scontro.Come mai davanti a questa parabola, anziché un sospiro di sollievo, proviamo un istante di leggero imbarazzo, come a dover giustificare il comportamento di un parente bonario ma strambo?Il punto è che la misericordia di Dio ci scoccia, ammettiamolo.Ci scoccia che ci condoni un debito impossibile, perché in questo modo non abbiamo il controllo sugli esiti, e possiamo solo dire grazie; ci scoccia che dia agli arrivati dell’ultima ora lo stesso che ha promesso a quelli della prima ora, perché ci sembra ingiusto – e questo perché ci dimentichiamo che quelli dell’ultima ora siamo noi! Quanto facilmente la nostra mentalità ci porta a identificarci con quelli della prima ora, come se qualcuno di noi potesse dire di sé che segue il Signore dall’inizio della storia della salvezza.E poi, sinceramente, chi di noi può dire di stare faticando dalla prima ora alla sequela del Signore?Davvero puoi descrivere il tuo cammino come un progresso lineare e continuativo, senza intoppi, cadute, fughe, contraddizioni, regressi?Possibile che solo con te Dio sia in attivo nel bilancio?Ancora una volta, come il debitore aguzzino di domenica scorsa, il vero problema è una concezione distorta di noi stessi, per la quale fuggiamo dal nostro io reale, e ci intratteniamo nella rimirazione estatica del nostro io ideale, di come vorremmo essere: su un piedistallo, perfetti, luminosi, liberi, arrivati. Partiamo da dove vorremmo stare per tamponare la nostra insicurezza, e cioè al primo posto, e ci perdiamo così l’occasione di assaporare con gioia il fatto che al primo posto ci mette Dio, per davvero.Tutto il tempo che perdiamo a costruire, difendere e incensare il nostro io ideale, è tempo in cui manchiamo di contemplare con libertà e gusto l’opera del Dio reale con il nostro io reale, per la quale anche a noi, che arriviamo sempre per ultimi, e spesso anche malvolentieri, dà la stessa ricompensa che ha riservato agli Angeli, ai Profeti e ai Martiri.