Le riduzione gesuite del Sud America

Chi non ricorda il film Mission del regista francese Roland Joffé (1986), interpretato da Robert De Niro? Un film drammatico e coinvolgente, premiato con la Palma d’oro al 39° festival di Cannes, che riproponeva l’esperienza missionaria gesuita del Sei-Settecento nell’America spagnola del Sud.
Vi erano raccontate le cosiddette Riduzioni, organizzate dai gesuiti presso la popolazione dei Guaranì, durate più di 150 anni (1610-1767), fino all’intervento dei governi portoghesi e spagnoli che, con l’assenso della chiesa di Roma, ne decretarono la soppressione. Quelle missioni, sorte per interesse degli stessi governi iberici a sottomettere più facilmente gli indios e tenerli in proprio pieno controllo, oltre che a cristianizzarli, rappresentarono l’esperienza missionaria dei cattolici più sorprendente e più riuscita fino alla fine del Settecento, assieme a quella, analoga, realizzata sempre da gesuiti in Cina e nelle Indie orientali. Quelle realtà, costituite in comunità di villaggi “chiusi”, ben organizzati e protetti contro i coloni europei, si estesero su un vasto territorio, più grande della pianura padana, comprendente parte dell’odierno Paraguay, Argentina, Bolivia e Brasile. Il territorio fu definito “Stato gesuita dei Guaranì”, dal nome della popolazione india più numerosa, attrice e fruitrice di un’esperienza “felice”, come per svariati motivi la definì il Muratori. I gesuiti organizzarono quelle comunità mirando non solo ad evangelizzare e civilizzare gli indios, ma anche a difenderne il territorio, a salvaguardarne la cultura a partire dalla lingua, e a integrarli nel complessivo sistema politico spagnolo. Gli indios da parte loro risposero con spirito collaborativo, operando – sia pure sotto il controllo dei padri gesuiti – come falegnami, muratori, scultori, artigiani, contadini, musicisti, macellai, soldati, sarti, amministratori.
Tutto questo fu possibile grazie anche al geniale e innovativo “metodo missionario” usato dai padri ignaziani: quello dell’adattamento. Si trattava appunto di una cooptazione e valorizzazione della cultura indigena e delle caratteristiche perfino fisiologiche degli indios, come l’adeguamento della musica creata da musicisti gesuiti alla loro specifica estensione vocale. A ciò si accompagnava l’introduzione del messaggio cristiano.
Questa esperienza particolare si presenta ancora oggi di un’attualità sorprendente, da un punto di vista sia missionario sia politico. E la storiografia, abbastanza ricca, soprattutto quella spagnola e portoghese, ha oscillato tra grande apprezzamento, fino ad assumere un carattere agiografico, e denigrazione.
Recentemente sull’argomento è apparso un nuovo volume molto interessante, di cui è autore Gianpaolo Romanato, professore di storia contemporanea all’università di Padova e di Trieste-Gorizia. Il titolo è Le Riduzioni gesuite del Paraguay. Missione, politica, conflitti (Morcelliana, Brescia 2021). Fondato su fonti dirette, gesuitiche soprattutto, e visite sul campo – numerose sono le rovine delle Riduzioni, ed alcune costruzioni sono tuttora visitabili in Bolivia – il testo è felicemente sviluppato con rigoroso metodo storico critico. A questa cifra storiografica si aggiunge la particolarità di una nuova sottolineatura, finora non evidenziata dagli storici, ed efficacemente messa in rilievo dal prof. Romanato: la funzione politica esercitata da quelle Riduzioni per tutto l’arco della loro esistenza, e l’eredità lasciata alle popolazioni odierne. Il volume sarà presentato venerdì 8 marzo alle ore 18, presso la Biblioteca pubblica del Seminario di Gorizia (Via del Seminario 7). Con l’autore dialogherà Michele Cassese. L’incontro è organizzato dall’Istituto di Storia Sociale e religiosa, con il patrocinio della Biblioteca del Seminario e dall’Arcidiocesi di Gorizia.

Michele Cassese