Cuori ardenti, piedi in cammino

Papa Francesco ci invita a ripercorrere i passi dei discepoli di Emmaus per vivere la prossima Giornata Missionaria Mondiale: “Dopo aver aperto gli occhi, riconoscendo Gesù nello “spezzare il pane”, i discepoli “partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”” (cfr. Lc 24,33). Questo andare in fretta, per condividere con gli altri la gioia dell’incontro con il Signore, manifesta che “la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (EG,1). Non si può incontrare davvero Gesù risorto senza essere infiammati dal desiderio di dirlo a tutti. Perciò, la prima e principale risorsa della missione sono coloro che hanno riconosciuto Cristo risorto, nelle Scritture e nell’Eucaristia, e che portano nel cuore il suo fuoco e nello sguardo la sua luce. Costoro possono testimoniare la vita che non muore mai, anche nelle situazioni più difficili e nei momenti più bui” (Messaggio 97a GMM 2023, 2).Queste parole fanno eco in me partente il mese prossimo per il Myanmar, l’antica Birmania.Sono un missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), prete dal 2008, originario di Milano, e sono stato sette anni in missione in Algeria, un Paese complesso e affascinante. Qualche mese fa il nostro superiore generale mi ha proposto questa nuova destinazione. All’inizio sono rimasto senza parole: la tradizione vuole che noi del PIME siamo destinati ad vitam nello stesso Paese, per cui mi aspettavo, al termine di questi tre anni di servizio presso l’ufficio missionario della diocesi di Milano, di ripartire per la stessa missione. E invece no: sorpresa! Nuova destinazione, un nuovo mondo in cui mi è chiesto di entrare in punta di piedi: non vivrò più nella casa dell’Islam ma tra i buddisti, non mi spaccherò più la testa con la lingua araba (meglio gli arabi: moderno e dialettale algerino) ma lo farò imparando il birmano, la mia seconda lingua non sarà più il francese ma l’inglese. Alcuni confratelli ed amici mi hanno chiesto chi me l’ha fatto fare: cambiare missione non è scontato. Altri mi hanno domandato perché riparto: “ma non stai bene qui in Italia?” “Certo che sto bene ma… c’è qualcosa dentro che mi chiama altrove, più lontano, a chi ancora non ha mai sentito parlare di Gesù”, mi sono trovato a rispondere.Il beato Vismara, padre del PIME e missionario in Myanmar per oltre 60 anni diceva col sorriso: “la vita è fatta per esplodere, per andare più lontano”.È la fiducia nella Sua Parola che ci spinge oltre. Torniamo al racconto di Emmaus: Quando [Clèopa e l’altro discepolo] furono vicini al villaggio dove erano diretti, Gesù fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”. Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. (Luca 24,28-35).”Non ardeva forse in noi il nostro cuore?” I discepoli avevano lasciato Gerusalemme tristi, delusi, con la morte di Gesù si erano infrante le loro speranze nel Messia e nella liberazione che attendevano. Nulla li trattiene più a Gerusalemme. Si mettono in cammino soli e sconsolati. Ma nel momento in cui i discepoli di Emmaus riconoscono il Signore nel gesto dello spezzare il pane, allora riescono a comprendere il motivo di quella gioia che permeava il loro cuore mentre il viandante sconosciuto spiegava loro le Scritture lungo il cammino. È questa l’esperienza della fede: l’incontro con il Signore, l’ascolto della Parola, la Comunione con il pane spezzato che è Dio stesso, apre gli occhi e permette di riconoscere il Signore presente nella nostra vita e nel nostro cammino. E questo fa ardere loro il cuore, dà una carica nuova, i due discepoli, spinti dallo Spirito sono pronti a correre nella notte, per undici chilometri, salendo a Gerusalemme dove tutta la comunità riunita ha così la certezza che la rianima: il Signore è veramente risorto!Ogni autentico incontro con il Signore si traduce in gesti di annuncio e di testimonianza. Una grande gioia non può essere tenuta per sé, va condivisa. Per questo ha ancora senso partire, fino al lontano Myanmar, fino ai confini della terra. Buon cammino, di tutto cuore, a ciascuno di voi.

(*) Padre Pietro Masolo ha un rapporto particolare con la nostra diocesi dove è stato presente per l’animazione missionaria anche durante l’ultima quaresima