Gli anni di “Vita Nuova”

Sono trascorsi oltre trenta anni dall’ultima ricerca sulla stampa periodica cattolica del Goriziano: quando Camillo Medeot stese, nel secondo volume de “I cattolici isontini nel ventesimo secolo”, l’esemplare “Storia di un giornale”, cioè “L’Idea del Popolo”, primo settimanale diocesano, di cui il primo numero apparve il 18 settembre 1920, e l’ultimo il 20 aprile 1945.Intendiamoci: i cattolici del Goriziano si erano impegnati già dal 1871 ad avviare una presenza in campo giornalistico, con il periodico “Il Goriziano” (che nel 1873 assumerà il titolo di “L’Eco del Litorale”): ma questo non aveva le caratteristiche proprie del settimanale, ma piuttosto del quotidiano.La preziosità di una ricostruzione di pubblicazioni del genere, come fonti storiche per il contesto regionale, ben documentata nella ricerca di Medeot, trova recente conferma nel volume di Andrea Dessardo “Vita Nuova -1945/1965-. Trieste nelle pagine del settimanale diocesano”, edito nel 2010 a Trieste dall’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia.

La collezione mancanteMentre, però, per “L’Idea del Popolo” esiste a Gorizia, presso la Biblioteca del Seminario, la collezione completa del settimanale, per l’edizione di “Vita Nuova” sottotitolata “Cronache isontine”, che dal 1946 al 1957 risulta di fatto settimanale della diocesi goriziana, in una edizione propria – almeno come cronaca -, non si trova documentazione completa né a Trieste (dove è conservata solo l’edizione di Trieste) né a Gorizia. Nella biblioteca goriziana del seminario sono raccolti infatti circa 150 numeri sparsi e senza continuità dell’edizione di Gorizia (sugli oltre 600 pubblicati dal 1946 al 1957).Alla domanda, su come mai “Vita Nuova” sia divenuto settimanale diocesano di Gorizia con edizione propria, seppur ridotta, durata dal 1946 – la data esatta di avvio non è documentata -, fino al numero uscito il 21 dicembre 1957: che ne annuncia la chiusura e la sostituzione con il foglio “Voce diocesana”, si può rispondere soltanto ipoteticamente, mancando una documentazione accertata in merito.La prima motivazione si può desumere dal ruolo svolto dal settimanale triestino “Vita Nuova” durante l’occupazione tedesca della regione “Adriatisches Kustenland”, dal settembre 1943 alla fine della guerra mondiale: quando il settimanale risultava di fatto l’unica voce relativamente libera nella regione, grazie al suo carattere di stampa cattolica con ampia diffusione regionale ed al sostegno dell’autorità ecclesiastica, quello del vescovo A. Santin in particolare.Già nel 1944, sulla “Idea del Popolo” di Gorizia (il 13 gennaio) appare l’affermazione, circa il settimanale triestino, come “Il valoroso confratello di Trieste”, impegnato su temi relativi alla vita della Chiesa nel contesto di una guerra che era allo stesso tempo “mondiale” e “civile”.Autorità di una presenzaA documentare la diffusione autorevole di “Vita Nuova” in quel drammatico contesto socio-culturale, basti accennare al progetto del suo direttore, il coraggioso don Giorgio Beari, che nel periodo conclusivo del conflitto proponeva ai vescovi della regione di editare, a pace raggiunta, “Vita Nuova” come quotidiano!Quindi il settimanale triestino conobbe una diffusione straordinaria in questo periodo: così entrò in gioco anche nella nostra diocesi, per osmosi e sul numero del 28 dicembre 1945, un trafiletto annunciava “ai lettori dell’arcidiocesi di Gorizia” che: – prossimamente “Vita Nuova” curerà un’edizione per il Goriziano.Purtroppo, anche per il vuoto archivistico già accennato, non ci è possibile individuare la data d’inizio effettiva di tale collaborazione, che comunque già nel 1946 troverà documentazione nella dizione “edizione di Gorizia” riportata, seppur in caratteri minimi, in testa alla prima pagina del settimanale. Inizialmente, tale collaborazione comprendeva lo spazio di una o due facciate: dapprima sul retro della pagina iniziale e, dal 1952, nelle ultime due del settimanale, nel suo formato tabloid con cui questo uscirà dal 12 aprile 1952: a 6 e poi a 12 pagine. Tale edizione portava il titolo a tutta pagina di “Cronache isontine”.

Dodici anni di “Cronache Isontine”Una scelta comprensibile nel complesso delle vicende internazionali, vissute fra Gorizia e Trieste a cavallo della guerra mondiale, compresa l’occupazione della regione da parte degli alleati anglo-americani, fino al tentativo di costituire la realtà del Territorio Libero di Trieste (fino al 1954).Eventi che favorirono i rapporti fra la realtà triestina e quella goriziana, anche perché già dal 1952 gli amici triestini che avevano assunto la responsabilità dell’edizione di “Vita Nuova”, la cosiddetta “cordata dei trentenni” (C. Belci, G. Botteri, A. Palmisano e più avanti R. Tomizza e don Libero Pelaschiar) collaboravano con l’orientamento culturale e politico dei giovani cattolici goriziani aderenti alla corrente democristiana di “Iniziativa democratica” e del dossettismo.Sia a Gorizia che a Trieste, assumeranno la responsabilità di una linea culturale e ideale, oltre il tradizionalismo ed il clericalismo.I rapporti con Gorizia erano tenuti all’interno del settimanale dal “redattore tuttofare” Silvio Lunardis che curava anche i problemi amministrativi dell’edizione goriziana: che aveva come punto di riferimento a Gorizia don Luigi Tavano, sia nella redazione che nell’organizzazione della medesima edizione; la quale però mancò spesso di direttive lungimiranti e di adeguata organizzazione nella collaborazione in diocesi.Questa era sostenuta sostanzialmente dalla realtà parrocchiale, sia sul piano della diffusione che della redazione.Ricordiamo qui, fra i più attivi nella collaborazione, “Pre Tite” Falzari, don Francesco Spessot, don Giuseppe Bison, don Francesco Panzera, don Oliviero Foschian, Guido Bisiani, Giuseppe Fornasir, Luigi Zoff, don Giuseppe Viola, mons. Igino Valdemarin, don Maffeo Zambonardi. La sede formale veniva indicata con la Curia arcivescovile di Gorizia: ma venne a mancare una struttura minimale di sede organizzata e di segreteria.Circa la tiratura dell’edizione mancano dati sicuri: forse si aggirava sulle 2000 copie (stampate a Trieste). Intanto dai primi anni ’50 aveva già preso corpo, specie a Gorizia, la presenza culturale e sociale di giovani laici e sacerdoti: un gruppetto di amici provenienti quasi sempre dalle varie istituzioni sorte nell’ambito cattolico del secondo dopoguerra, quali l’Azione cattolica, le ACLI, i sindacati liberi, i Coltivatori Diretti, i Maestri cattolici, ed altre associazioni.Si deve soprattutto a loro, il ruolo assunto dalla D.C. in sede provinciale attorno a Rolando Cian e Michele Martina che dal 1954 porterà all’assunzione di responsabilità politiche ed amministrative in sede provinciale e locale e che più tardi sfocerà in un orientamento più culturale che politico,che veniva detto: – di apertura a sinistra o al centro-sinistra -.

Collaborazione fra Goriziae Trieste e crisi finale

E sarà proprio l’ostilità del locale cattolicesimo tradizionalista e clericale che segnerà anche il destino dell’edizione goriziana di “Vita Nuova”.”La linea nazionale di Vita Nuova (cioè la triestinità), non garba a molti del clero e del laicato”, scrive l’autorevole decano di Monfalcone mons. O. Foschian il 14 marzo 1957 in una lettera all’arcivescovo G. Ambrosi: aggiungendo l’altra motivazione di dissenso col settimanale e cioè i nuovi orientamenti culturali indicati come “posizioni ambigue e stridenti” all’ortoprassi in vigore ai vertici della diocesi. Così nell’adunanza dei decani del 14 novembre 1957 viene definitivamente concordata l’abolizione di “Vita Nuova” quale settimanale diocesano e la sua sostituzione con “Famiglia Cristiana” e con un foglio di formato anche tipograficamente inadeguato alla tradizione del settimanale diocesano, titolato “Voce diocesana”.La ricostruzione delle fasi della vita diocesana di quegli anni nei suoi aspetti interni e pubblici, appare evidentemente ostacolata dalla mancanza delle cronache locali del settimanale. Si tratta di una grave perdita di fonti relative agli anni che sono stati di forte creatività dei cattolici con proprie istituzioni ed iniziative, resa più grave dal fatto che nella maggioranza dei casi sono spesso venuti a mancare gli archivi interni a dette istituzioni, che costituivano una documentazione insostituibile in merito alla vita diocesana e locale.Concludo con l’annotazione che la chiusura di “Vita Nuova ” nel 1957, non impedì comunque lo sviluppo di quelle novità culturali e di quelle iniziative che troveranno attori e strutture proprie negli anni immediatamente successivi (dal Centro Studi A. Rizzatti a Iniziativa Isontina, all’Istituto per gli Incontri Mitteleuropei) e che confluiranno agli inizi degli anni ’60 anche nel lancio del settimanale “Voce isontina” ,che oggi qui celebriamo ricordandone l’impostazione ideale ed i protagonisti.