Vita consacrata in ascolto

Il 2 febbraio ricorre la giornata della vita consacrata. È un’occasione per ripensare alla peculiarità di questa scelta e al valore che ha avuto, sia nel passato che nel presente, ma anche agli interrogativi che pone nel nostro tempo.
Ognuno di noi ha certamente il ricordo di persone consacrate che ha incontrato nel corso della sua vita. Volti che rimangono nel ricordo indelebili, perché incontrati in momenti cruciali della nostra esistenza. Quelle figure materne verso noi bambini nelle scuole dell’infanzia (allora gli “asili”) ed elementari; quegli adulti punti di riferimento per ragazzi, ragazze e giovani nel loro cammino di formazione; quelle persone che ci hanno assistito, specialmente negli ospedali, vicine nel momento della malattia e nella vecchiaia. Coloro che sono stati capaci di suscitare un interesse e una responsabilità autenticamente culturale e sociale; quelle presenze di accoglienza attiva dei bisogni dei più poveri, con le mense e il sostegno concreto.
La testimonianza, veramente provocatoria, della vita religiosa nei monasteri.
Quanto, dell’esperienza religiosa, è legata alle catechesi e alle celebrazioni accompagnate dalla presenza di religiose e religiosi; alcune figure indelebili presenti nei santuari del nostro territorio, con la loro forza carismatica. Tanti missionari e missionarie, che hanno annunciato il Vangelo soprattutto condividendo e sostenendo la vita. Veramente un mondo di bene.
Però alcuni dati, se pur indicativi, fanno scoprire che questo mondo oggi incontra delle difficoltà. Uno, in maniera particolare, viene da un censimento sui religiosi e le religiose nelle diocesi del Triveneto: nel quinquennio dal 2018 al 2023, rispetto alle 9.931 presenze del 2018 c’è stato un calo di 1.883 presenze e si sono chiuse 181 comunità. Sarà un dato parziale, ma mette in luce alcune difficoltà e problemi. Interpretare il perché è evidentemente complesso; due elementi si possono intravvedere.
Il primo è legato alla vita comunitaria, che è uno dei fondamenti della vita religiosa. La vita comunitaria, che era strutturata in maniera fortemente istituzionale, sente l’esigenza di relazioni maggiormente personali e con un vero senso di fraternità. Il secondo è legato alla relazione “testimoniale” con un mondo completamente cambiato, sia nelle istituzioni sia nella cultura.

I luoghi tipici della loro presenza (ospedali, scuole) trovano soluzioni diverse, e il tutto si inserisce nella cultura contemporanea, che fa fatica a intercettare quella vita religiosa “tradizionale”.
Basterebbe ricordare i temi dei seminari teologici sulla vita consacrata: “libertà personale e costruzione della fraternità”; oppure “oltre i disagi per una sinfonia comunitaria”; “autorità al servizio della fraternità”; “la comunità religiosa luogo e soggetto della missione”.
Queste difficoltà, che diventano esigenze, si inseriscono poi in quella paziente ricerca, propria di ciascuno, di mediare l’esperienza di fede religiosa nella concretezza della vita culturale di oggi.
Come conclusione, questa giornata può richiamare due aspetti significativi. In primo luogo, un grande senso di ringraziamento per quella dedizione testimoniale concreta, nelle situazioni vere della vita. E poi una speranza. Che quella potenzialità della consacrazione di servizio nella chiesa per il mondo, che è elemento fondamentale della vita consacrata, possa trovare strumenti testimoniali-profetici per il mondo nel quale viviamo.
don Giorgio Giordani, vicario episcopale per la Vita consacrata