Evangelizzazione e comunità straniere

Evangelizzazione e comunità straniere: confronto di idee con Padre Victor Budeanu e don Mirko FranetovichPadre Victor Budeanu è originario della Moldavia. Ha 27 anni, è coniugato e ha una figlia. Il sacerdote, residente a Staranzano, svolge il suo ministero per la chiesa ortodossa romena di Monfalcone. Guida una comunità di una cinquantina di persone. La sua testimonianza – riportata di seguito – ci offre lo spunto per ricordarci che anche la presenza dei fedeli rumeno ortodossi è una ricchezza da custodire per fare del bene assieme. Sullo storico esempio di monsignor Faidutti, don Victor ci aiuta ad esprimere con visione ecumenica, cosa significa vivere in zone di confine come la nostra e quindi ci invita a saper pensare in maniera costruttiva alle altre religioni e culture. Le sue parole ci incoraggiano a migliorare gli atteggiamenti e rafforzare quell’ anello debole della pastorale permettendoci così di dimostrarsi in movimento e in uscita.

’’La comunità Ortodossa Rumena presente in Monfalcone, quella di “San Zacharia, profeta”, è nata con la necessità di assistere i fedeli delle chiese orientali che si trovano lontani dai loro luoghi di culto, con una liturgia diversa nella forma, ma basata sullo stesso fondamento: Gesu Cristo. Per noi, fedeli ortodossi, che siamo qui per motivi di lavoro e spesso per un periodo indefinibile, la Chiesa non è solo sede di preghiera, ma è anche un luogo in cui si curano e si transmettono le nostre tradizioni culturali e linguistiche alle giovani generazioni. Nella Chiesa il cristiano trova la forza che viene dall’alto per affrontare le difficoltà particolari che incontra essendo lontano dalla propria terra. In Chiesa celebriamo una sorta di “comunione” con i fedeli rimasti a casa attraverso la “Divina Liturghia” in cui noi ci riccordiamo sia dei vivi che dei defunti, di benefattori e degli ammalati. Noi crediamo che il ruolo della Chiesa Ortodossa sia quello di cambiare e convertire i cuori, innanzittutto quelli dei presenti ma anche a quelli che non lo sono. Il ruolo del prete è quello di guidare la comunità verso il cammino del dialogo e della pace. Per chi vuole sapere di piu l’invito è indirizzato a tutti. Ogni domenica ci incontriamo di solito nella Cappella dell’Oratorio S. Michele di Monfalcone dalle ore otto fino a mezzogiorno.Vi assicuro che lì troverete persone buone e belle. Ringrazio la Chiesa Cattolica Italiana, in modo particolare don Fulvio e Don Marco per l’accoglienza che ci offrono, dandoci così la possibilità di incontrarci nel Signore. ’’Padre Victor

L’integrazione è veramente possibile? Questa è la domanda che è stata rivolta ad alcuni sacerdoti del Decanatoper cercare di comprendere se è possibile costruire oggi e in futuro un cammino insieme fra italiani e stranieri, fra cristiani e fedeli di religioni diverse. “Secondo me è possibile l’integrazione ed è un processo che si può realizzare attraverso un incontro tra italiani e persone di altri paesi. Per raggiungere tale obiettivo è necessaria la fiducia nell’altro e l’apertura nei confronti delle differenti culture e tradizioni “.  Queste sono state le parole di Don Valentino , sacerdote rumeno della parrocchia Marcelliana di Monfalcone, secondo cui l’incontro tra i diversi popoli è fondamentale. Qualcun altro vede l’integrazione possibile nel momento in cui c’è un luogo nel quale si possa accogliere le persone straniere, senza disturbare i cittadini italiani.”L’integrazione è già in atto.- afferma Don Enzo, sacerdote di Turriaco – In questi ultimi mesi diverse strutture nella provincia di Gorizia sono state adibite all’accoglienza, in particolare a San Canziano, a Terranova, a San Pier d’Isonzo”. La comunità cattolica di Turriaco è vicina al problema dell’accoglienza e dell’integrazione degli stranieri, come ha raccontato Don Enzo, e il Comune stesso ha messo a disposizione due appartamenti nei quali collocare dodici ragazzi stranieri. Più di qualche cittadino è però diffidente nei confronti di chi non si conosce. Le due famiglie che abitano vicino ai due appartamenti messi a disposizione del Comune per l’accoglienza sarebbero più contente se si potessero accogliere delle famiglie, piuttosto che i dodici ragazzi previsti. L’integrazione, sia a livello civile che religioso, è un processo che ha cominciato a svilupparsi, ma che col tempo deve essere coltivato e migliorato. “E’ necessaria la conoscenza reciproca del popolo rumeno con quello italiano, in  quanto queste due culture hanno delle radici in comune in ambito culturale, religioso, e linguistico. Il confronto con l’altro richiede fatica ma è necessario se si vuole portare avanti l’integrazione”. Questo è il pensiero di Don Valentino, il quale essendo responsabile della minoranza rumena cattolica, si ritrova a rapportarsi con le comunità cattoliche italiane e rumene. Un esempio se non anche speranza di integrazione, secondo il sacerdote rumeno, è il matrimonio misto, che avviene non solo tra italiano e rumeno cattolico, ma anche tra italiano cattolico e rumeno ortodosso. Il matrimonio misto dimostra dunque che è possibile una condivisione e uno scambio tra due culture diverse e a volte persino tra due fedi differenti. “Ci devono essere più incontri, senza uno scambio di idee non si può crescere. Anche uno scontro di opinioni può portare ad una formazione e ad una realizzazione dell’integrazione”.Il desiderio di realizzare un’istituzione o un’associazione che possa rappresentare la comunità rumena è spesso ostacolato, secondo Don Valentino, dalle leggi italiane. Un luogo di incontro è inoltre ciò di cui la comunità rumena avrebbe bisogno per potersi presentare a quella italiana e confrontarsi con questa. E quale sarebbe il luogo più indicato? “L’ambiente lavorativo, la Chiesa, il Comune-dice Don Valentino- sono dei possibili luoghi in cui poter incominciare un cammino di integrazione”.Secondo anche Don Enzo c’è ancora qualcosa che si può fare per poter attuare l’integrazione. Non solo le persone straniere che vengono in Italia, fuggendo spesso da una situazione drammatica di guerra, devono avere la possibilità di essere accolte in una struttura, ma devono anche essere accettate dalla comunità locale e inserite nella pratica di alcune attività lavorative, in modo tale da cercare di entrare in contatto con la realtà della città in cui loro si trovano.