Curare la pace per curare l’ambiente

“Non si può curare l’ambiente se non si curano i rapporti fraterni, se non c’è la pace”. Questo il pensiero del vescovo Carlo espresso nell’incontro “Il futuro viene dalla terra. Territori coltivatori di identità e motori di innovazione”, che si è svolto negli scorsi giorni nella preziosa cornice della terrazza del castello di Villa Russiz a Capriva del Friuli.Promosso da Fondazione CRC, Filiera Futura, Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, Fondazione Villa Russiz, con il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia, della Camera di Commercio della Venezia Giulia e dei Comuni di Capriva del Friuli e Cormòns, l’incontro ha visto accanto all’arcivescovo il gastronomo, scrittore e giornalista Carlo Petrini, fondatore del movimento culturale “Slow Food”.Dopo l’apertura e i saluti istituzionali del presidente della Fondazione Carigo, Alberto Bergamin, la parola è passata al presidente della Fondazione Villa Russiz, Antonio Paoletti, il quale ha ripercorso la lunga storia della Villa, da sempre promotrice di valori culturali, agricoli e sociali, proiettandola in un futuro che la desidererebbe “faro del Collio e della nostra regione”.Impossibilitato ad essere presente, il ministro dell’Agricoltura Stefano Pattuanelli ha fatto arrivare a Capriva il suo messaggio, dove riconfermava la “transizione tecnologica ed energetica come elemento trainante per le sfide che sicurezza e sostenibilità economica ci pongono”. In questo ha ribadito la “massima attenzione alla ricerca agricola” e la “salvaguardia delle eccellenze locali, nonché la tutela dei consumatori”.Prima dell’inizio del dialogo tra Petrini e Redaelli, la parola è passata a Francesco Cappello, presidente di Filiera Futura, il quale ha posto l’accento sulla difficile situazione legata alla scarsità delle risorse, che impatta sul sistema produttivo. A tal proposito “produttività e consumi sono i punti sui quali lavorare, creando progetti che abbiano ricadute educative su questi elementi”.L’arcivescovo Carlo e Petrini hanno quindi iniziato il loro ricco dialogo, molto incentrato sull’attualità e sulle problematiche climatiche e ambientali che stiamo vivendo sulla nostra pelle.Monsignor Redaelli è voluto partire da un’esperienza vissuta in prima persona. Ha raccontato infatti della sua visita ad Haiti di qualche anno fa – terra purtroppo tornata sulle prime pagine dei giornali solo pochi giorni per l’assassinio di suor Luisa Dell’Orto -. Alla luce dell’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco, l’arcivescovo ha raccontato come “una realtà che, purtroppo, può presentare la situazione negativa in cui versa il mondo è proprio Haiti. Terra bellissima, ma soggetta a una povertà estrema e a violenza. Purtroppo, anche a causa di forti problemi climatici che investono l’area, il Paese è anche molto inquinato. C’è un detto che dice “Se uno è povero non devi dargli il pesce ma insegnagli a pescare”; io aggiungerei “a meno che nel fiume ci sia acqua; a meno che questa non sia inquinata”.L’arcivescovo ha fatto accenno anche alla situazione che sta vivendo l’Ucraina, sotto attacco russo: “sarebbe interessante sapere, calcolare, quanto inquinamento – oltre ai tanti altri gravissimi disastri – questa guerra sta producendo: penso agli incendi, penso alle scorie chimiche, penso ai gas e agli esplosivi… Non si può curare l’ambiente se non si curano i rapporti fraterni, se non c’è la pace”.Nel corso del suo intervento monsignor Carlo si è anche soffermato sulla situazione dei giovani “che hanno grandi preoccupazioni e tra queste certamente una delle principali è il loro futuro. Alle Fondazioni, che hanno la possibilità di investire, chiedo di investire sul futuro e sui lavori futuri di questi giovani, per non farli “scappare” altrove. I ragazzi sono estremamente creativi: è uno spreco non offrire loro dei sogni fattivi”. All’interno di tutto questo, rientra anche un discorso legato alla comunità: “possiamo fare del bene insieme, riscoprendo l’importante valore della comunità, dove a volte anche si litiga ma poi, nei momenti di difficoltà, ci si sostiene e ci si aiuta; si tratta di riscoprire dei valori che sono sì cristiani, ma sono soprattutto umani, molto profondi, e appartengono a tutti”.Alle parole dell’arcivescovo si è legato l’intervento di Carlo Petrini, il quale ha definito il momento che stiamo vivendo “di gravità assoluta; il cambio climatico è quasi al punto dell’irreversibilità. Per decenni si è gridato “al lupo, al lupo!” ma non si è fatto nulla. Papa Francesco ha più e più volte sollecitato i grandi del mondo sulle problematiche urgenti, ma questi hanno sempre fatto poco e ora ci troviamo di fronte ad una situazione che diventerà sempre più problematica”. Petrini ha sottolineato quindi come sia “opportuno un ritorno alla terra per ritrovare la nostra identità e al contempo pensare a delle innovazioni”.Di particolare impatto alcune osservazioni del gastronomo, il quale ha sottolineato come spesso “confondiamo la felicità con quanto possiamo consumare. È necessario quindi un cambiamento di paradigma profondo nel nostro stile di vita, di consumo, di lavoro, di viaggio… tutti siamo chiamati a un cambiamento importante dei nostri comportamenti.Elemento distintivo degli anni a venire saranno appunto le comunità: viviamo un momento storico che ci chiede di fare squadra. Dobbiamo essere uniti”.

(foto: www.facebook.com/fondazionecrc)