Centro di Aiuto alla Vita: mano tesa anche nel tempo del Covid-19

Il Centro di Aiuto alla Vita è una realtà presente a Gorizia ormai da ben 30 anni. Ospitato oggi presso gli spazi dell’Istituto Contavalle di via Garzarolli, fa parte di quel grande movimento nazionale che conta più di 400 sedi in tutto il Paese. Come ci ha raccontato da Donatella Cattaruzzi, sua presidente, il Centro di Aiuto alla Vita goriziano “è sì una realtà piccola ma in costante movimento”; una realtà che ha saputo anche modificarsi negli anni, per rimanere sempre punto di riferimento per le nuove mamme e le loro nuove piccole vite.

Presidente, il Centro di Aiuto alla Vita di Gorizia rappresenta uno dei punti fermi della solidarietà in città. Qual è la sua “portata” sul territorio?Il Centro, in origine, è sorto per sostenere quelle donne che, rimaste incinte, non sapevano come portare avanti la gravidanza a livello sia sociale che economico – ricordiamo pure che solo 30 anni fa una ragazza/donna che rimaneva incinta non essendo sposata, ancora non era vista benissimo dalla società e spesso veniva anche abbandonata dal compagno; le famiglie non sempre erano disponibili ad accogliere una situazione del genere… -. Da quegli anni le cose sono, fortunatamente, cambiate: tanto a livello di Servizi Sociali, quanto a livello sociale, la gravidanza ha assunto un’altra dimensione. Anche le coppie giovani sono molto responsabili e affrontano insieme la gravidanza, anche se non “programmata”, e spesso le famiglie aiutano queste situazioni.Alla luce di ciò, i CAV a livello nazionale hanno dovuto un po’ adattarsi a questa nuova realtà, mantenendo sempre un occhio di riguardo alle situazioni più fragili che, nonostante i tempi cambiati, ci sono ancora.Il nostro aiuto consiste in forniture di pannolini fino all’anno, latte per i primi sei mesi e sostegno per tutto ciò che gravita attorno alle necessità del bambino: vestiario fino ai 3 anni, lettini, carrozzine, passeggini… Tutto questo modulato da situazione a situazione.Moltissime presentano problemi economici dovuti al lavoro, proprio o del compagno/marito, che spesso non è continuativo e con contratti che vengono rinnovati per brevissimi periodi di tempo, cosa che appunto causa instabilità economica.

Fornite forse anche un programma di accompagnamento?Formalmente no, ma in caso di necessità evidente e se viene fatta richiesta esplicita, la nostra vicepresidente è psicoterapeuta ed è disponibile nell’eventualità in cui la mamma senta il bisogno di incontri di questo tipo – o anche nel caso in cui noi stesse riteniamo possano essere utili.È successo negli anni che alcune mamme svolgessero degli incontri con la dottoressa, proprio per “alleggerire” tutti i dubbi e le pressioni legate alla gravidanza.

Oggi sicuramente i giovani e giovanissimi sono molto informati, ma basta scorrere qualsiasi social per scoprire come le “baby – mamme” siano una realtà ancora diffusa. Sul nostro territorio qual è la situazione a riguardo?Sì, ogni tanto arrivano anche da noi delle giovanissime che hanno bisogno di capire come “guardarsi attorno”, ossia che tipo di aiuti possono avere per crescere il bimbo che già hanno deciso di tenere. Sono in genere tutte sostenute dalle loro famiglie, non vengono più allontanate come accadeva un tempo.

Un consiglio: qualora vedessimo o percepissimo una situazione di fragilità di questo tipo, ossia una mamma molto giovane con difficoltà a sostenere la gravidanza o la maternità, come possiamo noi aiutarle?È difficile da dire, dipende molto dal tipo di rapporto che si ha con queste giovani. Indirizzarle al nostro Centro, certo è un ottimo consiglio, non bisogna però poi avere delle aspettative, nel senso, non bisogna aspettarsi che ci vadano, oppure possono venirci ma poi scegliere di non ritornare. In genere da noi la ragazza – che sia giovane o meno giovane – ha già deciso di tenere il bambino, viene per avere la certezza di poter contare su un aiuto.Un consiglio però si può sempre dare, magari porgendo uno dei nostri volantini, che è qualcosa di “concreto”, con dei riferimenti reali. Però ripeto, non bisogna aspettarsi poi nulla.

In generale, quante mamme aiutate annualmente?Dipende un po’ dai periodi, comunque in media seguiamo una ventina di mamme ogni anno.La maggior parte di coloro che si rivolgono a noi sono straniere, quindi giovani ma con una gravidanza “culturalmente” vissuta in maniera diversa, poiché si sposano molto prima rispetto alle coppie italiane e fanno figli presto.Contiamo circa il 95% delle mamme e famiglie che si rivolgono a noi straniere -Marocco, Algeria, Kosovo le provenienze principali -.

In che modo una mamma può contattarvi? In tempo di lockdown è un’informazione che potrebbe tornare utile a molte…Siamo presenti all’Istituto Contavalle, “fisicamente” il lunedì mattina dalle 10.30 alle 12 e il venerdì pomeriggio ma su appuntamento.Siamo comunque sempre disponibili al numero di cellulare 3248111561, che può essere contattato anche con un SMS o un messaggio su Whatsapp. C’è la possibilità, contattandoci, di prendere accordi per vedersi in una giornata diversa o in un altro orario.

Che servizi mettete in campo, magari anche in collaborazione con altre realtà cittadine?Al CAV, come figura professionale c’è la psicoterapeuta; è vero però che lavoriamo anche in rete con i Servizi sociali, il Centro di Ascolto, abbiamo un appoggio dal Consultorio e dalla Croce Rossa. Siamo in contatto con tutte le realtà che possono, in un momento di difficoltà, dare un sostegno, proprio per poter pianificare poi eventualmente qualcosa di più “solido” e poter dare indicazioni corrette e aggiornate su quali enti e uffici rivolgersi per chiedere, ad esempio, un contributo.Ciò è molto importante in un mondo che, oggigiorno, è molto burocratizzato e con leggi in continua evoluzione.Il primo colloquio serve proprio, oltre che a conoscersi, a capire le necessità che può avere la mamma e quindi ad indirizzarla.

Un aiuto come il vostro è molto importante, siete sostenuti in qualche modo?Siamo sostenuti dai fondi 8×1000 alla Chiesa Cattolica, dal 5×1000 e, la prima domenica di febbraio, dalla raccolta che si tiene annualmente in occasione della “Giornata per la Vita”, che vede il prezioso coinvolgimento di ben 14 parrocchie. Molte di queste hanno deciso, con ciò che viene raccolto dalla vendita delle primule, di aderire ad uno dei “Progetti Gemma” in corso. Questi progetti vedono il sostegno ad una mamma, pari a 180 euro al mese per 18 mesi, molto importante perché le da una garanzia di qualcosa di concreto, ma soprattutto di non essere sola – particolare questo che spesso pesa molto nelle decisioni da prendere -.Ai “Progetti Gemma” si può aderire non solo aprendo un nuovo progetto, ma anche unendosi ad altri gruppi in progetti già avviati.Non c’è contatto con la mamma assistita, a meno che non sia lei a decidere di conoscere i suoi sostenitori; tutto viene “filtrato” dal Centro di Aiuto alla Vita che la segue.Un’altra iniziativa, che si tiene ogni anno il 20 novembre con l’aiuto dell’associazione Francesca Rava di Milano in occasione della Giornata nazionale per i bambini in farmacia, ci consente di raccogliere prodotti per l’infanzia – biberon, ciucci, creme… non medicinali – e questo ci dà un grande “respiro”. Quest’anno stiamo cercando di capire se e come sarà possibile attuarla.Purtroppo, a causa del lockdown, quest’anno non abbiamo potuto svolgere nessuna assemblea e nemmeno incontri di sensibilizzazione e promozione, che generalmente ci aiutano a sostenere le nostre attività.

Parlando proprio di lockdown, com’è stato gestito quel periodo? È stato possibile offrire il vostro aiuto nonostante la chiusura?Il primo momento, lo ammetto, era scattato il panico. Per fortuna, per nostra abitudine, distribuiamo alle mamme la fornitura per due mesi pertanto, allo scattare del lockdown, la maggior parte di loro aveva un po’ di “scorta”. Va ricordato che noi come CAV non andiamo a supplire in toto la necessità del neonato, diamo un contributo alle necessità.Durante la chiusura abbiamo svolto un incontro online tra i vari Centri di Aiuto alla Vita regionali, proprio per comprendere le problematiche e capire come potevano essere affrontate.Ci siamo confrontati ed è emerso come, essendo quelli da noi forniti dei beni di prima necessità, ci fosse concesso di muoverci. Pertanto ho contattato le mamme telefonicamente e mi sono organizzata con loro, chiedendo di cosa avessero bisogno e recandomi quindi a portare loro gli alimenti e i materiali di cui avevano fatto richiesta.Tra aprile e maggio siamo state contattate da tre mamme italiane, nuove assistite, perché avevano problemi di cassaintegrazione e mancanza di entrate, pertanto chiedevano aiuto in un momento di difficoltà generato proprio dal lockdown. Abbiamo toccato con mano il problema e abbiamo capito come si stesse letteralmente allargando.Era davvero molto tempo che non avevamo richieste da mamme italiane e questo, lo abbiamo compreso subito, era un grave segnale dal punto di vista socio – economico. Piano piano le cose si stavano sistemando, vedremo ora cosa succederà di nuovo…