Caduti in Russia: si accende una speranza

Sono trascorsi 73 anni da quel tragico 1943, anno in cui si concluse nel sangue l’ “operazione Barbarossa”, l’offensiva lanciata dalla Germania nazista contro l’Unione Sovietica nel 1941, alla quale partecipò anche il Regno d’Italia prima con un corpo di tre divisioni denominato CSIR, Corpo di spedizione italiano in Russia, e poi con un’armata, l’ARMIR, Armata Italiana in Russia.A causa delle due battaglie difensive sul Don, nelle quali l’esercito sovietico sbaragliò le truppe italiane, decine di migliaia di soldati trovarono la morte nella steppa di Russia e un’alta percentuale di prigionieri non ritornò in patria.Seppure quell’ecatombe è ormai lontana nel tempo, non si è spento il dolore di numerose famiglie italiane che ancora oggi reclamano un luogo di sepoltura dove portare un fiore ai propri cari. Un speranza per molti si è riaccesa alla notizia del ritrovamento di una fossa comune di cinquecento metri di lunghezza e cento di larghezza, contenente resti umani fino a quattro metri di profondità nella città di Kirov, a circa 100 km da Mosca, nella quale sarebbero raccolte le spoglie di prigionieri di guerra di differenti nazionalità: tedeschi, italiani, rumeni e ungheresi.A fronte di questa nuova scoperta, il Gruppo Speleologico Carso ha invitato la senatrice Laura Fasiolo ad occuparsi della vicenda, anche perchè fra i caduti e i dispersi italiani si contano oltre cinquemila friulani e 1300 uomini provenienti da Trieste, Gorizia, Istria e Dalmazia. La rappresentante goriziana al Senato ha informato nei primi giorni d’agosto il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni del ritrovamento della fossa e della necessità di una collaborazione fra gli stati interessati per dare una sepoltura dopo 73 anni a chi non l’ha mai avuta.Dopo poche settimane il Ministro ha fatto pervenire una sua comunicazione in cui rappresenta l’impegno dell’Ambasciata d’Italia a Mosca nel seguire l’evolversi della vicenda, al fine di avere immediata e diretta conoscenza di ritrovamenti di caduti italiani per i quali rendere possibile il rimpatrio dei corpi.