Ognissanti compie 170 anni: esempio di collaborazione fra Chiesa e Stato

Subito dopo la battaglia di Visco (17 aprile 1848) , che vide l’unico fatto d’arme in territorio austriaco,  fra Austriaci e insorti di Palmanova, il cimitero cambiò sito da dov’era, da tempo immemorabile, intorno alla chiesa parrocchiale.Edificata insieme con il nuovo cimitero, in località Crastia (friulano Crastis, da hrast, quercia in sloveno), la nuova chiesa di Ognissanti, solenne per appartenere a un piccolo paese (poco più di 600 anime), citata, in paese, come ultima dimora, da coniare l’espressione l’è lât ta Crastis, per dire che uno era morto.Più tardi, (dopo il 1915) prese vigore un altro detto: “Lâ in Via degli Eroi”, andare in Via degli Eroi, visto che, accanto, ci allestirono il cimitero di guerra (più di 800 caduti, in gran parte italiani), ma qui c’era una divisione, perfino nella morte: gli eroi erano ritenuti solo i nuovi arrivati.La costruzione era stata veloce, per l’impegno e l’efficienza di due funzionari modello dell’Impero: Giovanni Domenico Piccoli, istriano, commissario circolare di Cervignano (in 2 mesi vi mise in funzione la scuola), e don Antonio Marcuzzi, eccezionale ispettore scolastico, promotore della istruzione femminile e del tedesco, viatico al pubblico impiego. Alla fine del 1841, la spesa necessaria per il cimitero fu fissata in fiorini 1519,16  e 2/3, oltre a 625 e 5/6 “giornate da manoale” e 10016 e ½ “viaggi di carro”. Tutti furono d’accordo, possidenti e “robottanti”, tenuti a prestazioni d’opera obbligatorie, di origine feudale, levate sono nel 1848; erano i più poveri a sostenere il peso maggiore.Il sito era sfiorato dalla antichissima Via di Palmanova: collegava, già dal ’700, la strada postale per Venezia; esiste ancora, declinata a strada campestre. Nel 1848, accanto alla muraglia, si accese una scaramuccia fra insorti di Palmanova e truppe austriache, come scrisse il grande pittore Ippolito Caffi  (lasciò una celeberrima illustrazione della battaglia di Visco, esposta, per l’anniversario della grande guerra, a Roma, al Vittoriale, emblema del risorgimento italico).Il Comune avrebbe concorso alla spesa con 300 fiorini; la Chiesa, per la cappella cimiteriale, ritenuta di sua spettanza, ne avrebbe sborsati 500; il resto sarebbe stato a carico del possidenti; per i robottanti (coloni, mezzi coloni, sottani e giornalieri), il competente numero di “giornate da carro o da mano”. Il 20 settembre 1845, il decano Marcuzzi è delegato dall’Arcivescovo a benedire la prima pietra; il 20 febbraio 1848 veniva benedetta la chiesa, celebrata la prima messa. Sotto l’altare fu posta una pergamena con le date più importanti dell’opera e alcune monete del Papa e dell’Imperatore. Su di una facciata, i nomi degli enti che contribuirono, e delle autorità; sull’altra, il Marcuzzi vergò alcune righe di statistica (orgoglio per la scuola maschile e femminile, sue creature; vi si studiava il tedesco, indispensabile per entrare nei gangli dell’Impero), e alcune in friulano: “Il dialett che si favelle a Visc l’è il furlan. La liturgie però si fas solamentri in Latin secont il rito di S. mari Glesie Cattoliche Apostoliche Romane. I affars di Uffizi si trattin in Italian e in Todesc: La Religion che si professe jé la Catoliche, la qual jè pur dominant nello Stat. Chei puars Predis che si son sottoscrizz lì di là (Marcuzzi e il cooperatore don Pietro Serravalle n. d. A.) us racomandin che si visais di un Requiem par lor”. I lavori furono affidati a Giuseppe Vreg di Borgnano. La pietra era di Borgnano e di Medea. La facciata è lineare; unico movimento da una semiluna, tripartita con bordo in pietra di Medea, da cui la chiesa prende luce. Interessante il raffronto fra la facciata e quella realizzata in Istria su di una chiesa ben più celebre, di origine antichissima. È della chiesa di San Lorenzo (Sv. Lovre?) del Pasenatico (ch. di San Martino): a metà strada fra Trieste e Pola, vicino a Parenzo.Facciata rifatta nel 1838 (Enrica Cozzi, Affreschi medievali in Istria, Antiga Edizioni Centro Ricerche Storiche- Rovigno, 2016, pp. 77 e 78 8°; a p. 78 l’immagine della facciata).Non è escluso che nel realizzarla in queste modalità, abbia avuto parte il Commissario Piccoli (in pochi anni rivoluzionò la Bassa nelle scuole, nelle strade, nei rifornimenti dell’acqua) che si meritò una medaglia d’oro e versi di riconoscenza da una popolazione che, con la scuola, stava rialzando la testa dallo sfruttamento di un padronato inumano.Pochi anni dopo, il decano Antonio Marcuzzi (zio del futuro nunzio apostolico Antonino Zecchini), vittima del colera nel 1855, fu sepolto davanti alla chiesa cimiteriale, dopo aver avuto parte nella ricostruzione del paese di Visco, bruciato per 4/5 nell’aprile del 1848.Rimane esempio eroico di assistenza ai malati e, per il suo impegno a elevare il popolo e fondare scuole, esempio di “carità del sapere”.