Manikro: 50 anni di solidarietà e amicizia

C’è  una data che ha segnato un po’ la vita della nostra diocesi negli anni seguiti al Concilio Vaticano II : il 25 gennaio 1970, esattamente cinquanta anni fa.In quel giorno l’ arcivescovo Pietro Cocolin, nel suo primo viaggio in Africa, benediva e inaugurava il lebbrosario di Manikrò, in Costa d’Avorio.Il viaggio era la logica conseguenza della provvidenziale presenza in diocesi dell’ apostolo dei lebbrosi, Raoul Follereau, nel febbraio 1968 e nell’aprile 1969. Una presenza e testimonianza che aveva infiammato la diocesi in molteplici iniziative di bene, sotto il nome di “Uomini come noi”, il motto suggerito  da Follereau stesso, e poi dalla iniziativa quaresimale “Un pane per amor di Dio “.Tali iniziative avevano permesso di realizzare nel lebbrosario di Manikro, su indicazione dello  stesso Follereau, oltre 30 case in muratura per altrettante famiglie di lebbrosi. Il 25 gennaio, ultima domenica del mese, giornata mondiale per i lebbrosi, veniva inaugurato il lebbrosario con le nuove case, l’ospedale, le scuole, la cappella pluriconfessionale, i campi sportivi ecc… E per la Costa d’ Avorio la festa si celebrava proprio a Manikro. Da qui l’invito del governo ivoriano al vescovo di Gorizia, per il tanto bene fatto.Descrivere una festa di tale portata in Africa è un po’ difficile. Al di là delle rappresentanze ufficiali, date dal Presidente del Senato e dal Ministro della Sanità c’era tutto un popolo, migliaia di persone, accorse da Bouakè e dai tanti villaggi vicini. E poi le danze folkloriche di 9 etnie della Costa d’Avorio… Ma quel 25 gennaio è stato provvidenziale anche perché ha portato, nel tardo pomeriggio, il vescovo Cocolin a incontrare le maestranze italiane impegnate a costruire una grande diga nel villaggio di Kossou, immerso nella foresta. Villaggio di Kossou che, per le provvidenziali vie del Signore, avrebbe accolto l’8 gennaio 1973, la prima equipe missionaria diocesana, formata da 3 sacerdoti, 3 suore della Provvidenza e 3 laici.La presenza del vescovo Cocolin, per la prima volta in Africa, gli aveva permesso di visitare e conoscere tante realtà locali, sotto la guida del parroco della cattedrale di Bouakè, P. Joseph Pasquier.Ma Manikrò non è stato un episodio, sia pur bello, vissuto e realizzato dalla nostra diocesi.  A Manikrò si è accesa la grande fiamma della missionarietà che ha coinvolto, negli anni avvenire, tutta la diocesi. È stato tutto un crescendo.Dopo la prima equipe a Kossou, una seconda arrivava a Nimbo, quartiere periferico di Bouakè, nel dicembre 1975. Missione che comprendeva anche ben 80 villaggi nella savana, e tra questi, segno significativo, anche il villaggio lebbrosario di Manikro. È difficile segnalare tutte le opere realizzate, dalla Scuola Tecnico Professionale  di Kossou, fondata e diretta dal missionario laico Giuseppe Burgnich, all’ospedale per il Morbo di Burulì a Kongouanou, all’ospedale oculistico e ottico, realizzato alla missione di Nimbo, alle cinque scuole primarie, ai vari dispensari e soprattutto alle oltre 40 chiese e cappelle costruite nelle due missioni, tra cui la chiesa di Nimbo, realizzata in memoria del vescovo Cocolin, e benedetta dal vescovo  Bommarco  il 30 novembre 1986. Altre chiese sono state realizzate a Tenikro, Toumboukro, Campus 2,  Lembre, Djebonoua, Zougounou, Kami, Seman, Lolobo, Kogondekro, N’Gattakro, Allayokro fino alla grande chiesa di Morofè, alla periferia della capitale Yamoussoukro, rimasta purtroppo incompiuta.Ma il raggio di impegno si è ampliato. Dapprima all’ Alto Volta (ora Burkina Faso) con la missionaria laica Ivana Cossar, all’inizio a Bobo-Dioulasso, poi alla diocesi di Dedougou e anche Nouna.Grazie all’ organismo di volontariato C.V.C.S. (Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo), fondato dal Centro Missionario il 12 maggio 1980, volontari laici operano sia in Costa d’ Avorio al Centro agricolo per la formazione dei catechisti a Brobo, che in un analogo progetto a Dafinso in Burkina Faso e infine con un progetto sanitario ed educativo a Sanzana, diocesi di Sikasso, in Mali.Ma il fuoco acceso il 25 gennaio 1970 a Manikro si estenderà anche all’est europeo. Con la caduta, in Romania, del dittatore, Ceausescu, le suore della Provvidenza hanno iniziato ad Adjudeni, nella regione moldava, una loro presenza che si amplierà anche alla vicina Moldova. Con l’incoraggiamento del vescovo P. Bommarco, a partire dal  1992, Il Centro Missionario è pure presente in quella regione. Si instaura, in particolare, una feconda relazione con il Seminario Teologico di Iasi. Il frutto di tale relazione sono i ben  159  chierici di tale seminario, adottati da Gorizia, e diventati sacerdoti.  Attualmente sono 18 le adozioni in corso. Per 10 chierici adottati l’ordinazione sacerdotale sarà il 24  giugno 2011 e per gli altri 8, sempre il 24 giugno ma del 2022.Dopo 50 anni Manikrò è sempre attuale. In questo momento il villaggio lebbrosario è uno dei 30 villaggi della nuova missione di Kogondekro, affidata a don Michele Stevanato. Manikro ha fatto parte dal 1975 della missione di Nimbo, quando i missionari goriziani vi si installarono. Ora è bello, ed anche significativo, che, con il rientro del missionario goriziano in Costa d’Avorio, Manikrò resti, dopo 50 anni, ancora punto di riferimento per la grande opera missionaria svolta dalla nostra diocesi.

Una presenza davvero importanteEh sì, cinquant’anni sono un traguardo importante! Facendo il paragone con la vita di una persona, cinquant’anni sono il momento in cui il massimo dell’esperienza vissuta e della saggezza si abbinano ad una forza fisica e di volontà ancora buone, non ancora attenuate dall’età che avanza. Cinquant’anni fa iniziava una vera e propria “epopea”, a partire dal 25 gennaio di quel 1970 è iniziata la storia dell’impegno missionario diocesano in Africa. Ringrazio di cuore mons. Baldas per aver voluto ripercorrere in questo articolo in modo così vibrante la storia di questi “primi” cinquant’anni della missione diocesana; lo ringrazio anche per il suo impegno quarantennale come direttore del Centro Missionario e artefice, assieme a tanti altri, di questa opera di evangelizzazione. Un ringraziamento desidero rivolgerlo pure a don Michele, che continua con la sua opera missionaria a Kogondekro la presenza “goriziana” in Costa d’Avorio. Certo, in cinquant’anni le cose nel mondo sono cambiate: in Africa la decolonizzazione è stata completata quasi ovunque e nuovi problemi si sono affacciati per queste giovani nazioni, in Europa il muro di Berlino è crollato, aprendo incredibilmente nuovi spazi di dialogo e di solidarietà, i mezzi di comunicazione e i trasporti hanno rivoluzionato le nostre vite permettendoci di fare delle cose fino a qualche anno fa impensabili. Se ci pensiamo bene anche la nostra Diocesi, assieme a tutta la Chiesa universale è cambiata in questi cinquant’anni. E così anche la Missione cambia… Alla Costa d’Avorio si sono affiancate via via anche altre iniziative, in altre parti dell’Africa (Burkina Faso), e poi la Missione Triveneta in Thailandia, e poi ultimamente uno “spostamento” della Missione a casa nostra, con l’impegno a formare alcuni sacerdoti provenienti dalle “terre di missione” per contribuire a dare solidità e preparazione teologica alle realtà giovani delle chiese africane. Per questo ringrazio don Franco Gismano, mio diretto predecessore come direttore del Centro Missionario, che ha saputo leggere questo momento di passaggio, impostando le vie di una “missionarietà a 360 gradi”. Tante iniziative missionarie, tutte importanti, tutte a servizio dell’evangelizzazione. Naturalmente un ricordo grato non può che andare ai missionari goriziani nel mondo (don Michele, Ivana Cossar, Claudia Pontel), nonché a tutti i sacerdoti ex Fidei Donum che si sono avvicendati in questi 50 anni. A tutti il mio grazie per il loro impegno a servizio del Vangelo per una Missione che, anche dopo 50 anni, rimane sempre giovane.