CPR: reale soluzione per i rimpatri?

Tante le novità che negli ultimi giorni si sono fatte strada nel nostro Paese sulle tematiche riguardanti le migrazioni: si va parlando di ampliamento dei Centri di Permanenza per i Rimpatri, aperture di tali strutture in ogni Regione, cauzioni di 5.000 euro per evitare la detenzione.Abbiamo parlato di tali ipotesi assieme alla dottoressa Giovanna Corbatto, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Comune di Gradisca d’Isonzo, cittadina che ospita proprio una di queste strutture.

Dottoressa, la presenza di migranti sull’isontino è un fenomeno che continua a fare dibattito. Quale la sua percezione della situazione al momento e che prospettiva vede per i prossimi mesi?La presenza dei migranti sul territorio è evidente un po’ a tutti. Com’era prevedibile, nei mesi estivi i flussi sono ricominciati e tendenzialmente, anche guardando agli anni passati, proseguiranno ancora per tutto l’autunno, dopodiché – essendo queste delle persone che provengono dalla Rotta balcanica con un percorso a piedi – d’inverno generalmente si assiste ad una battuta d’arresto, perché lungo il percorso le condizioni meteo sono più rigide rispetto alle nostre. Credo pertanto che sicuramente ci sarà un rallentamento dei movimenti durante i mesi invernali ma, finché la bella stagione persiste, sicuramente continueranno gli ingressi.Non sono riuscita a trovare dati ufficiali aggiornati relativi ai numeri di presenze: il sito della Regione Friuli Venezia Giulia riporta dati risalenti al 2021, mentre il Cruscotto statistico del Ministero dell’Interno, per quanto aggiornato, riporta esclusivamente i dati relativi agli sbarchi lungo le coste.Guardando comunque ai dati riportati dalla Regione relativi al 2021, si nota come l’offerta dei posti in accoglienza fossero già allora in forte diminuzione rispetto agli anni precedenti e questo sicuramente è anche uno dei motivi per i quali oggi ci sono moltissime persone all’addiaccio.

Un focus sulla situazione a Gradisca: quali in questo momento i numeri (anche approssimativi) al Centro di Permanenza per i Rimpatri e quali le situazioni, ma anche le carenze, della struttura che preoccupano maggiormente?Sulla situazione gradiscana è bene fare un distinguo: un conto è la situazione legata al Centro di accoglienza per richiedenti asilo, dove i numeri in accoglienza sono elevati – si cerca di dare risposta a più persone possibile in questa struttura, che è grande ma sicuramente sovraffollata -, altra cosa è il CPR, che rispetto a questa tematica è un po’ un universo a parte.Il fatto che siano aumentati i flussi e che non si riesca a dare una complessiva risposta di accoglienza ai richiedenti Protezione internazionale che arrivano dalla Rotta, non è un fenomeno che incide sul CPR, che è altro, vive su dinamiche proprie e su flussi propri. A normativa vi vengono trattenute due tipologie di persone: o coloro che hanno un’espulsione giuridica – persone quindi che hanno ricevuto l’espulsione come misura alternativa o come fine pena dopo un percorso carcerario – oppure persone che hanno avuto delle problematiche di tipo amministrativo, quindi legate ai rinnovi o i rilasci del permesso di soggiorno. Il CPR di Gradisca accoglie solo uomini, ma in Italia ci sono altre strutture che invece hanno una sezione che accoglie anche donne.Avere il CARA di fatto sovrappopolato è sicuramente un elemento che incide, e non poco, sulla gestione ordinaria di un Comune così piccolo come quello di Gradisca d’Isonzo: i richiedenti Protezione internazionale sono liberi di circolare e chiaramente l’area comunale si trova ad avere una presenza di numerosissime persone che circolano sul territorio, senza avere molto da fare; questa cosa però, per chi è trattenuto al CPR non accade. Al di là dal fatto che le presenze al suo interno non sono così influenzate dal numero di arrivi o di sbarchi, chi entra in CPR non è un libero cittadino: non può circolare, non può uscire dalla struttura; non pone quindi, sotto questo punto di vista, un problema di gestione della quotidianità nell’amministrazione della cittadina.Il CPR di Gradisca, anche in questi ultimi mesi, non è mai stato a capienza piena, perché le presenze al suo interno sono fortemente vincolate dal numero di Forze dell’Ordine che possono essere presenti in termini di Corpi di Guardia pertanto, anche a fronte di 150 posti dichiarati, la struttura si attesta sempre attorno ai 90, perché appunto ci deve essere una determinata proporzione.Per quanto riguarda infine le problematiche relative a questo tipo di strutture, esse stanno nella loro natura stessa e le cose da segnalare sono, purtroppo, sempre le stesse: totale assenza di qualsiasi tipo di attività che riempia le giornate a queste persone, il fatto che siano confinate in stanzoni con i pasti che vengono consegnati direttamente lì, senza neanche la possibilità di uscire dalla stanza almeno per andare in mensa a mangiare. C’è anche il fatto poi di essere all’interno di una struttura, che di fatto è una struttura carceraria, ma carente a livello di servizi igienici – sono francamente raccapriccianti -.Sono strutture assolutamente problematiche, che (e aggiungo, purtroppo) non interrogano la popolazione ma che dovrebbero scuotere molto l’opinione pubblica, perché appunto queste persone sono trattenute in non-luoghi ed è questo il reale dramma e la reale preoccupazione relativamente a chi vi è trattenuto.

Si parla di istituire un CPR in ogni regione. Anche guardando all’esperienza e alla situazione di Gradisca, quali crede siano i pro e i contro di una scelta di questo tipo?Ritengo che in realtà il CPR non sia uno strumento di regolazione dei flussi migratori. L’idea secondo me non è recentissima a proviene già da lontano. Se andiamo a vedere l’ultima Legge di bilancio del dicembre 2022, già lì si trovano dei fondi stanziati, sia per il 2023 che per il 2024, in ambito CPR e in particolare nei capitoli di spesa dedicati all’acquisizione e ristrutturazione.La stampa e l’opinione pubblica si sono mosse negli ultimi giorni ma di fronte ad un’evidenza che già c’era e già appunto dalla Legge di bilancio appariva chiara un’idea di ampliamento.Va poi fatto un discorso ampio: se la funzione del CPR è quella di rimpatriare le persone, osservando i dati riportati dal Garante nazionale per le Persone private della Libertà personale, nell’ultimo report emerge come nel 2021 sia stato rimpatriato il 41% delle persone trattenute nei CPR, meno della metà, e negli anni precedenti non c’erano numeri molto diversi.Il pensiero che viene in mente è quindi quello che si sta investendo in un’operazione politica, non in un sistema con il quale si può essere d’accordo o meno ma che dimostra di funzionare. È chiaro che l’investimento è politico e di facciata, non reale e serio sui temi dell’immigrazione.

Si va prospettando anche l’introduzione di una cauzione di 5.000 euro per evitare la detenzione nei CPR. Quale il suo pensiero, come Garante, su quest’ipotesi?Il fatto di proporre una cauzione per evitare il trattenimento, mi porta a formulare questo pensiero: ma se queste persone trattenute sono così socialmente pericolose, se gli immigrati sono veramente così “brutti e cattivi” – e nelle nuove previsioni c’è anche un aumento dei tempi di trattenimento – tanto da dover essere segregati in questi centri, con 5.000 euro diventano improvvisamente buoni agnellini degni di tornare in società? Dobbiamo allora metterci d’accordo su quale narrazione sull’immigrazione si vuole raccontare.Quest’idea rende evidente come, di fatto, il sistema dei CPR non sia effettivamente ragionato in questo momento e finalizzato a voler affrontare in maniera seria ed efficace il fenomeno, ma è più legato ad operazioni di mantenimento e conquista dell’opinione pubblica e del gradimento popolare, per dimostrare di essere in grado di controllare e contenere le migrazioni.