Unità pastorali: a che punto siamo?

A più riprese papa Francesco insiste su un principio di azione tanto semplice quanto decisivo: il tempo è superiore allo spazio (Evangelii Gaudium 222). “Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati”, continua papa Bergoglio, “aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone”. Già, perché la realtà può portarci in terra incognita e può preoccuparsi di trovare qualcuno che ci cinga le vesti e ci conduca anche lì dove non vogliamo, come Gesù ci ha anticipato nella persona di Pietro e l’evangelista Giovanni ci ha ben annunciato nell’ultimo capitolo del suo affascinante Vangelo.Contesta, papa Francesco, “uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica” e che consiste nel privilegiare gli spazi (di potere) al posto dei tempi (dei processi)”. Anche l’attività ecclesiale può cadere vittima di questa leggerezza, che innanzitutto “porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi” (ib.).

Una tentazioneNel cammino di riflessione e di formazione sulle unità pastorali che la nostra diocesi ha imboccato da quasi due anni, questo pericolo può essere presente e pernicioso. Cadere nella trappola di fermarsi allo spazio significa, ad esempio, preoccuparsi innanzitutto di dividere a fettine la nostra Chiesa, decidere di rimodellare i confini dei diversi territori, convocare il Consiglio Pastorale Parrocchiale per dire “chi sta di qua e chi sta di là” delle nuove linee e via dicendo. La Chiesa diocesana ha voluto camminare diversamente.

I passi compiutiAbbiamo iniziato nell’anno pastorale 2014-2015 con un anno intero di riflessione e di formazione, cui sono stati dedicati gli incontri di aggiornamento, in parallelo tra i Consigli Pastorali Parrocchiali e i presbiteri, metodo di assoluto interesse per la valenza ecclesiale sinodale di cui è portatore. Importante la partecipazione dei consiglieri e dei nostri presbiteri, come si ricorda, come importanti i nomi di chi ha offerto i contenuti, ricordiamo soltanto mons. Luca Bressan di Milano. È stato disegnato uno scenario che può ottimamente stare sullo sfondo del nostro percorso. Siamo partiti con un’esperienza, quella della Chiesa di Treviso, per renderci conto che altre Chiese già da lungo tempo stanno facendo collaborare assieme le parrocchie e non le più piccole, ma le più grandi. Abbiamo riflettuto sulle implicazioni teologiche e sociologiche di un nuovo modo della Chiesa di stare sul territorio. Abbiamo valutato le modalità di appartenenza alla comunità cristiana sia del clero che dei laici. Abbiamo approfondito le condizioni che, per degli adulti, facilitano la collaborazione. Per non banalizzare il discorso e ridurlo a “fusioni” o “accorpamenti” tra parrocchie – termini purtroppo a volte correnti, ma mai adoperati dal Centro Pastorale – questi preziosi stimoli offerti dovrebbero diventare parte degli strumenti utilizzati per affrontare il cammino verso la collaborazione pastorale tra le parrocchie. Che è inevitabile, questo lo abbiamo capito, come dobbiamo comprendere che lo sarà in vista di una più efficace missione nel territorio e nel contesto socioculturale che abitiamo come comunità cristiane.Il passo successivo si è ispirato ad un altro principio pastorale suggerito da papa Francesco: la realtà è più importante dell’idea. Ad una selezione di parrocchie che in diocesi a diverso titolo già collaborano tra loro, è stato proposto un impegnativo questionario di analisi sulla nascita e sulla conduzione delle “unità pastorali”, le cui conclusioni sono state poi presentate in un incontro nel mese di gennaio 2016 alle parrocchie stesse, grazie all’importante lavoro di mons. Paolo Nutarelli e della sua equipe.

Ciò che resta da fareI due Consigli diocesani, Presbiterale e Pastorale, nel mese di febbraio 2016 hanno altresì lavorato su un documento sintesi preparato dall’arcivescovo, che ha raccolto alcuni criteri pastorali emersi da questo lungo iter. In queste settimane, tra i presbiteri dei diversi decanati è in corso l’analisi del territorio guidata dai criteri pastorali emersi, analisi che si concluderà nel mese di maggio 2016. Analisi non semplice, come si è constatato in alcuni decanati, perché sembra più immediato lasciarsi prendere dalla gestione degli “spazi”, saltando a piè pari il più difficile lavoro di riflessione teologico-pastorale, cioè lasciarsi coinvolgere dai “processi”.Resta infine da riprendere il discorso con i Consigli Pastorali Parrocchiali, che anche verranno chiamati a breve a coinvolgersi in questo lavoro corale.Gli esiti verranno diverranno patrimonio comune della Chiesa diocesana e verranno messi nelle mani dell’Arcivescovo per il necessario discernimento operativo. Non di “riforma del Vescovo” si tratta, allora, come un po’ maldestramente titolava un quotidiano locale qualche giorno fa, ma di un cammino sinodale di una comunità intera, nei suoi diversi livelli.Lo scopo? Non dimentichiamolo, è di rivitalizzare l’annuncio della infinita misericordia di Dio nel territorio che la divina Provvidenza affida alla Chiesa diocesana.

*Vicario episcopale per l’evangelizzazione ed i sacramenti