La “familiarità” di quella Visita

Esattamente 25 anni fa, dal 30 aprile al 3 maggio 1992, le popolazioni del Friuli Venezia Giulia ospitavano san Giovanni Paolo II che si faceva pellegrino in regione.Abbiamo voluto ricordare questo anniversario con don Maurizio Qualizza, che come segretario dell’arcivescovo padre Antonio Vitale Bommarco ebbe modo di seguire da una visuale “privilegiata” e particolare i giorni di quella visita papale.

Don Maurizio, come ricorda i mesi di preparazione?

Furono mesi un po’ impegnativi perché di fatto una visita recente di un Papa non c’era mai stata ad eccezione di quella brevissima del 1972 di Paolo VI ad Aquileia, sulla strada verso Udine per il Congresso Eucaristico nazionale. Ricordo che ci fu un notevole impegno per l’insieme della visita, particolarmente preziosa fu quella che coinvolse i cori parrocchiali con i loro maestri, riferimento fu il compianto don Jericio e diversi brani furono davvero una felice intuizione se, a distanza di 25 anni, vengono ancora cantati nelle nostre comunità e in occasioni di celebrazioni diocesane. Per quanto mi riguarda mi trovai coinvolto, con l’arcivescovo, nell’organizzazione più degli aspetti “privati” della presenza del santo Padre a Gorizia, dando indubbiamente una mano negli altri ambiti, con attenzione per, chiamiamoli così, i particolari. La preparazione pastorale invece avrebbe forse potuto essere più articolata, ma penso che non ci fu abbastanza tempo e del resto in quegli anni gli eventi di grossa portata furono davvero tanti.

Come visse l’arcivescovo Bommarco quella visita?

Direi normalmente, certamente felice e soddisfatto anche perché personalmente aveva già chiesto in passato al Papa di una sua possibile e auspicata visita all’Arcidiocesi, poi il pellegrinaggio apostolico si concretizzo per tutte le diocesi della Regione, un tour de force, ma molto significativo e credo apprezzato. Fu una visita che richiese diversi incontri tra i vescovi della Regione e quindi rafforzò quelle relazioni e quel dialogo che già c’era, ma che portò a condividere le diverse realtà locali in una visione d’insieme.

I ricordi della permanenza del Papa in arcivescovado?

Sono ricordi legati alla sua semplicità, dei momenti vissuti davvero “in famiglia” pur nella consapevolezza di avere con noi il successore di Pietro. Innanzitutto la sua cordialità, trasparenza e finezza nel tratto, a tavola e nelle relazioni, pur avendo accusato un malore, poi fattosi acuto in Cattedrale alla recita del Rosario. Certo avevamo preparato tutto secondo le indicazioni e lo stile familiare dell’arcivescovo Antonio Vitale Bommarco, che tra l’altro conosceva bene Karol Wojtyla fin dai tempi in cui era stato arcivescovo di Cracovia, ci fu detto poi che il Papa fu felice proprio per la semplicità, la familiarità. Me lo ricordò personalmente più volte il suo segretario, don Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo emerito di Cracovia. L’incontro più bello poi, credo, fu con i familiari dell’arcivescovo e alcune altre persone nella cappella di santa Croce in arcivescovado e quell’incontro con l’immagine della Madonna del Preval che poi trovò il suo suggello in tanti segni donati al santuario e alla venerata immagine mariana.

Cosa la colpì di più di quei giorni?

Avendo partecipato a quasi tutti gli appuntamenti delle diverse diocesi della Regione, ognuno caratterizzato da una tematica e da gente diversa, mi colpì la sua capacità naturale di immedesimarsi nei diversi contesti, di non essere di parte, ma padre e fratello di tutti, attento ai particolari, alla persona che aveva davanti, al dramma del terremoto, specie per la Diocesi di Udine, ai suoi simboli di fede feriti che gli parlavano e che Lui colse, lo si vedeva dai suoi occhi e dalla partecipazione emotiva. Dai giovani in piazza primo Maggio a Udine, al “tu per tu” con il crocefisso ferito dal terremoto del duomo di Gemona. Colse credo la ricchezza delle differenze storiche, culturali e linguistiche della Regione e in qualche modo le assunse nel relazionarsi, nei discorsi e ne fece per tutti un’indicazione di stile.

Qual è l’attualità del messaggio di San Giovanni Paolo II a 12 anni dalla sua morte?

Al di là di tutto, del suo essere stato davvero il Globetrotter di Dio, credo sia attualmente ciò che proclama e testimonia con concretezza il nostro Papa Francesco, cioè la misericordia. Del resto 35 anni prima del Giubileo, possiamo dire appena concluso, la sua enciclica Dives in Misericordia ne è stata l’anticipazione e anche Papa Wojtyla l’ha esercitata in modo credibile e adulto in prima persona. Per noi credo alcuni passaggi dei suoi discorsi e omelie, non certo generici, ma proprio per noi, per la nostra Chiesa posta sul confine, perché come Lui ebbe a dire, “…Alla luce di quest’invito, che ci viene dall’odierna liturgia, la vostra diocesi di Gorizia non è forse chiamata ad approfondire maggiormente la propria missione in questo particolare momento storico: posta all’incrocio di molteplici popoli e tradizioni, Gorizia ha la singolare vocazione di essere segno visibile di unità e di dialogo. Città di frontiera è la vostra, e la frontiera, si sa, può facilitare la tolleranza, la comprensione e l’accoglienza, ma può anche indurre alla chiusura e al rifiuto dell’altro. Voi siete ben consapevoli di ciò. Per questo vi preoccupate di riscoprire le profonde radici cristiane della vostra terra e volete fare della vostra Comunità diocesana un autentico “sacramento” della presenza di Dio in questa regione”. Ecco, credo sia ancora un progetto su cui meditare e al quale dare concretezza di gesti e scelte per il presente e per il futuro.

La memoria di quella visita verrà vissuta in modo particolare al Preval.

Prima di tutto direi che tutti la dovrebbero rivivere come ricoscenza di un grande dono ricevuto. Per quanto riguarda specificatamente la domanda, verrà vissuta con semplicità. Valorizzando, come abbiamo già fatto la domenica della Divina misericordia che ha visto anche quest’anno un grande concorso di fedeli. Particolarmente mi hanno colpito gli alpini, un pullman giunto dal Triveneto per altri motivi, ma che si son voluti ritrovare in preghiera nel santuario. E poi gli ammalati, tra questi i sordomuti con il loro Assistente nazionale, Padre Castiglione. Ma nella stessa giornata anche gli ammalati di Parkinson con il loro coro, la profonda e sentita omelia espressa dal celebrante, don Dario, e ancora la profonda religiosità e fede dei fedeli del Collio Sloveno. Un altro appuntamento sarà lunedì 1° maggio, ma dando centralità all’Eucaristia e all’adorazione, caposaldo della fede di Papa Wojtyla, che davanti al santissimo Sacramento, passava delle ore.  Il 2 maggio invece, anniversario della sua presenza in diocesi, sarà recitato solennemente il rosario e sarà celebrata la S. Messa e così il 13 maggio che ricorda certamente l’attentato in piazza san Pietro, ma molto di più la festa della Madonna di Fatima e, come si espresse chiaramente il papa santo, l’intercessione di Maria per sua salvezza personale.