Adele ha da poco compiuto due anni ed è la più giovane dei quattro fratelli; Anna è solo di un anno più vecchia mentre Irma ha alle spalle appena un lustro di vita; Enrico, dall’alto dei suoi dieci anni, è il "maggiore". I genitori hanno deciso di non seguire vicini e parenti nella fuga dalla città nonostante il fronte sia ormai prossimo: si sentono protetti dalle mura della loro abitazione e non vogliono lasciare gli anziani di famiglia.
Lo speciale sul centenario dello scoppio della Grande Guerra
"L’arrivo delle truppe sabaude fu gravido di tristi conseguenze... Come primo passo occorreva eliminare ogni ostacolo che fosse riconducibile alla precedente sovranità: ecco spiegato l’arresto e l’internamento di quanti furono ritenuti "austriacanti" o che parevano comunque contrari, diffidenti o indifferenti al nuovo stato delle cose"
L'arcivescovo di Gorizia si rivolse più volte al clero ed ai fedeli nel corso del conflitto, mediante apposite lettere pastorali, conscio che potevano insorgere letture contrastanti del conflitto: dalla presenza nel mondo sloveno di elementi che potevano nutrire simpatie panslaviste fino a quanti, tra gli italiani, esprimevano posizioni irredentiste e guardavano con attenzione alla neutralità non certo disinteressata del Regno d’Italia. Estremismi che non avevano grande seguito nel mondo cattolico goriziano, dove il lealismo dinastico aveva solide basi, ma pur sempre possibili di catturare consenso.
I cent’anni dell’inizio della Grande Guerra: un evento che sconvolse l’Europa, provocando un impressionante numero di morti e feriti mai visto prima di allora, nel quale le nazioni coinvolte impiegarono tutte le loro risorse umane e materiali al solo scopo di annientare l’avversario. Quello che il pontefice Benedetto XV definì l’inutile strage.
"...se estromessa dalla compagine statale asburgica, la prospettiva per Gorizia ... è quella di diventare "l’estremo angiporto, l’ultima appendice tributaria del regno d’Italia", la sua ultima Thule, evocando così addirittura la leggendaria isola nordica collocata all’estrema periferia del mondo"
La pace è il compimento buono di tutte le dimensioni relazionali che costituiscono la persona umana1. È l’unità dinamica, molteplice e armonica dell’(A)alterità che suscita l’identità del sé mantenendolo aperto al mondo, alle sue manifestazioni, al suo fondamento trascendente e alle differenti forme autentiche dell’umano.
“La Guerra Mondiale era stata comunque preceduta da un riacutizzarsi delle lotte tra i popoli della Monarchia mossi da un sentimento sempre più vivo della propria nazionalità. La guerra era il reagente che avrebbe fatto precipitare la soluzione”
La fedeltà della Bassa all’Austria datava da lontano: nella relazione al Senato del 1610, il Provveditore di Palma, Pietro Barbarigo, la descriveva con accorata meraviglia: lo stesso nella Guerra di Gradisca (1615-1617). Calma piatta nei sommovimenti risorgimentali del 1848, eccetto brividi indotti dagli insorti di Palma. Contatto diretto con l’Italia: il nuovo confine del 1866.
Nel ventennio che precedette la Grande Guerra a Gorizia regnava un fervore culturale vitale grazie ad alcune personalità brillanti, per ampiezza di pensiero, arditezza e originalità dei contenuti ed esiti raggiunti.
Le questioni sollecitate dalla ricorrenza dei cento anni dall’inizio della Grande guerra sono tante. Anche solo limitando la nostra osservazione a quelle di natura più prettamente culturale appare evidente la complessità dell’avvenimento e il variegato insieme delle strade attraverso le quali è legittimo rimettersi in relazione con esso.