Ucraina: una conclusione non ipotizzabile in tempi brevi

Il conflitto in Ucraina prosegue ormai da 11 lunghi mesi.Undici mesi nei quali il territorio è stato incessantemente colpito da missili e, a farne le spese, sempre di più la popolazione. Secondo fonti UNHCR, al 6 dicembre 2022 si contavano già 4,8 milioni di rifugiati ucraini registrati per la protezione temporanea o misure analoghe nell’Unione Europea.Arrivati ormai quasi al “giro di boa” dell’anno dallo scoppio del conflitto, abbiamo dialogato con il professor Cesare La Mantia, docente associato di Storia dell’Europa orientale del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Trieste, cercando di delineare quale sia sostanzialmente la situazione cui ci troviamo di fronte e se questa lasci intravedere o meno possibilità di una risoluzione, quanto più pacifica.

Professore, a distanza di un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina, di fronte a quale situazione ci troviamo?La situazione continua ad essere molto difficile e critica per il popolo ucraino, nonostante gli aiuti che arrivano dalla NATO e dai Paesi occidentali, tra i quali anche l’Italia.Sul teatro operativo, i russi e gli ucraini sono fermi: è una guerra di logoramento ormai.Sul lungo periodo la Russia è decisamente avvantaggiata, perché ha un potenziale superiore a quello ucraino, inoltre Kyiv non ha armi per attaccare il suolo russo e questo è il problema principale dell’intera guerra e del coinvolgimento politico anche da parte dei Paesi che attualmente stanno aiutando l’Ucraina.

Da un punto di vista geopolitico, come sono cambiati gli assetti sul territorio ucraino e come si prospetta cambieranno? Alla luce di ciò, come si sono anche modificate le “strategie” russe?Nel Donbass le forze che combattono per Kyiv hanno recuperato un po’ di territorio perso ma è poco. È più notevole il significato politico che questo ha avuto, che quello militare. Significa che l’avanzata russa è stata di fatto bloccata fino ad adesso. La conquista, molto parziale, che le truppe di Kyiv hanno operato ha portato a un miglioramento militare, questo è indubbio, ma non tanto da bloccare l’invasione e da poter passare a una controffensiva tale da poter rispedire le forze militari russe sul territorio russo. Dal profilo geopolitico quindi è cambiato ben poco.È cambiato qualcosa invece per quanto riguarda il modo in cui i russi stanno affrontando la guerra, perché hanno dovuto, rispetto a un anno fa, mobilitare personale non addestrato, pertanto i militari che attualmente sono sotto le armi, prima di esserlo non hanno ricevuto un addestramento adeguato ed è probabile che si dovranno mobilitare ulteriori truppe. Non da ultimo c’è uno sforzo militare che anche Mosca sta iniziando a pagare.Sempre sotto il punto di vista geopolitico c’è un ulteriore maggior coinvolgimento della NATO e dei Paesi che non ne sono membri: forniture di armi, sostegno economico, sostegno politico… stanno allargando i temi della guerra e rendono lo scenario, se possibile, ancora più truce, più difficile e non è allo stato attuale ipotizzabile una fine in tempi brevi.

A tal proposito, cosa si necessita in questo momento per aprire una trattativa che porti ad una conclusione del conflitto?La possibilità che si giunga a una pace – che sia il più possibile giusta – è legata alla situazione militare, perché se Kyiv riuscisse a riprendere i confini, o almeno la maggior parte dei territori, antecedenti la guerra, all’eventuale tavolo delle trattative potrebbe trattare con Mosca per una pace onorevole, pur riconoscendole alcuni vantaggi senza i quali non accetterebbe.Non dobbiamo dimenticare poi che c’è anche una situazione interna in Russia con la quale si devono fare i conti (e soprattutto ne deve fare i conti “l’inquilino” del Cremlino che, per quanto si atteggi ultimamente ad autocrate, tale non è e deve rispondere alle forze che comunque lo sostengono).Non c’è, allo stato attuale, la previsione di una possibile pace.È un conflitto che si deciderà con le armi, sul teatro operativo, in uno scenario che è sempre più complesso e sempre più difficile da modificare. È strano che si parli, nel nostro periodo storico, di una Guerra di Posizione, però è ciò che attualmente c’è in Ucraina.Dovremo anche pensare alla forza politica che gli alleati della Russia – non così stretti ma che quantomeno danno una parvenza di sostegno internazionale – potrebbero esercitare nei confronti di Mosca per portarla verso una pace.Allo stato attuale però, non sembra ci sia la possibilità che la Cina possa esercitare nei confronti di Mosca un ruolo di mediazione più di quanto non abbia fatto sinora; il tutto va poi inserito in un contesto generale di politica mondiale molto complesso e, in certi momenti, di difficile lettura.

Prima accennava a una situazione interna alla Russia di difficile gestione, anche con il richiamo di personale non addestrato alle armi. Qual è al momento – ovviamente per quanto è possibile sapere – il sostegno a questa guerra da parte della popolazione?È difficile poterlo dire, perché stiamo parlando di uno Stato in cui l’informazione è controllata; uno Stato all’interno del quale qualsiasi forma di dissenso nei confronti del Governo è considerato reato, punibile con svariati anni di carcere.C’è un controllo strettissimo nei confronti della Rete, che non nasce di recente ma è stato creato nell’arco di anni, con leggi apposite.Già il fatto di non avere informazioni complete e che siano verificabili, è un handicap per chi volesse interpellare la situazione interna, ma questo è anche un modo di condurre la guerra da parte dei russi: la disinformazione, la possibilità di separare gli alleati della parte avversa, è il modo di combattere previsto dall’attuale generale alla guida, da pochissimo tempo, dell’”operazione militare speciale” da parte russa, il maresciallo Valerij Gerasimov, il quale è il teorico di una dottrina militare che prevede lo scontro sotto vari aspetti, tra i quali una guerra fatta anche con la disinformazione e con tentativi di separare gli alleati dell’eventuale nemico. Disinformazione poi significa gestire all’interno del Paese stesso un’informazione in maniera molto rigida.Qualche ripercussione rispetto alla guerra attuale si inizia a vedere, perché dai resoconti che si possono leggere sulla stampa specializzata, a Mosca stanno piazzando batterie contraeree sui tetti e nelle aree vicine ai palazzi governativi. Questo serve più che alla difesa della capitale – ché non sarà attaccata, l’Ucraina non ha le armi per attaccare Mosca, l’occidente non gliele ha date – per poter giustificare la guerra all’interno.Quindi è probabile che qualcosa stia avvenendo ma non a livello di proteste popolari, assemblee generali, marce per strada; è un dissenso interno che temono possa registrarsi, causa soprattutto la chiamata alle armi di personale non di carriera. Il tutto quindi dovrebbe consolidare un consenso che, probabilmente, si ritiene essere un po’’ vacillante.È questa la giustificazione di una guerra la cui narrazione sta cambiando, ossia la Russa contro un occidente che vorrebbe distruggerla: il ministro degli Affari esteri russo ha recentemente dichiarato che contro la Russia si vuol portare avanti una sorta di sterminio, così come quello fatto dai nazisti nei confronti degli ebrei.Quindi qualcosa sta accadendo, se stanno tentando di rafforzare il consenso interno e di dare una narrazione della guerra che vede “la Russia contro tutti”, una Russia che si sta difendendo nei confronti dell’Occidente.Non stanno facendo in realtà niente di nuovo, perché le dottrine che attualmente guidano la politica estera russa si basano proprio su questo: su una Russia come nuova potenza portatrice di un credo che spinga ad un mondo nuovo, multipolare e non unipolare nel senso statunitense; il tutto rientra in un contesto complesso.

Quali saranno a suo avviso, una volta giunti finalmente alla conclusione di questo sconto, le ripercussioni maggiori anche sul territorio europeo, soprattutto inteso come Unione?Gli assetti già stanno cambiando. Le ripercussioni le abbiamo: probabilmente nessuno di noi ha molto caldo in casa o negli ambienti di lavoro in questo periodo… Questa è la prima e più evidente conseguenza. C’è poi un’intera economia che adesso sta lavorando per una produzione bellica – non lo si pensava più da tanto tempo -.All’interno dell’Unione Europea ci sono comunque dei punti di vista differenti – anche questo rientrava nei piani politici della conduzione della guerra, era quanto previsto appunto dalla “dottrina Gerasimov” il puntare sulla divisione dei partners della potenza contro cui si fa la guerra -. L’Ungheria, ad esempio, ha dichiarato sin dall’inizio che la guerra in atto non è la “sua” guerra, degli ungheresi, infatti non sta facendo nulla che non sia il mettersi da parte rispetto al conflitto attualmente in atto; un conflitto che si sta combattendo in territorio ucraino ma che ha ripercussioni in campo mondiale e avrà ripercussioni – qui non c’è bisogno di essere indovini – nei decenni successivi.