Tutto concorre al bene

Non solo la città di Gorizia, ma l’intera comunità diocesana si è stretta attorno alla famiglia di Stefano, agli animatori di “Estate tutti insieme” e alle autorità pubbliche cittadine coinvolte in una tragedia così inimmaginabile. Il dolore è grande per tutti: ma quello manifestato dai genitori è sorprendente! Sia sul piano umano che di fede. Tento di esprimerlo prendendo in prestito le parole della seconda lettura di domenica scorsa, tratta dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani: “Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio…”. “Tutto?” (si chiede un commentatore della lettera) “Anche una malattia? Anche una disgrazia? Anche il peccato? Sì, tutto, proprio tutto, se nel tuo cuore abita l’amore di Dio” (risponde lo stesso commentatore).E allora mi sono chiesto: come può concorrere al bene una tragedia che tutti, a partire dal buon Dio, avrebbero voluto che non ci fosse mai stata? Che tutti, a diverso titolo coinvolti in questa disgrazia, operavano per far crescere la vita di Stefano (dei suoi compagni e cittadini) e non certo per farla morire? Mentre mi facevo queste domande mi rendevo anche conto che sempre, nella storia, gli uomini si sono trovati ad affrontare situazioni la cui drammaticità poneva loro gli stessi inquietanti interrogativi. Il caso di Stefano non è il primo né sarà l’ultimo, perché per quanto si cerchi di prevenire – e doverosamente – ogni pericolo, l’imprevedibile è sempre alla portata di tutti in ogni circostanza della vita.Se è giusto individuare eventuali responsabilità per ampliare la prevenzione e sicurezza in ogni ambito dell’attività umana è anche saggio riconoscere che non tutto è prevedibile per l’uomo. Che c’è sempre un rischio da correre sul lavoro, nello sport, nel gioco… Forse una prima, parziale risposta alla provocazione di san Paolo potrebbe essere proprio quella indicata dal proverbio “nessun male viene solo per nuocere” se c’è la volontà di imparare dal male che non è frutto solo di errori o di colpe. Certamente questi ultimi vanno riconosciuti per essere superati e tuttavia questo primo livello di bene – quello del riconoscimento dell’eventuale colpa – non esaurisce il senso ben più profondo della saggezza proverbiale nonché dell’affermazione paolina. Perché qui non si tratta solo di imparare a non commettere errori e a prevenire pericoli. Il male, come drammatica interruzione di vita, lo avremo sempre con noi nelle sue infinite manifestazioni.Credo che siano i genitori di Stefano, con la loro sofferta e struggente reazione al male che li ha colpiti, a indicarci il senso pieno dell’affermazione paolina che “tutto” sì, proprio tutto! “concorre al bene di chi ama [Dio]” quando hanno chiesto agli organizzatori di “Estate tutti insieme” di non interrompere la loro attività. Di aiutare i compagni di Stefano ed i loro educatori ad “elaborare il lutto” ovvero integrare nella loro dinamica affettiva ed intellettiva l’incubo della morte repentina, l’assenza definitiva di una relazione amicale, la paura di un senso di colpa per un gioco insieme provocato e vissuto (che allora non si sarebbe dovuto fare e che si deve quindi interrompere?!). Invece no. L’amore per la vita chiede che il gioco continui come contesto necessario per far crescere amicizia, solidarietà e fiducia, un processo di ’orienteering’ verso l’unica meta che può definitivamente sradicare il male e le sue paure. L’amore di Dio e del prossimo. Questo amore per gli amici e gli educatori di Stefano, ha fatto di Roberto e Daniela il migliore commento alle parole di san Paolo.