Trasmettere espressioni autentiche

Questa domenica si terrà la 57ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. Ancora una volta papa Francesco, nel suo messaggio, invita i professionisti della comunicazione a  “Parlare con il cuore. Secondo verità nella carità”, nell’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte”.In quest’occasione, che rappresenta anche un momento di riflessione sui passi compiuti dalla nostra professione, abbiamo incontrato Francesca Cipolloni, già direttrice del settimanale “Emmaus” della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, collaboratrice per l’agenzia Sir, Avvenire e Credere e responsabile dell’Ufficio stampa di Rinnovamento nello Spirito e con lei abbiamo ragionato sui più recenti sviluppi della professione giornalistica.

A breve la Chiesa celebrerà la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, un momento in cui anche noi “comunicatori” siamo chiamati a riflettere sul nostro compito. Proprio pensando a questo, a che punto ci troviamo? Quali passi ma anche quali sfide, dal tuo punto di vista, siamo chiamati ad affrontare?La Chiesa, che noi abitiamo con un impegno ben preciso che risponde ad una vera e propria vocazione professionale, attraversa un’epoca a dir poco travagliata: reduci da un’emergenza sanitaria di scala globale, segnati dalle fragilità, umane e sociali, che la pandemia ha contribuito a svelare, impauriti dai venti di guerra che, micidiali, imperversano, culturalmente impoveriti ma desiderosi di visioni speranzose, cerchiamo tra le righe, una risposta all’inquietudine che purtroppo appartiene agli adulti ma, prima ancora, ai giovani, futuro dell’umanità.Il compito prioritario che spetta a noi, che siamo ponti di notizie e riflessioni, interpreti degli eventi, generatori di inchieste e approfondimenti, è tanto semplice quanto impegnativo: testimoniare, attraverso i mezzi di comunicazione in cui operiamo, quella via, verità e vita “spiegata” nel Vangelo.I lettori esigono – a buon diritto, aggiungerei – risposte coerenti, messaggi credibili, contenuti originali.In un mondo in cui, anche lessicalmente, impera una confusione valoriale alimentata dai Social e si affacciano, sempre più sfacciatamente, modelli di vita e di pensiero spesso poco aderenti alla realtà, possiamo rendere i nostri periodici, siti Web ed emittenti cristianamente ispirati, dei peculiari, grandi “laboratori” di idee capaci di distinguersi sapientemente nel panorama dell’informazione.D’altronde, già nel 1967, per la I Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, san Paolo VI ebbe a dire: “Quanto più grandi sono la potenza e l’ambivalente efficacia di questi mezzi, tanto più attento e responsabile deve esserne l’uso”.

Tema scelto da papa Francesco per quest’anno è “Parlare col cuore. “Secondo verità nella carità””. Verità è una parola importante, “pesante”, che spesso forse diamo per scontata nel nostro lavoro… Ecco quindi, come poter “sposare” la verità – che può essere anche cruda – con quel cuore che ci chiama ad usare?“Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore. Perché “il programma del cristiano – come scrisse Benedetto XVI – è un cuore che vede”.Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda…”.Trovo sia questo uno dei passaggi-chiave del messaggio di Bergoglio: solo ponendo l’umano, le relazioni e, dunque, facendoci realmente prossimi all’altro, riusciremo a scegliere e trasmettere espressioni autentiche, capaci di dare voce a ciò che ci circonda e tradurre concretamente la nostra missione. L’Istruzione pastorale Communio et Progressio ce lo ricorda: la comunicazione è, prima di tutto, comunione.Come professionisti, inoltre, la “bussola” deontologica restano le norme giornalistiche contenute nelle leggi e nei codici che siamo tenuti a rispettare, tutelando le persone, riconoscendo il senso del limite (pensiamo alla privacy e all’utilizzo di certe foto) senza però venir meno al diritto di cronaca.Credo che oggi, più che mai, l’aspetto della formazione giornalistica vada costantemente valorizzato e i media ecclesiali possono rappresentare un modello virtuoso esemplare. Il Santo Padre fa cenno anche al “nostro tempo così propenso all’indifferenza e all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità”. Occorre verificare sempre le fonti, anche le più scontate. I nostri lettori, ascoltatori, spettatori non meritano “inganni”: il patto di fiducia che, quotidianamente, si rinnova tra noi e loro non può essere tradito, e sta a noi documentare e raccontare loro null’altro che il bene e il male che alberga in ogni circostanza, tenendo conto degli strumenti che abbiamo a disposizione e delle soglie etiche da non oltrepassare. La narrazione del lockdown o la divulgazione in video dei fatti più efferati (vedi, ad esempio, la recente tragedia familiare di Torremaggiore) ci insegnano quanta potenza virale hanno le immagini in Rete, spesso condivise senza appropriate considerazioni, per puro slancio emotivo: questo, il buon giornalismo, non lo contempla.

Il tuo essere comunicatrice nel sociale ti vede oggi impegnata su più fronti: addetta stampa per Rinnovamento nello Spirito, corrispondente per Avvenire e Sir ma anche collaboratrice in diverse realtà editoriali. Quale il “filo rosso” che unisce queste esperienze ma anche come affronti questi compiti diversi, che oltretutto dimostrano come oggi l’esperto della Comunicazione sia chiamato ad essere “multitasking”?Ho avuto senza dubbio un percorso privilegiato, e la fortuna di poter apprendere da bravi maestri del mestiere, sia nel giornalismo, sia nella Chiesa in cui sono cresciuta. La possibilità di lavorare in più ambiti è il felice risultato di un cammino iniziato proprio in un settimanale e in un ufficio stampa diocesani. Da lì, sono nate opportunità trasversali che mi hanno consentito di avviare una collaborazione con i media della CEI e maturare una lunga esperienza nella Fisc di cui custodisco un’eredità preziosa. Così come aver potuto spaziare già diversi anni fa dal cartaceo al Web ha aperto prospettive propizie sul digitale.Oggi, l’essere a servizio della comunicazione del RnS, una palestra a livello nazionale incredibile considerando la valenza storica del Movimento, e il collaborare con due gruppi editoriali di spicco sul fronte della formazione degli IRC, mi confermano che si può essere comunicatori sociali laddove i nostri talenti e carismi possono portare frutto. “Multitasking” corrisponde all’italiano “multiprogrammazione”: il metodo lo si può attuare in più contesti, l’importante è aver chiaro quale messaggio intendiamo trasferire e aggiornarsi il più possibile. Personalmente, ho sempre trovato nel testo “Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa” un riferimento utilissimo e sempre attuale.

Guardando al futuro della Comunicazione, ultimamente si parla molto dei programmi che generano automaticamente contenuti testuali. Una novità sensazionale ma che forse fa un po’ “tremare le gambe” a chi lavora nel settore. Come comunicatori quindi, come dovremo affrontare ed approcciarci a questa novità?Con la dovuta prudenza, senza farsi spaventare troppo dall’inevitabile evoluzione che la tecnologia porta sempre con sé. Una tecnologia di cui abbiamo certamente bisogno ma, come ha affermato il filosofo Hagi Kenaan “la vita non vale la pena di essere vissuta senza dialogo diretto e senza possibilità di incontrare l’altro nella sua singolarità”. Come è noto, la Chiesa stessa, fin dai tempi di Wojtyla, con un approccio antropologico, si è interrogata sulla questione dell’intelligenza artificiale, e sugli effetti che queste innovazioni hanno sugli individui. Giovanni Tridente nel suo ultimo libro “Anima digitale” affronta proprio questo tema, adoperando due espressioni calzanti: “visione dell’uomo” e “supplemento d’anima”. Vale a dire, occorre non smarrire la centralità di un certo agire che resta sempre e comunque l’uomo. La sfera digitale ci sfiderà a oltranza, ma, prendendo in prestito le parole di san Gregorio Magno, ricordiamoci che il vero comunicatore “si sforza di esporre con la parola e mostrare con la vita l’umiltà, che è maestra e madre di tutte le virtù, così da presentarla ai discepoli della verità più con l’esempio che con le parole” (ComGb 23, 24). Qualsiasi chat o dispositivo in grado di proporci soluzioni (apparentemente) facili e veloci, non riusciranno mai a sostituire la bellezza di quella “connessione” che nasce solo e unicamente dall’incontro tra esseri umani.