Tornerà il rosso del sommaco

Abbiamo una certezza: il Carso tornerà ad essere quello che davamo per scontato sino a dieci giorni fa. Il sommaco colorerà nuovamente prima di giallo e poi di rosso le doline mentre frassino, carpino e pino nero innalzeranno i loro rami verso il cielo offrendo un appoggio a falchi, gufi ed allodole ed un po’ d’ombra a volpi e caprioli Sembrava impossibile, un secolo or sono, che potesse rinascere una qualsiasi forma di vita dove per quattro anni la morte era stata la compagna quotidiana nelle trincee per una generazione di giovani europei: ragazzi austriaci, tedeschi, italiani, ungheresi… costretti a diventare uomini troppo in fretta, avevano imparato a maledire ogni centimetro di queste pietraie avendo la paura o la certezza che quella potesse diventare l’ultima immagine impressa nei loro occhi su questa terra. Alla fine di quella carneficina solo la ruggine del filo spinato sembrava poter interrompere la grigia monocromaticità di tanta desolazione.Ma, poi, lentamente, anno dopo anno, stagione dopo stagione, la natura aveva ridipinto di verde pendii, alture e colline: l’aveva fatto con i tempi che le appartengono e che, nella loro apparente lentezza, servono soprattutto a ricordare agli uomini le conseguenze dei loro atteggiamenti insensati.Oggi è davvero un miracolo se non siamo qui a piangere i morti che gli incendi della scorsa settimana avrebbero potuto provocare nell’area del Carso (ed il pensiero va a Elena Lo Duca, coordinatrice della Protezione civile di Prepotto uccisa da una pianta mentre stava affrontando un’analoga emergenza in altra parte della regione): se ciò non è avvenuto lo si deve in primo luogo alla perizia ed all’abnegazione delle donne e degli uomini dei Vigili del fuoco e delle Forze dell’Ordine ed ai volontari della Protezione civile. Vedere italiani e sloveni lavorare fianco a fianco per affrontare e sconfiggere insieme il mostro di fuoco che sembrava invincibile ha rappresentato davvero – senza alcuna retorica – un segno profetico: abbiamo sperimentato per l’ennesima volta quali risultati possa raggiungere e quale testimonianza all’intero continente europeo possa offrire la collaborazione fra le due realtà un tempo divise dal confine. Quanto abbiamo vissuto ha rappresentato, però, un qualcosa di diverso rispetto i pur frequenti incendi a cui il Carso ci ha abituato anche negli ultimi decenni. Il grido di dolore della natura ci ha toccato più direttamente, è penetrato nelle nostre esistenze quasi a volerci ammonire che il tempo concessoci dalla natura per cambiare rotta non è illimitato: non possiamo abituarci alla siccità, alle temperature elevate prolungate, allo scioglimento dei ghiacciai… considerandoli accidenti inevitabili. Cerchiamo di non essere ipocriti: se la puzza di bruciato non avesse invaso le nostre città e violato le nostre abitazioni, se le ceneri non si fossero depositate sui tetti delle nostre automobili o sulle strade delle nostre città, obbligandoci a coprire il volto con le ormai famigerate Fpp2 e ad annullare appuntamenti già programmati, quelle fiamme sarebbero state per la maggior parte di noi solo immagini impersonali cui prestare un’attenzione commisurata e limitata al tempo di pubblicazione sui social. Quella puzza e quelle ceneri sono servite a ricordarci che la tutela dell’ambiente riguarda ciascuno di noi, ovunque si trovi e qualunque sia la sua età. È una scelta di vita che non possiamo demandare ad altri o considerare un capriccio delle nuove generazioni: il domani del nostro pianeta lo stiamo costruendo (o distruggendo) già da decenni ma siamo ancora in tempo a correggere gli errori commessi.Il punto di (ri)partenza deve essere l’impegno educativo verso la cura del creato come ci ha ricordato papa Francesco nell’Enciclica Laudato sì: “L’atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità, è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente, e fa scaturire la reazione morale di considerare l’impatto provocato da ogni azione e da ogni decisione personale al di fuori di sé. Quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società”.