Territori chiamati a ripensarsi oltre alla ricerca del consenso

Si sono appena spenti i fari delle televisioni del mondo sullo spettacolo della Barcolana n.50 e, per fortuna, si sono accese quelle di un dibattito destinato a riaccendersi da una parte “perché la magia del golfo non duri solo pochi giorni” e, dall’altro sulla lezione che da trarre da un “evento” che ha radunato folle di decine e decine di migliaia di persone e che giustamente è definibile come “cifra della triestinità”. Intendendo tale dimensione come “l’amore per la natura ed il mare, il senso autenticamente non competitivo di una città che non ama competere e preferisce accarezzarsi nel borino, la bellezza struggente e sfuggente del “ragazzaccio aspro e vorace scolpito dalle parole di Saba; una città che si dà e non si dà al medesimo tempo e scappa via dalla bolina della vita; e pare immobile ma non la trovi mai nello stesso punto, come le vele sul golfo” (Roberto Morelli, “Il Piccolo di domenica scorsa). Nata, proprio cinquanta anni fa nel mezzo del magico 1968, l’iniziativa triestina aveva come padri una cerchia di amici certo amanti del mare ma ancora più della città, della sua gente composita e della sua storia  nella quale avevano saputo depositare le loro tradizioni culturali e ambientali perfino, la loro “diversità”, senza negare la appartenenza ma valorizzando la missione: quella di essere cittadini del mondo, di godere non solo la vita, ma anche la bellezza e il desiderio di essere finalmente in pace. Tutti -anche i contemporanei- possono cogliere questo anelito e questa domanda che permane e non può essere soffocata dentro ad una colluvie di altre iperbole. L’occasione ha mosso anche altre dimensioni della vita (lo sport -anche se non competitivo-, il turismo, l’economia, il lavoro e perfino la cultura). Questo è positivo a Trieste, ma anche a Pordenone, Udine e Gorizia, perfino Grado con “Mare nostrum” (un slogan rischioso! in questi tempi) si è messa su questa strada. Iniziative, tutte, meritevoli di successo e di consenso (al di là dei numeri impensabili di certe cronache); alcune come “Gusti di frontiera” sono originate dall’idea di portare fuori la città e la mentalità cittadina dalle chiusure oltre che da una autoreferenzialità al negativo per immetterla in una frontiera senza frontiere. Benemerita iniziativa che …è ben altro rispetto all’impegno diventato spasmodico di ospitare a Gorizia tutte le cucine del mondo! Anche perché alcune delle quali sono chiaramente posticce. Di moda.  Non è pensabile che tutto finisca in pantagrueliche tavolate (ad un prezzo non certo economico!) o in illusorie classifiche di presenza dove le cifre sono ad usum delfini. Purtroppo, su tutto prevale soprattutto uno: il consenso. Tantomeno è lecito barattare tutto questo in non si sa bene quale successo culturale-turistico-economico e di sviluppo, aggiungerebbe l’Amministrazione regionale. Non solo perche comunque si restringe a tre giorni o poco più, ma proprio perche manca di riferimenti e di giuste tensioni, foriere di continuità. Da Trieste viene un invito alla programmazione e alla risposta delle vocazioni diverse; vale per il capoluogo ma anche per Grado o Gorizia e il Collio. Aquileia -tanto per fare un nome- non può esserne esclusa; ma, sarebbe squalificante ogni approccio estemporaneo. L’apporto della cultura e della politica è decisivo. Senza cadere nel fallimento totale delle operazioni centenarie 1914-1918: il target è altrettanto decisivo.La nostra terra -per fermarsi alla Regione Friuli Venezia Giulia- contiene un humus che deve non solo assecondare alcune abitudini sbagliate (di tipo mangereccio) magari copiate oltre confine; si tratta invece, con coraggio, di promuovere la cultura dell’incontro, dello stare insieme e certo anche del mangiare), della civiltà e della vita, del bene e del benessere che è anche spirituale e umano. Per restare a noi, Gorizia e il Goriziano tutto, ha beni singolari ed irrepetibili, primo fra tutti quello del dialogo e del confronto, della unità nella diversità. Anche perché certe “magie” -come le bugie- hanno le gambe corte. Non sbagliare obiettivo. Questo conta oggi e soprattutto domani.