Sviluppare la creatività

Partire dagli ultimi, custodendo il Vangelo e sviluppando creatività è il mandato che Papa Francesco ha affidato alla rete Caritas in Italia nel suo discorso durante la Celebrazione del 50° di fondazione della Caritas Italiana. Nella stessa riflessione Francesco ritiene che, per la Caritas, la Creatività significhi che “la ricca esperienza di questi cinquant’anni non è un bagaglio di cose da ripetere; è la base su cui costruire per declinare in modo costante quella che San Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della carità. Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, e anche poeta, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo.”Durante il 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane “Camminare insieme sulla via degli ultimi” si è voluto riprendere il mandato che Papa Francesco ha affidato alla Caritas, per discernere cosa significhi nel concreto delle scelte quotidiane lo “sviluppare creatività”.Per intraprendere questo discernimento si è ascoltata la voce del Vangelo e la testimonianza di alcune comunità che, concretamente nel nostro tempo, stanno percorrendo la strada degli ultimi in uno stile evangelico e generano appunto creatività.Una testimonianza che ha fatto molto riflettere i delegati delle diverse Caritas diocesane italiane proviene dal profondo sud italiano, dalla Locride. La storia del Consorzio Goel, raccontata dal Presidente Vincenzo Linarello, è un racconto di riscatto, resurrezione e creatività, nata proprio in una regione dove la rassegnazione e la schiavitù imposta dalla ’Ndrangheta sembra abbia messo la parola definitiva. Il Consorzio Goel è un consorzio di cooperative sociali che stanno costruendo un’economia civile libera dal pizzo e dallo sfruttamento del lavoro nero. Fanno parte del Consorzio realtà cooperative del settore agricolo, turistico e del Welfare di comunità e assieme vogliono testimoniare che si può fare impresa senza affidarsi alla criminalità organizzata.Vincenzo Linarello ha riportato un esempio concreto di creatività per rispondere alle aggressioni che la ’Ndrangheta compie periodicamente contro i piccoli imprenditori agricoli, come ad esempio l’incendio del raccolto, la distruzione dei macchinari. Questi attentati hanno lo scopo di creare tra i coltivatori diretti la depressione sociale; in altre parole il pensiero che niente cambierà e a comandare saranno sempre i criminali. Questo stato d’animo spinge gli agricoltori a lasciare la Calabria ed emigrare in altre regioni. Per combattere la depressione sociale tra gli imprenditori agricoli dopo le aggressioni della criminalità organizzata, il Consorzio Goel organizza la “Festa della Ripartenza”. Questa festa è un’occasione per creare legami tra le persone, affinché nascano collaborazioni finalizzate a ricostruire l’azienda agricola aggredita. Nell’occasione della festa, o nel periodo successivo, c’è chi offre macchinari, chi aiuto nella ricostruzione oppure chi semplicemente inizia ad acquistare i prodotti dell’azienda danneggiata. Dopo due o tre mesi l’impresa agricola in genere è ricostruita come prima o meglio di prima. Grazie alle “Feste della Ripartenza” la ’Ndrangheta ha smesso di fare gli attentati.Questo è un esempio di creatività che nasce da una comunità di persone che assieme hanno passione e compassione per i propri fratelli e le proprie sorelle vittime della violenza della criminalità organizzata. Come dice Linarello “un gruppo di persone che ritiene il fallimento come un’occasione di apprendimento per il futuro”.Nella testimonianza delle Feste della Ripartenza riecheggia un brano evangelico di Marco, dove un gruppo di amici di un uomo paralitico scoperchiano il tetto per calare il loro amico infermo proprio davanti a Gesù affinché lo guarisca. In questo caso per il Consorzio Goel c’è una comunità di persone che, utilizzando la creatività, ovvero la fantasia della carità come più volte ha detto San Giovanni Paolo II, sollevano, rialzano i propri fratelli, aprendo strade nuove nel deserto. Solo dopo che questa comunità ha sollevato l’amico paralitico, interviene Gesù che rialza definitivamente la persona paralizzata. Questi amici dell’infermo sono una comunità che condivide un sogno di riscatto e risurrezione che non si rassegna alla paralisi, proprio come le persone che hanno dato vita all’esperienza del Goel.Seppur nella Diocesi di Gorizia non ci siano le problematiche presenti nella zona della Locride, anche noi viviamo nella depressione sociale, che ci fa ritenere che “non si può fare” oppure “tanto non cambierà niente”. Sull’esempio dell’esperienza del Consorzio Goel anche le nostre comunità dovrebbero avere più amore e passione verso i fratelli e le sorelle e poter generare quella creatività e fantasia della carità che sia capace di riscattare e risollevare chi è caduto.

Adalberto Chimera, vicedirettore Caritas dicoesana Gorizia

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Attivare processi con gli ultimi

Un’analisi di Chiara Giaccardi, sociologa dei Processi culturali e comunicativi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 

In una delle giornate del Convegno Nazionale, i vari delegati delle Caritas diocesane sono stati divisi in quattro Assemblee tematiche, legate alle tre vie (gli ultimi, il Vangelo, la creatività), calate nelle sfide di oggi, ed in particolare io ho potuto partecipare all’incontro dal tema “Chiesa-Caritas in equilibrio tra emergenza, quotidianità e futuro nella sfida della sostenibilità” tenuto dalla professoressa Chiara Giaccardi, sociologa dei processi culturali e comunicativi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.L’intervento è stato molto stimolante, perché partendo da un’analisi sociologica della realtà che stiamo vivendo, la professoressa ha dato degli interessanti spunti su dove iniziare ed agire come Caritas, riflettendo su come vivere il concetto di sostenibilità e sul rapporto tra Caritas e cura.La professoressa ha definito questo momento storico-sociale come “l’età dello shock”, fatto cioè di catastrofi naturali, crisi finanziarie, sociali, religiose e di guerre, dove in queste fratture la scelta è o morire schiacciati dagli eventi, o cambiare. Infatti ha sottolineato come proprio le criticità sono occasioni di cambiamento e possibilità, chiamandole catastrofi vitali intendendole cioè come un tempo propizio per spiragli di cambiamento dove le nostre comunità si dovrebbero inserire ed agire, se non vogliono morire.Ha voluto soffermarsi sulla descrizione dell’attuale condizione delle nostre società, in quanto è importante conoscerne le sfaccettature se vogliamo un rinnovamento. Non è più sostenibile infatti continuare a vivere con un modello sociale di sviluppo che tende alla crescita smisurata, alla frammentazione, all’iperdigitalizzazione, richiedendo alle persone di essere sempre più performanti.Questo di fatto ha portato sì ad una aumentata ricchezza, ma senza equità, avvicinandoci così a quella che sarà la nostra distruzione.Se il quadro sociologico che ci ha presentato è non solo allarmante ma sconfortante, la professoressa ha aperto però uno spiraglio di speranza e possibilità, se noi come Caritas e comunità saremo in grado di rispondere ma soprattutto metterci in gioco in nome dell’amore per la nostra comunità.Gli spunti li troviamo nell’Enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, dove ci viene indicato di agire in modo diverso rispetto ai temi sulla transizione economica e sostenibilità, cambiando però schema: non puntando a risolvere i problemi economici ed ecologici, ma cambiando invece i modelli di sviluppo che non guardano più all’efficienza degli individui e al profitto, bensì che contrastano la frammentazione sociale e ricercano collettivamente nuovi modelli di partecipazione sociale, coinvolgendo gli esclusi concretamente e reciprocamente; attivare cioè processi, e non progetti, con gli ultimi e non per gli ultimi!In questa prospettiva Caritas è ambasciatrice nel mondo e può aiutare a riumanizzare la società mettendo in circolo questo pensiero, ma solo se si rinnova nel fare e nel pensare. Non possiamo proporre qualcosa se non lo viviamo prima noi.Per questo la professoressa ci ricorda di non perdere l’attenzione verso gli altri, senza questa non possiamo prenderci cura e vuol dire anche fermarsi e imparare a guardare oltre. Sempre il Papa ci ricorda di essere meno tecnici e più poeti sociali, ad agire cioè insieme, a uscire (Chiesa in Uscita) a riconoscere anche il nostro limite per essere più liberi di incontrare l’altro, anche perché è proprio grazie all’altro (la relazione) che possiamo notare i nostri limiti e crescere insieme.Quello che porto sicuramente in Caritas da questo tavolo tematico è che c’è una speranza in questa società ammalata e dobbiamo testimoniarla. Possiamo essere il cambiamento solo partendo dal basso, nelle relazioni quotidiane ed educando alla cura, ma anche uscendo dai nostri schemi avendo il coraggio di ascoltare gli ultimi e l’umiltà di chiedere aiuto, di non fare da soli, ma insieme.Valentina Busatta, responsabile Promozione Caritas Gorizia