Sei anni con Giulio

Il 25 gennaio 2016, alle 19.41, Giulio Regeni esce dall’appartamento dove viveva al Cairo, impegnato nel percorso affidatogli per la sua tesi di dottorato di ricerca dell’Università di Cambridge. Non è più rientrato ed è ormai di comune conoscenza che nei giorni trascorsi prima del 3 febbraio, giorno del ritrovamento del suo corpo, il giovane ricercatore di Fiumicello è stato torturato da mani esperte nel massacro dei corpi mentre si distrugge la dignità della persona che ne è vittima. Le ricerche degli investigatori italiani e degli avvocati della famiglia Regeni portano ad una sede dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, servizi segreti egiziani. Le indagini individuano anche le persone da chiamare in giudizio davanti al tribunale di Roma quali responsabili delle torture e della morte di Giulio Regeni: il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Usham Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.Il 14 ottobre scorso la III Corte d’Assise di Roma ha annullato la richiesta di rinvio a giudizio dei quattro indagati perché formalmente non erano stati personalmente informati. Nessuno dall’Egitto aveva fornito i loro indirizzi, rendendo impossibile ciò che la legge italiana richiede a tutela degli imputati. Lo scorso 10 gennaio il Giudice dell’Udienza Preliminare, al quale il dossier è tornato, non ha sospeso il procedimento ed ha deciso di continuare la ricerca degli indirizzi degli imputati, ma soprattutto ha chiesto al Governo italiano azioni concrete nei confronti di quello egiziano per ottenere risposta alle rogatorie internazionali più volte inviate al Cairo. Dunque adesso si aspetta aprile per fare il punto di quanto si sarà potuto ottenere. Intanto si deve rispondere a quanti, anche tra persone ’potenti’, si fanno avanti per dire di fermarsi, che già non si può ottenere di più di quello che già si sa. Il lasciar perdere per il bene di interessi superiori, che poi altro non sono che interessi finanziari ed economici e non certo il rispetto della dignità delle persone. Come si può chiede ad una famiglia che ha visto il corpo straziato del figlio ed ha potuto sentire il proprio animo trafitto dalle sofferenze e dal dolore patiti dal figlio amato? Nel libro “Giulio fa cose”, la scarna ed essenziale cronaca dei giorni del rapimento pennella con delicatezza una sofferenza ed una angoscia che penetrano ogni ora di più nell’animo di Paola e Claudio fino a quando “nulla è più stato uguale a prima. E non poteva esserlo”. Chi suggerisce di fermarsi farebbe bene a leggere con attenzione le pagine dalla 26 alla 32 di quel libro. Ma c’è anche un altro aspetto che la morte di Giulio Regeni sottolinea: è successo a lui quello che a molti altri sta succedendo in Egitto ed in altre parti del mondo. Sono tanti i Giulio e le Giulie che chiedono alla nostra coscienza di non smettere di cercare la verità e la giustizia perché tutti sono coinvolti in queste vicende: i diritti della persona riguardano tutti e la loro violazione non è offesa solo a chi è colpito, ma a tutta l’umanità, ognuno di noi compreso. Anche per questo non si può lasciar perdere. Cercare e difendere chi cerca la verità e la giustizia è difendere anche noi stessi dall’ingiustizia e operare per una società più giusta dove i diritti della persona non siano calpestati in nome del potere o di qualsiasi altro movente. Il 25 gennaio ricorda che siamo senza Giulio ormai da sei anni, ma ricorda anche che in questi sei anni c’è chi ha cercato la verità e chi l’ha nascosta; chi ha sofferto e rischiato la vita per conoscere la verità dei fatti e chi ha impedito questa conoscenza; chi ha posto la dignità della persona prima di tutto e chi ha messo gli affari e il denaro come una pietra sopra la verità. La richiesta del Gup al governo italiano suona un po’ come la richiesta del “da che parte stai”? E’ ben vero che la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita parte civile nel processo, e non è poco, ma adesso occorre rendere possibile il dibattimento in un’aula di tribunale per appurare fatti e responsabilità nella morte di Giulio Regeni. Le date sono giorni che passano, ma se ci ricordano le nostre responsabilità servono a non fermarci.