Scuola: un patto educativo

Per chi ha appartenuto al mondo della scuola – quasi quarant’anni di buon servizio – le notizie che vengono dalle cronache suonano come una mazzata. Non che, nel passato, siano mancati episodi più o meno eclatanti, anzi. Ogni insegnante ha qualcosa da raccontare a questo proposito. Novelle e romanzi sono testimoni. I giornali ormai accomunano gli episodi di diverso bullismo della scuola con quanto si va ripetendo anche sui campi di gioco, dove sono protagonisti soprattutto i genitori di adolescenti che sono diventati attori di indecenti manifestazioni di violenza verbale e non, con grave preoccupazione degli allenatori.Sociologi e pedagoghi, educatori soprattutto, sono propensi a non chiudere gli occhi ma ad allargare lo sguardo; la sensazione è che occorra interrogarsi più ampiamente al complesso tema della trasmissione dei valori, della comunicazione tra i mondi degli adulti e dei giovani, in particolare dei ragazzi, per cogliere il nodo da sciogliere. Si impone un nuovo patto educativo. La scuola, secondo le statistiche, è ancora nel cuore della gente: il 53 per cento la apprezza; questo apprezzamento avviene in un contesto nel quale le percentuali di fiducia verso le istituzioni (Chiesa compresa) ed i protagonisti della società (stato, enti, partiti…) non stanno bene. Di più, 8 persone su 10 guardano al prossimo con sospetto: non è un bel vivere. Di più, l’accostamento alla scuola dei mass media, in generale e in particolare dei nuovi strumenti di comunicazione sociale – oggi come ieri – appare insieme sproporzionato e impossibile: intanto, perché della scuola ci si interessa quando cade un calcinaccio o avviene un fatto di cronaca nera; poi, perché la tentazione di fare di tutto (9 milioni di popolazione scolastica o quasi nove mila istituti) un fascio. Approssimazione e ricerca dello scoop prevalgono e finiscono con il dare un’immagine impossibile della scuola che resta luogo primario di formazione, di vita, di ricerca, di studio e di valorizzazione delle persone. Eppure a scuola, come in altri ambienti, non mancano veri e propri maestri. Le ultime polemiche sulla “buona scuola” hanno fatto il resto, aggiungendo parole a parole, promesse a promesse. L’adeguamento dell’inquadramento di insegnanti e anche qualche modesto e significativo riconoscimento economico, non potranno certo fare il miracolo. La scuola, prima di tutto, ha bisogno di fiducia e di un ritorno alla pazienza dell’educazione. Processo che occorre riavviare sempre, in particolare nei momenti di crisi. Fiducia e pazienza educativa, si accompagnano anche a due altre esigenze. Insomma, un vero patto educativo.In primo luogo, si rende necessario il ripristino delle strutture di partecipazione (vedi decreti delegati del 1974) troppo facilmente abbandonati per molti motivi e non tutti reali. Senza creare luoghi dove le componenti educative possano tornare a parlarsi e riflettere insieme, condividere e  ragionare… tutto diventa più difficile, complicato e forse impossibile. La struttura delle scuole, con aule tutte uguali e corridoi lunghi, non invita certo all’incontro. Trovare luoghi dove i genitori possano venire (anche convocati) per dialogare e discutere è importante più delle lavagne tecnologiche o la sfilza di computer delle aule speciali. Oggi basta molto di meno, ma è primario ridare spazio e luogo all’incontro ed alla pazienza dell’educazione. Per questo, vanno promossi persone di dialogo e di incontro; gli stessi dirigenti devono avere tempo e spazio per questo. Meglio un preside di una scuola a misura d’uomo che conosce tutti che un dirigente anonimo, peggio se comandato su più scuole; meglio un fiduciario, eletto dai colleghi, per un gruppo di classi, che un professionista al quale magari si impongono oneri burocratici insostenibili. Classi più piccole e tanti luoghi di incontro.Il ritorno alla pazienza dell’educazione, è responsabilità degli adulti. Tutti componenti del fatto straordinario e sempre incendiario della scoperta e della novità che è la scuola e la vita sono convocati in prima persona. La innovazione serve solo quando si accompagna a questi dati indilazionabili. Le statistiche parlano di riduzione del numero di alunni; sarebbe il caso che la scuola torni ad essere considerata primariamente luogo di educazione e di formazione. Per il futuro. Ci sono persone che quando, sono tristi e preoccupate, fanno un giro a scuola. Un po’ è nostalgia maledetta vi si accompagna anche il desiderio di incontrare volti di educatori, severi e convinti, di bambini e ragazzi aperti al futuro, pieni di voglia di vivere e di entusiasmo. Anche di intravedere la bellezza della costruzione del domani. Viva la scuola, sempre.