SOS ROSA: insieme contro le violenze

Il lockdown degli scorsi mesi ha portato purtroppo alla luce, a livello nazionale, moltissimi casi di violenza di genere, dovuti proprio a una più lunga e obbligata permanenza tra le mura domestiche. In tutta Italia i Centri Anti Violenza hanno registrato un aumento delle segnalazioni e delle prese in carico, anche e soprattutto di casi che mai prima di allora avevano dato segnali di una possibile violenza.Ma com’è stato quindi il 2020 per il nostro territorio? Si è registrato forse lo stesso andamento nazionale? A questi interrogativi hanno dato risposta le dottoresse Francesca Vuaran e Ilaria Fabris, rispettivamente presidente ed operatrice psicologa dell’associazione S.O.S.ROSA ODV, che da tempo opera nell’accoglimento e accompagnamento delle donne vittime di violenza nei suoi centri di Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Aquileia, Gonars e Trivignano Udinese.

Dottoresse, dati di UNHCR confermano un aumento in tutto il mondo di donne e ragazze costrette a chiedere aiuto e anche a fuggire per le violenze subite durante il periodo della pandemia. Dati nazionali poi riportano un aumento esponenziale di chiamate al 1522 nel periodo di marzo – maggio 2020.Qual è stato l’andamento presso i vostri centri dislocati sul territorio? Avete anche voi riscontrato localmente un aumento di contatti e richieste di aiuto?Da quando le prime misure per il contenimento della pandemia da Covid-19 sono state messe in atto, ci siamo subito interrogate su quelle che potevano essere le conseguenze per la nostra utenza, donne e ragazze che subiscono o hanno subito in passato situazione di violenza di genere e domestica.Nonostante alcune rilevazioni eseguite a livello nazionale abbiano evidenziato un aumento della richiesta d’aiuto da parte di donne con problemi relativi a situazioni di violenza, i dati raccolti all’interno della nostra associazione, tra il 2019 e il 2020, sembrano andare in controtendenza rispetto a quanto evidenziato.Il primo dato utile è che l’associazione ha seguito, nel corso del 2020, 144 donne contro le 163 del 2019, subendo un calo dell’utenza del 12% circa.L’altro dato interessante è che confrontando i trimestri (marzo, aprile, maggio) 2019 e 2020 emerge che nel 2019, il 73% delle donne che si sono rivolte al CAV risultavano essere “nuove utenti” (ossia utenti che per la prima volta si rivolgevano al Centro per iniziare un percorso di uscita dalla violenza); nel 2020 questa percentuale è scesa al 55%. Nel trimestre successivo (giugno, luglio, agosto 2020), l’Associazione ha registrato ancora un calo nell’utenza, in questo caso del 31% (tra donne già accolte e nuovi accessi) per poi rientrare, negli ultimi quattro mesi dell’anno, ad un livello comparabile con gli anni precedenti (2019: 37 donne accolte di cui 33 nuovi accessi; 2020: 33 donne accolte di cui 29 nuovi accessi). Nonostante questi dati possano essere utilizzati solamente a livello descrittivo e non sia possibile per noi stabilire se queste variazioni siano effettivamente riconducibili alla situazione pandemica o causate da essa, sicuramente queste modifiche nel consueto andamento ci hanno spinte e motivate a fare un passo in più. Infatti nel corso del 2020, in collaborazione con gli altri Centri Antiviolenza della Regione facenti parte della rete nazionale D.i.Re (GOAP- Gruppo operatrici antiviolenza e progetti di Trieste; Da donna a donna di Ronchi dei Legionari; Voce Donna Onlus di Pordenone e Tolmezzo) e l’Università degli Studi di Trieste (nella persona della Prof.ssa Patrizia Romito), S.O.S. ROSA ODV ha contribuito a creare e realizzare una ricerca quantitativa dal titolo ” Violenza contro le donne e Covid: una ricerca con i Centri antiviolenza del FVG”, che ha visto coinvolte 292 utenti di tutta la Regione, che si sono rivolte ai Centri Antiviolenza dal 3 giugno 2020 al 30 settembre 2020 (di queste, ben l’81,5 % subivano violenza dal partner o dall’ex partner). Le donne sono state intervistate con un questionario creato a hoc e somministrato dalle operatrici di accoglienza, che aveva lo scopo di indagare l’andamento della violenza durante e dopo il periodo di lockdown; approfondire la situazione socio-demografica sulle donne e sull’autore delle violenze, sulla situazione economica, lo stato occupazionale e la salute delle donne. La sintesi dei principali risultati ci indica che il periodo di lockdown, come ci aspettavamo, ha avuto effetti diversi in base al fatto che le donne convivessero o meno con l’autore delle violenze: sono aumentati significativamente i tassi di violenza per un quarto delle donne intervistate che conviveva con il partner, mentre sono diminuite le violenze per più di metà delle donne non conviventi.Questi dati sono in linea con l’idea, sostenuta dai Centri Antiviolenza, che, per interrompere il ciclo di violenza, molto spesso non è sufficiente che la donna interrompa la relazione con il partner, ma sono necessarie due misure conseguenti: l’allontanamento fisico dell’autore delle violenze dalla donna seguito da adozione di misure protettive adeguate nei confronti delle vittime; in questo senso la pandemia sembra aver contribuito a creare una situazione “protettiva” per le donne che non convivevano con l’autore delle violenze.

Un dato che salta agli occhi dai dati nazionali è l’aumento, in marzo – maggio, di segnalazioni di violenze che non avevano una storia pregressa, nate quindi da maggiori tensioni e da una più lunga e forzata convivenza. Avete forse notato anche voi questo? In ogni caso, a livello psicologico e relazionale, quale “peso” ha avuto il lockdown nelle famiglie e nelle coppie?Facendo riferimento ai dati interni dell’Associazione, la quasi totalità delle utenti del 2020, comprese quelle accolte nel trimestre di marzo-aprile-maggio, riportava storie di violenze pregresse, non riconducibile al periodo del confinamento.Per i centri antiviolenza è importante sottolineare ancora una volta che la violenza di genere è un fenomeno strutturale e culturale che non si genera da momenti di raptus e che vi è una grossa differenza tra parlare di conflitto familiare o relazionale (che presuppone comunque un piano di parità tra i soggetti coinvolti) e parlare di violenza (dove una parte ha più potere e lo usa per prevaricare e sopraffare l’altro). Inoltre sappiamo per esperienza che ci sono alcuni elementi che potrebbero determinare un aggravarsi (in termini di quantità e intensità) degli agiti violenti, ad esempio l’abuso di alcool e/o sostanze o anche una convivenza forzata – una situazione in cui le libertà personali sono sacrificate con conseguente aumento dello stress – ma sappiamo altrettanto bene che questi elementi non sono mai la causa scatenante della violenza, causa che invece è da ricercarsi nella struttura patriarcale della società.

Durante i mesi della chiusura come si è potuto svolgere, ma anche come si è modificato, il vostro operato? Quali le principali difficoltà a cui avete dovuto far fronte?L’improvvisa comparsa del COVID-19 ovviamente ci ha dapprima disorientate, poi ci ha spronate a tenere aperto comunque il CAV con l’adozione di tutte le misure di protezione previste e raccomandate. Poiché il nostro servizio era considerato tra quelli essenziali, in accordo con gli uffici della Prefettura, con la quale dal 2019 era stato sottoscritto un protocollo per il coordinamento delle azioni a contrasto della violenza contro le donne, è stato possibile produrre le certificazioni che autorizzavano le operatrici a spostarsi per assolvere il loro servizio. Abbiamo continuato a tenere aperto il sia il Centro che la casa rifugio, stabilendo dei turni di presenza per l’assistenza e l’accoglienza telefonica; nel periodo di chiusura più stretto i colloqui di accoglienza si sono tenuti via telefono o via Skype o con video chiamate, per le donne che già erano state prese in carico, mentre per le nuove richieste si è preferito comunque fissare dei colloqui in presenza: tutte le richieste di aiuto sono state accolte; così come le chiamate di emergenza per i casi gravi attraverso Pronto soccorso o Forze dell’Ordine hanno trovato sistemazione nei luoghi convenzionati. L’attività presso gli sportelli di Aquileia, Gonars e Trivignano Udinese ha subito un qualche rallentamento poiché si era presenti solo su appuntamento. Particolari difficoltà non ci sono state anche perché abbiamo avuto sostegno economico per l’acquisto di tutti i dispositivi necessari grazie a COOP Alleanza 3.0, UNHCR, D.i. Re e fondi statali integrativi.

Ricordiamo a tutti che la violenza di genere non è solo fisica e spesso non viene presentato un solo tipo di violenza ma concorrono più elementi. Quali sono i casi a voi maggiormente segnalati? Qualcuno in particolare ha visto un aumento nelle segnalazioni nel corso del 2020?Nonostante la violenza fisica sia la forma più eclatante di violenza contro le donne, ci sono molte altre forme di violenza subite da tantissime donne e ragazze che devono essere tenute in considerazione: la violenza psicologica, la violenza economica, la violenza sessuale, lo stalking e il revenge porn.Considerando i dati interni della nostra Associazione rispetto alle tipologie di violenza subite dalle nostre utenti, il trend generale non si è modificato di molto tra il 2019 e il 2020. Le donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza nei due anni in questione, hanno riportano di subire violenze plurime; ma nel 100% dei casi quella psicologica si conferma la forma di violenza più subita dalle donne, seguita da quella fisica (2019: 54% dei casi; 2020: 61% dei casi) da quella economica (2019: 19% dei casi; 2020: 29% dei casi), poi da quella sessuale (2019: 7,4% dei casi; 2020: 12% dei casi) e infine dallo stalking e dal revenge porn (2019: 11% dei casi; 2020: 16% dei casi). Questi dati risultano essere in linea con il trend dei dati raccolti a livello nazionale D.i.Re.

Per concludere, raccontiamo un po’ della vostra associazione: quanti in questo momento gli operatori e i ruoli ricoperti? Ci sono volontari ed eventualmente come si può fare per aiutarvi? Quanti in questo momento i casi seguiti?L’Associazione è formata e gestita da sole donne che, nella maggior parte, sono volontarie: la Presidente, dott.ssa Francesca Vuaran, le componenti dell’Organo di amministrazione: prof.ssa Desa Mikulus, vicepresidente, dott.ssa Lucia Salatei, segretaria tesoriera, le consigliere sig.ra Nunzia Acampora e prof.ssa Carla Berini; le donne del Collegio di revisione dei conti; un gruppo di 10 operatrici di accoglienza con preparazione specifica; 5 operatrici consulenti psicologhe e/o psicoterapeute professioniste;  una avvocata consulente legale e un gruppo di 8 volontarie che cura le attività culturali/teatrali proposte da S.O.S. ROSA ODV in particolare durante due periodi dell’anno: 8 marzo e 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne). L’azione del CAV non si esaurisce nell’aiuto alle donne che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza, ma, come affermato nella seconda domanda, agisce per favorire un cambiamento di prospettiva culturale, per creare sensibilizzazione verso la problematica della violenza di genere operando in rete con i Servizi comunali, le FF.OO., il P.S. il Consultorio, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta (i figli minori sono sempre vittime di violenza assistita!), i servizi socio sanitari come il SERT e il CSM; inoltre, propone percorsi educativi/formativi nelle scuole di ogni ordine e grado poiché un problema così complesso non può essere efficacemente affrontato in modo settoriale, bensì complessivo: gli effetti della violenza domestica e di genere non ricadono solo sulla coppia, investono la società tutta.Le donne seguite attualmente dall’associazione sono in parte nuovi accessi – una decina – e in gran maggioranza – circa novanta – degli anni scorsi (sono pochissimi i casi di “dimissione”): infatti un percorso di uscita dalla violenza non si esaurisce in pochi incontri, continua per anni; a volte si interrompe per poi riprendere magari con maggior convinzione sicché i numeri statistici sono semplicemente indicativi di un fenomeno la cui emersione non è ancora avvenuta completamente.Per sostenere l’operato dell’associazione S.O.S. ROSA ODV si può agire in diversi modi: è possibile devolvere il 5 per mille indicando nella propria dichiarazione dei redditi il codice fiscale 91024640319; fare una libera donazione sul conto corrente IT 51 O 054 8412 400C C0461001942 nel caso si voglia detrarre l’importo donato dai propri redditi (detrazione del 19%); offrire la disponibilità ad accogliere donne vittime di violenza impiegate in progetti di formazione presso le proprie attività/botteghe artigianali o uffici (i costi sono sostenuti dall’Associazione S.O.S. ROSA ODV); informare il CAV al n. 0481 32954 di eventuali offerte di lavoro per le donne poiché la mancanza di autonomia economica è il peggior deterrente per la fuoriuscita dalla violenza.Non è invece possibile offrire una generica disponibilità al volontariato poiché, per poter operare nell’accoglienza, è necessaria un’approfondita formazione e preparazione specifica che si potrà ottenere anche presso il CAV attraverso la frequenza di corsi appositamente organizzati.