Referendum, elezioni ed altro (molto più importante)

Le consultazioni elettorali sono il sale della democrazia e, pertanto, vanno salutate sempre con rispetto e responsabilità. La politica, invece, denuncia vuoti e fughe; scarsa informazione, assenza o quasi di motivazioni, pressapochismo populista in grande auge. Al punto che con l’elettore, noi tutti, rischiamo di essere sommersi sotto manifestazioni di qualunquismo e di presunzione. Invece, l’appuntamento (e quelli che si annunciano fra alcuni mesi anche fra di noi) meritano tutta l’attenzione: viviamo in tempi di precarietà e di incertezza, la prospettiva di vedere protratto il tempo di assistenzialismi diversi aumenta e con essa anche quello di un indebitamento delle persone e delle famiglie oltre che dello Stato. Società e politica sembrano interessate ad allontanare più che a governare una crisi che avrebbe bisogno, invece, di mani ferme e di corrispondenza di popolo. Bucano il video, invece, solo immagini e notizie di gossip o poco meno; si esaltano privilegi che, di fronte ad un futuro di precarietà, gridano vendetta.  Niente si dice della crisi della sanità pubblica (per avere abbracciato strettamente quella “privata” anche religiosa), niente si spiega sulle chiusure dovute a tagli non certo decisivi anche per il bilancio, agli ospedali finanziati e mai aperti; ancora meno si chiede di rendere conto a chi ha guidato le politiche forsennate che stanno alla base dei disastri…molto di più del corona virus. La pubblica opinione ha la sensazione, invece che, la classe politica nel suo insieme è  tutta pronta -magari anche all’ennesimo mandato-  per altre cavalcate con le conseguenze che sappiamo per l’economia, la scuola, la sanità… i conti publbici.Tutto questo è politica -cioè bene comune- e di essa, niente o troppo poco si dice. Si chiedono voti plebiscitari e mandati per operazione future mai dichiarate apertamente. Trenta anni di impolitica e di politica priva di momenti di formazione e -in questo ultimo tempo- senza confronti, congressi dei partiti…all’insegna del metodo di colui che -in questo caso apertamente- pensava e voleva il superamento del parlamentarismo, cioè la fine della politica.  La quale è dibattito e confronto e non resa alle tesi dell’ultimo satrapo o del buffone di corte.La risposta, anche nella ristrettezza del tempo e del consenso, è una sola e positiva: rimettere all’ordine del giorno la formazione politica come impegno di tutti. Della cultura e della scuola, delle compagini esistenti, della stessa comunità ecclesiale. Non è una fuga dalle responsabilità del prossimo appuntamento (la posizione dell’editoriale di domenica scorsa è condivisibile) per noi solo referendario. Ha bisogno di accostarvi un atto di responsabilità concreto: creare luoghi di formazione alla politica, ricollegandola con le altre agenzie educative in nome del bene comune.Vogliamo provarci?