Raccontare le storie

Un archivio che attraversa un secolo di vita, raccontando la società del Goriziano partendo dall’esperienza di un sodalizio, l’Azione Cattolica di Gorizia, che dal 1922 a oggi non ha mai smesso di operare sul, nel e per il territorio. Un archivio che ha ripreso vita grazie al riordino operato in questi mesi dall’archivista Luca Olivo e sostenuto dalla responsabile, Barbara Spanedda, e dal presidente Paolo Cappelli che in mattinata hanno presentato il lavoro di mesi.A fianco a loro il soprintendente archivistico, Luca Caburlotto, e il professor Ernesto Preziosi, già responsabile del Centro Paolo VI di Roma. Caburlotto, dal canto suo, ha ricordato, la situazione archivistica regionale sottolineando come “ad archivisti siamo messi sostanzialmente bene. Le digitalizzazioni, come quella che si vuole operare qui, arrivano sempre per ultime per motivi economici. Sono, in ogni caso, lavori che devono essere precedute da ordinamento che va fatto da persone competenti. Quello che è il contributo degli uffici deve essere non solo quello amministrativo ma anche segnalazione di fondi economici, che possono scappare, ma anche di supporto”.Preziosi ha voluto puntare la propria relazione sull’esperienza di Roma, “matrice per le altre realtà in quanto è da esempio: Non è solo un archivio storico ma contiene anche riviste, libri come il materiale che si stampa a livello locale. È importante sia inserito in un circuito ben più grande”.Fondamentale, secondo Preziosi, “raccontare le storie: tutto l’archivio orale, quelli personali fatto di lettere, riviste, appunti, ma anche gli “archivi correnti”. Trovare il modo, anche con una catalogazione digitale, di non disperdere il lavoro corrente. Ogni volta, ad esempio, che finisce un triennio di presidenza, bisogna mantenere le testimonianze e riordinare quanto fatto”.Tante storie, tanti momenti storici diversi che si modificano. I primi contatti per il riordino sono avvenuti nell’estate 2020 e si tratta di “un archivio storico di cui si conosceva l’importanza e l’attualità”, ha ricordato Olivo. Un primo trasloco, dalla storica sede di Palazzo Strassoldo all’attuale, in via del Seminario, era avvenuto negli anni ’90 con un primo riordino. “Il riordino ricalcava la suddivisione interna dell’ente ma non fu previsto né redatto alcun elenco: è stato difficile intervenire all’interno dell’archivio stesso proprio per questo motivo”.Un percorso lungo che ha visto anche la presenza di fascicoli e volantini sciolti in disordine. “Il lavoro ha previsto che si mantenesse la divisione originaria seguendo le classificazioni interne all’ente. Quanto emerge – sono ancora le parole dell’archivista – è un quadro complessivo dell’intera associazione: prima dello statuto del 1969 e tutto il riordino seguente, con l’identificazione di gruppi omogenei. Il progetto si unisce a quello effettuato nell’arcidiocesi di Udine con la sezione locale”.Olivo ne ha approfittato per lanciare anche alcune proposte come il recupero della memoria di alcune “figure fondamentali come Camillo Medeot e Arnolfo de Vitor, e degli arcivescovi da Sedej a Margotti fino a Cocolin, ma anche le campagne e le sfide che l’associazione ha portato avanti tra gli anni ’80 e ’90”.