Politica estera: forse è cambiato tutto!

Ancora una volta i fatti hanno vinto sulle idee. Così nella vita e anche nella politica estera. Invisibile quanto potente, spetta al virus il merito di avere capovolto numerose situazioni; potentissimo l’effetto sull’Europa e sulla politica fra i popoli. Contraddizioni e limiti erano venuti alla luce da tanto tempo; scarsa lungimiranza e  soprattutto assenza di una linea di solidarietà insieme con noncuranza dei problemi altrui, avevano impedito quel passo in avanti che, facendosene vessillifero, Schuman -insieme con Adenauer e De Gasperi- aveva intuito oltre cinquanta anni fa, con l’impegno di dare vita non solo ad una federazione ma una vera Unione degli stati d’Europa.A cascata, prima la Brexit aveva rotto gli indugi, il risultato delle consultazioni europee e, in fine, la crisi economica e sociale provocata dal virus c 19… hanno scomposto tutti gli scenari e, riemergendo dall’antico sogno e progetto politico, è venuta alla luce la domanda di Europa. Una vera e propria esigenza insopprimibile che ha messo ai margini ogni ipotesi -ritenuta ineluttabile- da forme diverse di sovranismo. Pianta che – ancora – sembra essere ritenuta l’arma vincente delle anime populiste delle varie destre europee e portata come uno scalpo da diversi paesi appartenenti all’est europeo prima del 1989 e suffragati dalle promesse putiniane.L’Europa -attraverso alcune forti presenze (Francia e Germania e le alleanze rinate attorno al progetto europeo indicato dalle consultazioni elettorali- sembra avere messo da parte alcune paure e manifesta la volontà di tornare a respirare a pieni ritmo in attesa, soprattutto, che il secondo polmone quello dell’est possa esprimersi in comunione con quello occidentale.  Due polmoni – secondo la intuizione di papa Wojtila – per un unico obiettivo: la pace dei popoli e lo sviluppo umano nella prospettiva della “civiltà dell’amore”.Una ventata decisiva che ha trovato espressione -questa volta- il alcune donne chiamate a guidare Stati e istituzioni europee. Mani forti e insieme tenere verso una creatura, l’Unione europea ridotta a una grande sofferenza e incapace di darsi un progetto -come volevano i padri fondatori e la loro ispirazione ideale-  che vada oltre alla federazione e nella quale la pari dignità di tutti non consentisse a nessuno di pensare ai propri interressi.E, dalla diagnosi, la cura: più Europa, più riforme, meno disuguaglianze.  Un passaggio deciso, rispetto alle tesi che hanno inflazionato il recente passato: mercato, innovazione e megaprogetti; fino al punto da diventare finanziarizzazione di tutto, abbandono degli ultimi, complicazione burocratica e paesi fiscali a gogo. Dalla Banca d’Italia – fino a ieri contestatissima – sono venuti analoghi inviti a portare importo le necessarie e indilazionabili riforme per appunto ridurre i disagi sociali e aiutare tutti a fare un bagno di verità e di realtà. La lezione che viene dall’Europa, finalmente capace di parlare a nome di tutti e non sulla base degli interessi delle singole componenti, è tutta da ascoltare facendo sì che – vincendo la sfida della crisi economica e sociale – sia possibile anche vincere la causa indispensabile della Unione politica, con bilanci giustizia difesa e cooperazione, e con una forte leaderschip culturale nel mondo. Appunto, gli ideali dell’europeismo che è nel cuore dello “spirito di Gorizia”.Qualcuno contestava perché in casa c’era la bandiere a dodici stelle. E’ il caso di spolverarla e onorarla.