Pena, recupero, riparazione. Fatiche degli operatori e impegno sociale.

Mercoledì 13 febbraio scorso presso il Centro Pastorale “Cardinale G. Urbani” di Zelarino (VE) si è tenuto il convegno dal titolo “Pena, recupero, riparazione. Fatiche degli operatori ed impegno sociale”, promosso dall’Ispettorato Generale dei Cappellani del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Giustizia Minorile e di Comunità, dall’Unione Giuristi Cattolici Italiani e dalla Camera Penale Veneziana.

All’appuntamento ha partecipato l’Arcivescovo di Gorizia mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, accompagnato da don Paolo Zuttion e da alcuni volontari che prestano servizio presso la Casa Circondariale di Gorizia.

In apertura, dopo i saluti introduttivi del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia, è stato presentato il testo base “Per una pastorale della giustizia penale”, a cura dell’Ispettorato generale dei cappellani delle carceri italiane: un documento che si offre come uno strumento di lavoro per coloro che operano nella pastorale carceraria, affinché possano meglio comprendere i bisogni di chi è stato privato della libertà e proporsi come “tessitori di giustizia, capaci di offrire percorsi di riconciliazione” (scrive nella prefazione mons. Nunzio Galantino – già segretario generale della Cei, oggi presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica).

Nel corso del convegno si è discusso quindi del tema del recupero e della riabilitazione sociale di detenuti, ex detenuti e persone soggette a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, sia adulti che minorenni, attraverso lo sviluppo di interventi innovativi nell’ambito delle pratiche di giustizia riparativa e quindi attraverso attività di mediazione, messa alla prova e la partecipazione a percorsi di inserimento lavorativo, formazione e volontariato.

La giustizia riparativa è un modello promozionale che mette al centro non solo l’autore del reato, ma anche la vittima e la comunità coinvolta, proponendo attività di sostegno rivolte alle vittime e contrapponendosi al modello repressivo e punitivo della giustizia retributiva, la quale si limita a “retribuire” la parte offesa con un vantaggio e quella che offende con una perdita (sanzione, pena). La giustizia riparativa attiva un percorso di responsabilizzazione delle persone rispetto al reato commesso in un’ottica di comunità, ovvero coinvolgendo attivamente la vittima, il reo ed eventuali altri soggetti lesi dal reato, i quali partecipano alla risoluzione delle questioni emerse dall’illecito. Il fine è la ricerca di una soluzione condivisa fra le parti in un sistema partecipativo e inclusivo, ricerca di una soluzione che promuova la riparazione, la riconciliazione e il senso di sicurezza collettivo. Aderire a un percorso di giustizia riparativa significa perciò impegnarsi per ricomporre il patto sociale infranto con il reato.

Durante l’evento sono stati inoltre trattati più approfonditamente temi quali: i fondamenti etico-filosofici della pena, la riforma dell’ordinamento penitenziario, profili di giustizia riparativa e l’organizzazione carceraria e il recupero.

Alle relazioni infine sono seguite alcune testimonianze da parte di operatori che operano nell’ambito carcerario. Attraverso il racconto della loro esperienza sono stati offerti ulteriori elementi di riflessione in merito alla necessità di rafforzare il ricorso a programmi di giustizia riparativa e a percorsi di riabilitazione sociale, per attuare politiche carcerarie orientate al pieno reinserimento di detenuti, ex detenuti e persone soggette a provvedimenti dell’autorità giudiziaria nella società.

A tal proposito, la Diocesi di Gorizia da tempo si è dimostrata particolarmente sensibile al tema e dal 2017 mediante la Caritas e a una rete di partner qualificati ha promosso il progetto Disma. Il progetto si propone l’obiettivo di supportare detenuti beneficiari di misure alternative al carcere nel loro percorso di reinserimento sociale e d’integrazione socio-economica, lavorativa e abitativa.