Non stancarsi di pretendere verità e giustizia per Giulio

Per cinque anni, la richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni è stata segno di solidarietà con la famiglia e di supporto a chi lavora duramente per raccogliere fatti e testimonianze per aprire la strada ad una verità sancita dal giudizio di un tribunale. La strada è stata ufficialmente aperta il 20 gennaio scorso quando la Procura della Repubblica di Roma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio di quattro appartenenti agli apparati di sicurezza egiziani. Sono indicati come coloro che hanno sequestrato, torturato ed ucciso al Cairo il ventottenne giovane dottorando italiano tra il 25 gennaio e il due febbraio 2016. La strada è aperta, ma non priva di insidie. Chi per cinque anni ha depistato le indagini degli inquirenti italiani arrivando perfino ad uccidere cinque persone alle quali addossare la colpa dell’omicidio di Giulio, ha dimostrato e continua a dimostrare di non voler collaborare alla ricerca della verità, evidentemente molto scomoda per un regime dittatoriale che si trova in casa indagini sull’operato dei propri servizi segreti. Dubbi rimangono sulla reale volontà di collaborazione dell’Università di Cambridge, dalla quale Giulio era partito per svolgere la sua ricerca sul campo in Egitto. Qualche ombra pare allungarsi anche sull’attività delle istituzioni italiane nei primi giorni del sequestro. Cosa non ha funzionato nella valutazione e circolazione della notizia? Ci si è mossi tardi? In questi anni le pressioni del governo italiano su quello egiziano per una vera collaborazione nella ricerca della verità su quanto successo sono apparse deboli e, nei fatti, poco convincenti, se si considera che contemporaneamente la collaborazione economica e la fornitura di rilevanti armamenti all’Egitto non sono certo diminuite né sono state poste in discussione. Le navi militari, per esempio, sono state da poco consegnate alla marina egiziana. A tutto questo si aggiunge una nuova domanda: perché un telegiornale del servizio pubblico italiano ha deciso di trasmette, addirittura con l’enfasi della scritta ’esclusivo’, fotografie di Giulio e notizie contenute del fascicolo riservato della Procura della Repubblica? Chi ha voluto questa fuga di notizie e perché? Non spetta a noi il compito dell’indagine, ma non si può nascondere la preoccupazione per tutto quello che si muove e si muoverà attorno a questa fase del percorso verso l’aula del tribunale.Lunedì  25 gennaio scorso, nella ’inedita’ collocazione nella chiesa parrocchiale di Fiumicello, l’incontro organizzato nella ricorrenza dei cinque anni dalla sparizione di Giulio ha fatto risuonare il grazie per quanti hanno tenuto viva la solidarietà e la ricerca della verità, ma ha soprattutto chiesto di continuare a sostenere questo percorso. Essere giunti alla richiesta di rinvio a giudizio è solo una tappa ed ora la strada non sarà in discesa e richiederà che non si spengano i riflettori dell’attenzione e del sostegno a chi la verità la vuole ed ha il diritto di conoscerla. Quello che ormai viene chiamato il ’popolo giallo’ si è ancora una volta fortemente attivato in questi giorni attraverso i ’social’ per esprimere appoggio, solidarietà e attenzione. Sentimenti e volontà che si vanno estendendo in Italia, in altri Paesi ed anche nella nostra terra, quella che ha visto crescere Giulio Regeni. C’è un sempre più esteso impegno in questa direzione anche nella comunità cristiana diocesana e locale, che quest’anno ha offerto la propria chiesa come ’luogo dell’incontro’ nella ricorrenza dei cinque anni dal sequestro di Giulio. Claudio Regeni lo ha ricordato, ringraziando il parroco don Luigi Fontanot e l’arcivescovo Carlo per la loro vicinanza. Adesso, è in sostanza il messaggio che ha lanciato l’incontro del 25 gennaio, è importante non distrarsi e continuare a far sentire la presenza di una diffusa volontà di raggiungere verità e giustizia per Giulio Regeni. Difendere la ricerca della verità e la dignità di Giulio, è stato rilevato da più parti, è difendere tutte le persone alle quali, in Egitto ed altrove, la dignità viene negata e calpestata. E’ una battaglia perché i diritti della persona umana vengano ovunque rispettati.