Ma la funzione dei Cpr è ancora attuale?

Abituati alla sua silenziosa presenza, quasi ci dimentichiamo della sua esistenza e dell’esistenze delle persone che vi sono recluse.Poi accadono eventi tragici, come il suicidio avvenuto nella notte tra domenica e lunedì della scorsa settimana all’interno del CPR (Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo) e veniamo drammaticamente spinti ad interrogarci sul senso di tali strutture. Istituiti dal T.U. sull’Immigrazione (D.Lgs 286/1998) quelli che oggi chiamiamo CPR hanno avuto negli anni nominazioni diverse: CPT, CIE…nomi diversi per una medesima sostanza: sono luoghi di detenzione di cittadini stranieri in attesa di esecuzione dei decreti di espulsione.L’ultimo atroce gesto di R., 41 anni, marocchino, ci apre gli occhi davanti alla cruda realtà di rimpatri difficili da operare: mancanza di accordi bilaterali tra Stati e chiusura delle frontiere a causa del COVID hanno fatto sì che nel 2020 siano state rimpatriate meno della metà delle persone con decreto di espulsione. Il termine massimo di permanenza in queste strutture e di 120 giorni, al termine dei quali, se lo Stato non è riuscito ad operare il rimpatrio, le persone vengono rilasciate per decorrenza termini. C’è chi ha una rete di parenti e amici da cui fare ritorno. Ci sono altre persone, invece, per le quali rilascio è sinonimo di abbandono. Ed è spesso una solitudine piena di emarginazione, disperazione, devianza. Una spirale di declino che porta persone come R. ad entrare più volte nel CPR, conscio dell’inutilità di quella detenzione, perché il Marocco ha chiuso le frontiere, non si fanno rimpatri sul Marocco. Ma allora dov’è il senso di continuare ad inviare persone come R. nei CPR? R. questa volta il senso non lo ha più trovato e ha detto basta alla vita. Ad oggi ci troviamo davanti a delle detenzioni amministrative, quindi delle restrizioni della libertà individuale senza un procedimento giudiziale. Sono delle vere e proprie carceri, dove i detenuti sono privati della libertà senza però tutte le garanzie previste dall’ordinamento carcerario.Nei CPR convivono persone che hanno avuto trascorsi carcerari più o meno importanti, ma anche persone che senza avere precedenti penali, si sono trovate in condizione di irregolarità.Convivenze difficili, tra persone con storie e provenienze diverse, in un ambiente ristretto, maltrattato, privo di speranza. Il forte interrogativo che questa ennesima morte ci pone è se la funzione dei CPR è ancora attuale. Se il pensiero iniziale in base al quale queste strutture sono state istituite è ancora applicato e se è ancora applicabile.