Lavoro: bilanci e prospettive

Da ormai due anni siamo al centro di una pandemia che ha creato una situazione sanitaria allarmante. I reparti ospedalieri, al limite delle loro capacità, non riescono ad accogliere più pazienti non covid  che, pertanto, rimangono in attesa di una chiamata che, talvolta,risulta essere tardiva.La cronica carenza di personale è aggravata dall’assenza dei positivi al covid e di coloro che rifiutano il vaccino   costringendo chi è in servizio a turni massacranti.Risulta, peraltro, da indagini nazionali che prima della quarta ondata di covid, nel  Friuli Venezia Giulia erano state recuperate appena lo 0,7%  delle prestazioni specialistiche ambulatoriali rinviate per la pandemia su un totale di circa 215.000 da effettuare e l’1% di circa 6000 ricoveri; la regione occupava uno degli ultimi posti della classifica. Ma la pandemia non ha ripercussioni “solo” sulla sanità ma anche sulla società tutta.Dappertutto lo slogan “Andrà tutto bene” che era il live motive dei primi mesi del lockdown, è stato non soltanto dimenticato ma addirittura contestato nei fatti, particolarmente al nord del Paese, (Trieste ha fatto scuola). La situazione sanitaria, anziché coagulare la gente,  è stata divisiva facendo emergere  i lati peggiori dei singoli, un individualismo tale che certo non fa ben sperare per il futuro della società.E, parlando di società, il punto più importante è il lavoro, fondamentale per uscire dalla grave crisi economica che stiamo attraversando causa covid.Va preliminarmente rilevato come di lavoro si continua a morire, infortuni mortali si susseguono nonostante la materia sicurezza mai come oggi sia oggetto di corsi, interpellanze, proclami, ecc.In questo difficile contesto, l’isontino non vede l’aprirsi di molte prospettive di sviluppo. Il porto di Monfalcone, che è sempre stato ritenuto una delle possibilità di miglioramento della qualità occupazionale territoriale, non vede concretizzarsi in tempi brevi questa aspettativa.La fusione dei Consorzi di sviluppo di Gorizia e Monfalcone con quello di Trieste evidenzia il ruolo secondario dell’isontino rispetto all’area giuliana, all’orizzonte non si vedono segnali che indichino un salto di qualità per il nostro scalo e l’indotto territoriale. La mancanza poi, di prospettive di insediamenti industriali ad alto valore aggiunto, rende il tutto ancora più problematico a livello occupazionale, con ripercussioni inevitabili sul commercio che si troverà a far fronte ad una clientela sempre più priva di mezzi. L’industria principale continua ad essere la Fincantieri a Monfalcone, unico cantire in Italia che gode di buona salute, che ha un carico di lavoro garantito fino al 2024 e trattative in essere (già date per concluse) per 50 costruzioni navali di vari settori: commerciali, passeggeri, militari, ecc. Attualmente gli occupati diretti, operai, impiegati e tecnici, sono 1630 e si parla di future assunzioni di personale specializzato. Quindi vi è, ed è previsto, un ringiovanimento delle maestranze che ha fatto sì che le RSU di fabbrica abbiano avanzato la richiesta di un asilo aziendale dopo oltre trent’anni dalla chiusura del precedente.  Il personale specializzato, sicuramente, non verrà trovato in toto nell’isontino, non è disponibile al supermercato ma va debitamente formato. Le ditte appaltatrici (e subappaltatrici) dello stabilimento contano circa 5000 dipendenti con tutte le problematiche che la non completa trasparenza nei rapporti di lavoro crea anche per il territorio.Continuano invece a non essere molto chiare le prospettive industriali della Nidec (ex Ansaldo) a Monfalcone dove prosegue la cassa integrazione.L’unico settore che attualmente non è in sofferenza è l’edilizia che, grazie agli incentivi nazionali, gode di ottima salute, un po’ meno i committenti dei lavori in quanto tutti i costi dei materiali, per effetto degli aiuti, sono quadruplicati.