Laici nella Chiesa: il tempo della reponsabilità

Negli anni 70 del secolo scorso, nella esplosione dell’entusiasmo post-conciliare un ruolo importante la ebbe la riscoperta del ruolo dei laici nella Chiesa come adulti responsabili e partecipi, non più sudditi o al massimo solerti collaboratori. Oggi, a dopo più di 50 anni da allora e dopo una pandemia, che ha messo in discussione, un intero impianto sociale cosa rimane di quella eredità conciliare? Oggi Papa Francesco attraverso il percorso Sinodale che ha proposto alla Chiesa Italiana ci richiama ad una rifondazione, quanto piuttosto ad un discernimento per costruire una Chiesa capace di riscoprire la freschezza e  l’essenzialità del messaggio evangelico, capace di rimettersi in sintonia con l’uomo contemporaneo. Potremmo dire una sorta di ultima chiamata, pena la condanna ad una irrilevanza a cui oggi sembra condannata. Il messaggio di Francesco ha lanciato in questi anni attraverso il suo pontificato e le sue encicliche in particolare la Laudato si e la Fratelli tutti è un forte richiamo alla necessità di ricostruire relazioni dentro e fuori la Chiesa nella consapevolezza che “siamo tutti sulla stessa barca”. Ma cosa significa oggi sviluppare un cammino sinodale?. In primo luogo riscoprire l’etimologia della parola sinodo cioè “camminare insieme” ovvero vivere una Chiesa dove tutti, laici pastori, vescovo di Roma camminano insieme. Parole chiave di questo cammino sono comunione, missione, partecipazione e corresponsabilità. Secondo queste direttrici siamo chiamati a riesaminare le strutture, gli stili, i processi e le modalità di esercizio del potere allo scopo di riuscire a trovare cammini nuovi per ritrovare una credibilità. Il concetto stesso di Sinodo come cammino ci deve far pensare che dobbiamo pensare ad una Chiesa come al “santo popolo fedele di Dio  in cammino nella storia, con gioie e dolori” (Lg 12). Papa Francesco sottolinea anche che per fare ciò è necessario il coinvolgimento di tutti i membri del popolo di Dio. Il Sinodo deve pertanto diventare l’occasione di riavviare e rafforzare quel dialogo tra pastori e laici, quell’ascolto reciproco che è più che il semplice sentire.Ecco allora la riscoperta della Chiesa come popolo di Dio che trova nel Battesimo il proprio compimento, e nei carismi la propria vocazione. Ecco perchè come laici di Azione cattolica e non dobbiamo comprendere che non siamo dentro la Chiesa semplici utenti e nemmeno una controparte, ma un pezzo della stessa famiglia, un ponte verso il mondo, un prezioso deposito di competenze e responsabilità.Il Concilio Vaticano II stesso sottolinea come i laici siano “in forza del loro Battesimo e del loro naturale inserimento nel mondo chiamati ad animare ogni ambiente, ogni attività, ogni relazione umana secondo lo spirito evangelico in comunione con i pastori. Dai Sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale (Gaudium et spes 43)”.Ecco che come Azione cattolica ci mettiamo al servizio in questo cammino sinodale, che non deve essere un piano da programmare e realizzare, quanto piuttosto uno stile da incarnare. “Fare Sinodo non è guardarsi allo specchio, neppure guardare la diocesi o la Conferenza episcopale ma camminare e camminare insieme al Signore e verso la gente”. La laicità in tal senso deve essere un “antidoto alla astrattezza”, il percorso sinodale deve condurre a delle scelte, e l’Azione cattolica deve diventare una palestra di Sinodalità all’insegna del dialogo, discussione, vogliamo aiutare la Chiesa e la società a ripensare quale umanità vogliamo essere, quale mondo vogliamo costruire, generatori di speranza per le nostra chiesa locale e per il nostro paese.