La Festa della gratuità

Festa del volontario, festa della gratuità come significato primo ed ultimo della vita. Festa di una generosità non occasionale e autoreferenziata, perché il volontario prima che rispondere ad un’esigenza propria (quella di realizzare sé stesso) risponde al bisogno concreto di qualcuno.E così facendo realizza sé ma soprattutto crea solidarietà e fiducia nel tessuto umano in cui vive.Di volontariato non può fare a meno la società e quindi anche la comunità ecclesiale.È una bella cosa che associazioni, gruppi e istituzioni civili e religiose si trovino assieme a riconoscere il valore dei volontari: donne e uomini insieme che donano parte del loro tempo per la crescita del bene comune.Nessun servizio sociale remunerato può bastare alle esigenze della società, perché questa nasce e si sviluppa a partire dalla generosità condivisa.Non sono gli interessi umani a bastare nella costruzione del tessuto umano e sociale: questo nasce se ci sono anche (e soprattutto) gesti di generoso e continuato servizio.Se è importante il riconoscimento della gratuità in chi svolge un servizio volontario, è altrettanto importante che di tale generosità non si approfitti a scapito della professionalità remunerata.Il rapporto tra ruoli professionali e ruoli volontari è complesso, difficile ma necessario; da stabilirsi in base alle disponibilità umane ed economiche di una società.Nessuno deve approfittare della generosità degli uni o della professionalità degli altri per puri interessi utilitaristici e per questo sono necessari percorsi educativi di riconoscimento di entrambe le dimensioni nella vita delle persone.La generosità di un volontario si misura poi nella disponibilità a promuovere e coinvolgere nel proprio esercizio la generosità di altri.Il vero volontario non si fa padrone del servizio che offre.È invece un testimone di altruismo, aiutando altri a condividere e poi prendere il proprio posto.Non è, questo, un percorso facile.Troppe volte la disponibilità ad aiutare gratuitamente si traduce in affermazione della propria persona arrivando persino a non lasciare spazio ad altri. La gratuità si trasforma così in potere, spesso giustificato sulla base della propria competenza.È una dimensione questa che non fa crescere la gratuità sociale, anzi la soffoca.Chi ha la responsabilità nell’organizzazione dei servizi volontari è chiamato a tenere conto di queste dinamiche. L’ambito ecclesiale è testimone speciale di queste realtà, dato che i servizi che in esso si svolgono sono sempre di carattere volontario.Per questo è necessario che siano regolati dagli organismi che governano i servizi offerti.La comunità cristiana – nei suoi livelli diocesano, parrocchiale, associativo e di gruppo – deve essere esempio di consapevole responsabilità nei confronti degli aspetti di potere che anche involontariamente si insinuano nelle attività di servizio ai fratelli. Penso a operatori Caritas, catechisti, economi, sacrestani… alla difficoltà del loro necessario ricambio o per indisponibilità a fare spazio ad altri da parte di chi sta operando o semplicemente perché non ci sono altre persone che si rendono disponibili ad affiancare o sostituire un operatore/operatrice. In questi casi il volontariato non cresce e con esso la società ecclesiale o civile.Un incontro anche di preghiera, quello del prossimo sabato 17 settembre,  perché lo Spirito, che è vita, mantenga vitali le relazioni di generosità e retribuzione, di affezione e distacco, di continuità e condivisione…