La Domenica del mare

Nell’ottobre del 1920 a Glasgow, in Scozia, dopo alcuni anni di attività svolta in modo informale, viene costituito l’Apostolato del Mare che si pone l’obiettivo di dare ai marinai e alle loro famiglie tutta l’assistenza necessaria per una dignitosa vita e una cura spirituale, tanto a bordo quanto a terra. Ha avuto inizio così un infaticabile impegno verso la gente di mare fatto di visite a bordo delle navi, distribuzione di materiale religioso, svolgimento di momenti di preghiera e celebrazioni, allestimento di luoghi di ricreazione.

Le originiI primi passi, in realtà, risalgono già alla fine del 1800 quando, sempre a Glasgow (sulla scia di quanto accadeva già nell’ambito della chiesa anglicana), ad opera di un sacerdote gesuita si iniziò a gettare le basi per un’assistenza religiosa dei marinai, persone che facevano parte di un mondo che già allora era visto come luogo violento e di perdizione, più incline alla superstizione che alla fede religiosa. Probabilmente tutto ciò accadeva proprio perché non c’era ancora stata un’attenzione pastorale organizzata nei loro confronti.A partire dal 1920 comincia così a diffondersi l’opera dell’Apostolato del mare con l’intenzione di dare ai marinai un riferimento in ogni porto di arrivo, un luogo dove mantenere viva la fede nonostante i lunghi periodi a bordo, lontani dalle famiglie e città di provenienza. Oggi l’Apostolato del mare assiste marittimi, pescatori e le loro famiglie in tutto il mondo, con una presenza in oltre 260 porti di 55 Paesi, con oltre 200 cappellani di porto e centinaia di volontari.

L’oggiNel corso di questo primo secolo di vita ma soprattutto negli ultimi decenni molte cose sono cambiate: le dinamiche commerciali, lo sviluppo tecnologico e l’evoluzione della normativa marittima. Sono cambiati gli aspetti commerciali, non si tratta più solo di movimentare merci ma si è aggiunto tutto il comparto turistico fatto di navi da crociera e traghetti, sono cambiate le modalità di composizione degli equipaggi (è privilegiato l’aspetto economico, i marinai provengono in gran parte da paesi con un costo della manodopera inferiore), anche il mondo della pesca è tuttora oggetto di forti cambiamenti. Non sono cambiati invece i sacrifici e i rischi a cui deve far fronte chi prende il mare per guadagnare da vivere per sé e la propria famiglia.A caratterizzare ancora oggi la vita dei marittimi è la lontananza da casa e dagli affetti solo in parte lenita dai moderni strumenti di comunicazione, dei quali non tutti i marittimi però possono usufruire durante la navigazione ma, dove possibile, solo durante le soste in porto. Accanto a questo i rischi: in alcune zone è forte il pericolo della pirateria (diverse decine gli episodi ogni anno); non mancano purtroppo episodi di sfruttamento del lavoro (straordinari non pagati, permanenza a bordo prolungata oltre il contratto) e di infortuni gravi dovuti all’ambiente di lavoro.Di fronte a tutto ciò anche la cura e l’assistenza spirituale e morale di chi transita nei porti si è modificata, nelle forme e nelle modalità ma non nello spirito iniziale, dotandosi di nuovi strumenti e sviluppando anche un lavoro di sensibilizzazione del territorio, perché, va ricordato, che l’Apostolato del mare non è un’opera dovuta a persone di buona volontà ma è un’attenzione dell’intera chiesa locale (come si evince dal Motu proprio “Stella Maris” di Giovanni Paolo II – 31 gennaio 1997) e delle comunità cristiane delle città portuali in particolare che, quindi, sono chiamate a farsene carico.

La realtà diocesanaNel territorio dell’Arcidiocesi di Gorizia è presente il porto di Monfalcone, dove il transito di marittimi arriva alle diverse migliaia di persone ogni anno, provenienti per la quasi totalità da paesi asiatici e dell’est Europa suddivisi in una trentina di nazionalità diverse (i marinai italiani sono una minima percentuale); il porto così è un crocevia e luogo di incontro di popoli e culture, ognuna con il suo patrimonio e ogni marinaio con il suo bagaglio di vita personale. Per rispondere alle esigenze di queste persone in transito nel porto è stata costituita nel 2012 l’Associazione Stella Maris Monfalcone (successivamente intitolata ad “Egidio Bullesi”, splendida figura di giovane apostolo innamorato del Vangelo).Grazie all’opera di volontari e soci è possibile ogni anno effettuare circa 250 visite a bordo ed assistere oltre un centinaio di marittimi in diverse necessità, da un semplice aiuto nel risolvere problemi con la telefonia al fornire le indicazioni per muoversi in città. La sede della Stella Maris, aperta alle visite dei marittimi è un logo di svago con la possibilità di connessione a internet ma anche un luogo di raccolta e ascolto delle storie, delle difficoltà, delle speranze, delle confidenze dei marittimi, in questi anni è stato possibile, due esempi fra i tanti, gioire con un marittimo filippino a cui era appena nata una bambina ma anche condividere le preoccupazioni di un marittimo siriano per la sua famiglia in un paese in guerra e che non vede da molti mesi.L’associazione è costituita come organizzazione di volontariato e sostenuta da fondi privati dei soci e simpatizzanti (in particolare il Propeller Club di Monfalcone), da contributi degli istituti bancari del territorio e dall’otto per mille alla Chiesa Cattolica Italiana; contributi fondamentali per la gestione dell’associazione, per lo svolgimento delle attività dei volontari di assistenza ai marittimi e di sensibilizzazione della comunità e per aggiungere nuovi obbiettivi per il futuro.

“Non siete soli e non siete dimenticati”Il 12 luglio prossimo si celebrerà, come ogni anno, la Domenica del mare, un’occasione per un ulteriore momento di riflessione sulla situazione di vita della gente di mare, quest’anno è particolarmente significativa in quanto in questi mesi la vita dei marittimi si è ulteriormente complicata a causa dei provvedimenti presi dai vari Paesi per arginare l’epidemia da Covid 19.Molti marittimi sono stati costretti a rimanere a bordo delle navi prolungando la loro permanenza in quanto non era possibile il rientro a casa, va ricordato che la maggior parte di loro naviga su rotte che non passano per il loro paese di provenienza, si pensi ad esempio ai marittimi filippini imbarcati su navi mercantili che fanno rotta tra Europa e nord e sud America, oppure imbarcati sulle navi da crociera. Non era possibile quindi per loro sbarcare e prendere, come di solito accade, un aereo per far rientro a casa e nemmeno era possibile per chi avrebbe dovuto “dare il cambio” arrivare per imbarcarsi, era tutto bloccato, solo i traffici commerciali proseguivano e ai marittimi non restava altro che rimanere a bordo senza poi neanche la possibilità di sbarcare a terra durante le soste nei porti. Grossi problemi ha avuto anche il settore delle navi da crociera con diverse situazioni critiche dovute alla necessità di trattenere a bordo non solo il personale ma anche turisti e passeggeri. La permanenza e, in molti casi, la convivenza forzata hanno messo a dura prova i marittimi dal punto di vista della tenuta psicologica e, purtroppo, sono stati registrati a bordo di alcune navi anche episodi di violenza e qualche marittimo è giunto addirittura a togliersi la vita. Anche Papa Francesco, in un suo messaggio di mercoledì 17 giugno, ha voluto ricordare i marinai e i sacrifici che stanno facendo in questo periodo, ringraziandoli del lavoro che svolgono, assicurando loro vicinanza e preghiera: “Il vostro lavoro da marittimi e pescatori è diventato ancora più importante, per assicurare alla grande famiglia umana cibo e altri generi di prima necessità.Di questo, noi vi siamo riconoscenti” […] “Sappiate che non siete soli e non siete dimenticati. Il vostro lavoro in mare vi tiene spesso lontani, ma voi siete presenti nelle mie preghiere e nei miei pensieri”.Si ringrazia fin d’ora quanti, nelle varie celebrazioni liturgiche di domenica 12 luglio, volessero rivolgere un’intenzione di una preghiera per i marittimi, i pescatori e le loro famiglie.