Il desiderio di migliorare sempre – Gocce di Carità

Proseguiamo nel racconto di storie di uomini, donne, famiglie, coppie che, tramite l’incontro con la Caritas diocesana e parrocchiale, hanno trovato il sostegno non solo “istituzionale” ma anche l’abbraccio dell’intera comunità.Oggi vi raccontiamo la storia di una donna, che preferisce rimanere anonima: una vita purtroppo segnata dalle difficoltà, alle quali tuttavia ha sempre saputo far fronte, anche e soprattutto per l’amore verso i propri figli. Ad un certo punto, a causa anche di alcuni problemi fisici, la sua strada si è incrociata con quella della Caritas che, in un momento particolarmente buio, l’ha aiutata almeno in parte a trovare una luce e oggi affronta il futuro con uno sguardo alle nuove possibilità che, davvero di cuore, le auguriamo arrivino presto.

“La mia storia inizia da qui.Sono nata in Calabria negli anni 50. Mia mamma era una commerciante di olio e vino, che consegnava di casa in casa. Mio papà è morto quando avevo pochi mesi, lasciando sola mia mamma con quattro bambini da sfamare, di cui io ero l’ultimogenita.Anni dopo, per prima la mia sorella più grande decise di trasferirsi in Piemonte nel tentativo di trovar fortuna, per poi far salire noi fratelli e nostra madre. Avevo circa 10 anni quando mi trasferii, lasciando la terra che tanto amavo.Ho iniziato a lavorare a 10 anni e mezzo come parrucchiera, dove avevo la responsabilità di aprire e chiudere il negozio.AI tempo la scuola era importante sì, ma Iavorare lo era di più, per questa ragione ho lasciato gli studi elementari, per poi prendere la terza media da adulta.Dopo varie vicissitudini, all’età di 20 anni conobbi quello che divenne mio marito, un uomo più grande di me, di molti anni.Ebbi due figli a pochi anni di distanza, per poi aprire un’attività commerciale, che durò diversi anni.Persi mia madre all’incirca a metà degli anni 80. Anche se molto severa, per me è sempre stata come una guida. Pochi anni dopo mi lasciai con mio marito e conobbi quello che sarebbe divenuto il padre del mio ultimo figlio, avuto negli anni ’90. I due figli più grandi, uno dei due già maggiorenne, rimasero con loro padre.Dopo qualche tempo, iniziarono le incomprensioni con il nuovo compagno, diventando sempre più numerose, tanto che talvolta subii dei maltrattamenti, che al tempo vennero ignorati da tutti.Rimasi al suo fianco per più di 10 anni, quando decisi che era arrivato il momento di vivere la mia vita in pace assieme all’ultimo dei miei figli.Nel 2000 mio marito, il padre dei miei due figli mancò. Disse che non aveva mai acconsentito al divorzio per lasciarmi quella piccola pensione, in modo che potessi crescere l’ultimo dei miei figli.Crescere un figlio da sola si rivelò difficile, ma ho sempre dato tutta me stessa per farlo.Per tirare avanti, oltre alla pensione, ho sempre cercato di fare alcune ore come assistenza agli anziani, i cantieri lavoro per il Comune e altri piccoli lavoretti per tirare avanti.Dopo aver cambiato diverse case, trovammo una tregua in una casa comunale poco abitabile, che doveva essere solamente temporanea, ma il Comune ci “dimenticò”, facendo reiterate promesse sullo spostamento in un alloggio a canone agevolato, mai mantenute.Con le mie disponibilità economiche, riuscii a far studiare mio figlio fino alla terza media, benché avesse sempre dimostrato le capacità per poter continuare gli studi.La lontananza dal padre e le compagnie “sbagliate”, tra cui una ragazza che fece di tutto per fargli fare ciò che lei desiderava, come accoglierla in casa nostra per poi lasciarlo nel peggiore dei modi, Io fecero piombare nella depressione. Questa cosa distrusse anche me, ma cercai di tirarlo su, intimandolo ad andare avanti.A quel tempo svolgevo i cantieri lavoro, però un problema medico trascurato per troppo tempo mi impedì di continuare a lavorare. Infine mi operai, ma qualcosa nell’intervento andò storto, tanto che non riuscii più a deambulare bene, costretta a Ietto e bisognosa di una persona sempre pronta accanto a me, che mi portasse anche solo in bagno.Mio figlio, dopo anni che non aveva più rapporti con il padre, iniziò a sentirlo. L’unica cosa che decise di fare per suo figlio dopo tanti anni, senza che gli chiedesse nulla, fu aiutarlo a prendere la patente, cosa che mio figlio non poté fare per i nostri problemi economici. Dopo quello, sparii di nuovo.Nel tentativo di cambiare questa situazione, insostenibile sia per me quanto per mio figlio, anche se non ben disposti, grazie all’aiuto di uno dei miei figli più grandi mi trasferii in Friuli Venezia Giulia, dove i dottori riuscirono ad aiutarmi (ma ancora oggi non sono guarita del tutto).Fu dopo quel breve periodo che trovammo l’aiuto della Caritas, che per quanto possibile ci diede una mano soprattutto nel pagamento delle utenze quali luce e gas.Oggi il desiderio è quello di riuscire non solo a migliorare la nostra situazione, ma anche quella di tornare in Piemonte, dove io e mio figlio abbiamo lasciato una parte del nostro cuore”.

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RingraziamentiIl sostegno alla Caritas Diocesana per i progetti e le opere di aiuto a chi si trova in difficoltà, continua ad essere notevole.In particolare vorremmo ringraziare di cuore i coniugi B.F. e N.C per la generosa offerta di 1.000 euro a sostegno dei progetti di aiuto legati all’emergenza Covid.Continuano a pervenire aiuti per il Fondo Scrosoppi, di cui ringraziamo il sig. T.M. per la donazione di 400 euro, il sig. D.P. per la generosa donazione di 1.000 euro, come pure i sigg. M.M. e C.G. per 1.500 euro. Anche grazie a questi sostegni economici, il fondo ha potuto aiutare in questi primi cinque mesi di operatività 33 nuclei familiari per un totale di 86 persone di cui 36 minori di 18 anni.Infine ringraziamo le persone non si sono dimenticate del servizio ininterrotto dei Centri d’ascolto, come ad esempio il sig. M.U. che ha elargito 500,00€.