Fra indifferenza e sclerocardia

Mentre leggete questo editoriale in tutto il mondo si stanno combattendo una trentina di sanguinosi conflitti. Alcuni di essi sono relativamente “recenti”, altri si trascinano da decenni ma tutti, comunque, hanno in comune l’avere provocato sino ad oggi centinaia di migliaia di morti e costretto milioni di persone alla fuga.Nella maggior parte dei casi tutto questo si è svolto nell’indifferenza nostra e di tante persone.Anzi coloro che hanno bussato alle nostre porte sono stati accolti sempre più frequentemente da muri e barriere di filo spinato, guardati con diffidenza e relegati in centri dove l’accoglienza si fermava alle denominazioni sui documenti ufficiali.Quanti fra gli esponenti politici, anche nel nostro Paese e nel nostro territorio, hanno basato la propria fortuna elettorale alimentando la paura dell’invasione dinanzi ad alcune migliaia di uomini e donne giunti fra noi alla ricerca di un futuro segnato da anche una minima speranza di vita?La tragedia che il popolo ucraino sta vivendo sembra avere, finalmente, smosso quell’indifferenza più volte denunciata da papa Francesco.E ritornano, profetiche,  le espressioni che pronunciò nella basilica di San Pietro il 15 novembre 2020 durante la celebrazione della Giornata mondiale dei poveri: “Oggi, in questi tempi, di incertezza, in questi tempi di fragilità, non sprechiamo la vita pensando solo a noi stesso, con quell’atteggiamento dell’indifferenza. Non illudiamoci dicendo: “C’è pace e sicurezza!”.La corsa alla solidarietà – espressa nella raccolta di generi di prima necessità, nell’offerta di denaro, nella messa a disposizione di appartamenti, nell’accoglienza nelle proprie case di persone sino a ieri estranee – è anche la diretta conseguenza dell’avere finalmente compreso in questo tardo inverno del 2022 che la guerra non è qualcosa di astratto, di ormai temporalmente lontano e definitivamente passato.La guerra è un qualcosa di terribile che improvvisamente può entrare nella vita di ciascuno di noi, colpendo i nostri affetti ed i nostri beni, cambiando radicalmente la nostra esistenza, costringendoci a nostra volta a farci profughi dopo averci strappato dalle nostre sicurezze e affidandoci alla speranza che qualcuno ci offra il suo aiuto, ci apra le porte della sua casa.Ecco. Forse quello che stiamo vivendo è il momento giusto per capire perché non ha mai avuto senso parlare di profughi veri e non veri: chi è costretto ad abbandonare le proprie radici ha sempre un motivo per farlo, non compie mai questo passo con superficialità. Un motivo che noi non possiamo giudicare con il nostro metro di valutazione.Comprendere tutto ciò sarà un passo decisivo per guarire dalla sclerocardia che indurisce troppo spesso il nostro cuore ma anche una risposta a chi conta e contava proprio sulla nostra indifferenza per usare la paura dell’altro ma anche la guerra e la violenza per il proprio personale interesse.