Dove sono le assemblee di coloro che i cittadini hanno eletto?

Sei maggio 1976, ore 21. Una scossa ed un boato portano la gente fuori della case anche a Monfalcone. Ci si interroga, cosa e dove? Le ore seguenti e la mattina dopo resero evidente la tragedia che aveva colpito il Friuli in quella sera troppo calda di maggio. Una scossa di terremoto di 59 secondi aveva seminato morte e distruzione nella zona a nord di Udine: si contavano 989 morti, 3.000 feriti e quasi duecentomila persone rimaste senza casa; scuole, fabbriche e piccole aziende distrutte. Oggi i giovani conoscono tutto questo solo attraverso i racconti dei genitori e dei nonni o vedendo foto e documentari. Il Friuli è rinato. Grazie, certo, alla solidarietà nazionale e mondiale, ma anche alla lungimiranza di amministratori regionali e locali che hanno scelto il metodo del dialogo, convincendo anche il Parlamento che l’unità di tutte le forze politiche e sociali era l’unica strada per far risorgere quei paesi ridotti ad un cumulo di macerie. Pur politicamente distanti e contrapposti, gli esponenti delle forze politiche scelsero la strada del dialogo e del confronto per dare leggi e provvedimenti in grado di affrontare l’emergenza e progettare il futuro. Una scelta ed una strada non facile, ma consapevolmente voluta da tutti affinché fosse possibile la migliore risposta alla tragedia che aveva coinvolto la popolazione del Friuli e dell’intera regione. Un metodo di lavoro che, valorizzando ogni livello amministrativo e istituzionale, non aveva tolto le differenze politiche, ma aveva creato le condizioni per una risposta di tutti al bisogno di chi era stato duramente colpito. Un metodo che ha dato la misura della statura morale e della competenza politico-amministrativa di chi ha avuto in sorte il compito di affrontare quell’immane tragedia. Tra un mese saranno passati 44 anni. A Monfalcone solo un anno prima era stato eletto sindaco per la prima volta, dopo decenni di sindaci democristiani, un esponente della sinistra, il socialista Gianni Maiani. Il dibattito ed il confronto politico erano accesi anche qui, dove problemi del lavoro e della vita sociale erano pesanti. La risposta di Monfalcone al terremoto che aveva colpito il vicino Friuli è passata attraverso il coinvolgimento costruttivo di tutti. Ci fu un comitato di coordinamento e si videro operare “con spirito di umana solidarietà e in clima di strettissima collaborazione operativa, la Giunta comunale, i gruppi consiliari, rappresentanti della Confederazioni sindacali, della Associazioni culturali, sportive, commerciali, industriali e di categoria, studenti, rappresentanti delle forze politiche, giovani e sacerdoti delle comunità parrocchiali, funzionari e dipendenti del Comune, gruppi di volontari, radioamatori, speleologi, scout e tanti altri che non è materialmente possibile elencare” (Bollettino del Comune, luglio 1976). Tempi passati. Oggi siamo di fronte ad un nemico, se possibile, peggiore “dell’Orcolat” che ha raso al suolo i paesi del Friuli, perché non solo ha messo in discussione il nostro oggi, le nostre certezze, il nostro modo di vivere, studiare e lavorare ed ha provocato morte e sofferenza da noi, in Italia e nel mondo, ma ci pone gravi interrogativi sul nostro futuro. Non c’è solo la sua subdola e veloce capacità di uccidere che richiede risposte adeguate dalle istituzioni e dai cittadini. Questo virus ha avuto la forza di rendere visibili le nostre difficoltà di relazione, la precarietà delle istituzioni alle quali avevamo affidato, nel Paese, in Europa e nel mondo, il compito di gestire e condurre la società verso un benessere diffuso ed una giusta ripartizione delle risorse. Dobbiamo però registrare anche la sua capacità di amplificare pesanti difetti della nostra organizzazione sociale e politica. Il dialogo ed il confronto politico sono diventati, purtroppo da molte parti, insulto gratuito, inganno, urla scomposte e ricerca di un tornaconto politico personale, anche quando ci si fa paladini delle giuste richieste dei cittadini. Un giorno si dice una cosa ed il giorno dopo l’esatto contrario; ma tanto, correttezza, competenza, confronto e dialogo non servono a chi vuole governare, magari da solo, attraverso le paure, meglio se individuate di volta in volta ad arte e diffuse dal direttore a tutta l’orchestra fino all’ultimo pifferaio. E tutto questo con l’amplificazione dei moderni “social” dove la verità e la menzogna si diffondono con parvenze di pari dignità. Dove il politico può dire ciò che vuole senza possibilità di un contraddittorio o, almeno, di una domanda di chiarimento. Dove sono le assemblee di coloro che i cittadini hanno eletto? A tutti i livelli. Le tecnologie ci permetterebbero di tenere ed assistere ad assemblee anche ’a distanza’, a causa del famoso virus. Confrontarsi e dialogare presuppone che si abbiano idee, progetti, prospettive da mettere sul tavolo per cercare assieme le soluzioni migliori al nostri non pochi problemi, di oggi e del futuro. Forse è questo che manca? Forse questa mancanza ci fa assistere a show personali invece a che a veri confronti su cosa fare per il bene di tutti. Non mancano oggi persone che testimoniano amore per la propria professione e vero rispetto per il prossimo, che arrivano a sacrificare la propria vita per il bene degli altri, per le quali molti “grazie” suonano come ipocrisia di un tardivo riconoscimento. Non manca gente di buona volontà, non mancano amministratori che danno tutte le proprie energie. Manca buona parte di classe politica che comprenda il significato di questa emergenza e si metta a lavorare assieme senza pensare al tornaconto elettorale. Occorre ridare speranza e prospettive e poi si tornerà civilmente a confrontarsi nell’agone delle scelte politiche, ma ora non è tempo di campagne elettorali. E’ in ballo il futuro, in grande, ma anche nel nostro piccolo, a Monfalcone e dintorni.