Dialoghi da rivedere

Don Anatolii Postolovych è un sacerdote, ucraino, che presta il suo servizio come educatore presso il seminario della diocesi di Kamianets – Podilskyi, situata al centro-ovest del Paese al confine con la Romania e la Moldavia e non distante dalla Transnistria, altro territorio in cui, proprio negli ultimi giorni, si registrano nuove tensioni.Grazie all’aiuto di don Giulio Boldrin, ex compagno di studi di don Anatolii, siamo riusciti a contattarlo e ci siamo fatti raccontare proprio da lui, che purtoppo vive la guerra – anche se distante dal suo territorio – assieme alla sua comunità ogni giorno sulla pelle quale sia la situazione sul territorio, le percezioni sull’andamento del conflitto, anche e soprattutto dal punto di vista del dialogo interreligioso.

Don Anatolii; iniziamo commentando dal suo punto di vista le recenti dichiarazioni di papa Francesco al Corriere della Sera – dove ha affermato la volontà di recarsi a Mosca per tentare un dialogo con Putin e ha “rimproverato” il patriarca Kirill invitandolo a usare non il linguaggio della politica ma quello di Gesù – e i suoi svariati tentativi e richiami alla pace, continui. Cosa ne pensa? Quali passi dovrebbe compiere secondo lei il Santo Padre come segno “forte”?Prima di rispondere a questa domanda vorrei far notare una cosa molto importante. Nella situazione in cui ci troviamo per noi il mondo praticamente è diviso in due parti, quelli che sono con noi, o contro di noi. Qualsiasi Paese, presidente, politico, o altra persona viene vista e giudicata in questa dimensione.Sapendo quale è stata la reazione di media e della società, anch’io sono rimasto un po’ perplesso dopo aver letto l’intervista del Papa. Più o meno la stessa situazione si è verificata con la Via Crucis al Colosseo.Papa Francesco parla molto spesso della pace, dice che prega per il popolo ucraino, che gli è vicino ecc. Questo è vero, però a volte ci sono frasi o dichiarazioni che cancellano tutto quello che aveva detto o fatto precedentemente.Siamo diventati molto sensibili alle dichiarazioni che fanno i leader degli altri paesi. Il popolo ucraino è stato colpito molto profondamente dalla guerra che sta vivendo, e vuole vedere delle posizioni molto chiare, invece il Papa anche in questa intervista ha usato la narrativa che noi ucraini sentiamo dai populisti russi, e per questo molte persone guardano con un certo sospetto verso il Vaticano.Ovviamente il Pontefice vuol provare a dialogare con Putin, trovare qualche via d’uscita da questa situazione, ma purtroppo la Russia d’oggi capisce solo la lingua della forza. Il male deve essere e condannato.La storia ci insegna che il dialogo con governo russo non è una soluzione. Siria, due guerre in Georgia, otto anni di guerra in Ucraina, l’elenco è molto lungo, le vittime sono centinaia di migliaia persone. È un male che non si ferma. È una tragedia…

Diametralmente opposte invece le posizioni prese dal patriarca di Mosca, Kirill… Che ne pensa? Ci sono possibilità di distensione in qualche modo o crede rimarrà “fermo” sulle sue posizioni?In realtà il patriarca Kirill non ha via d’uscita, è molto legato a Putin e ai suoi crimini. Come può un patriarca dichiarare la guerra in un altro paese una “guerra santa”? Invece Kirill l’ha già fatto qualche anno fa, e oggi continua giustificare quel che succede in Ucraina.Purtroppo, e lo ripeto purtroppo, la Chiesa ortodossa russa si sta allontanando dal cristianesimo dell’amore e della pace. Almeno per la maggior parte dei suoi ministri.In Ucraina molti preti ortodossi russi collaborano attivamente con il Cremlino e le truppe di occupazione, alcuni segnalavano i punti da bombardare, i servizi segreti hanno sequestrato tante armi dai preti.Credo che il Vaticano dovrà rivedere la retorica nel dialogo con la Chiesa ortodossa russa. Il cristianesimo non può propagare la morte, il patriarca non può benedire la guerra, questo è contro il Vangelo.

Può parlarci un po’ riguardo l’autocefalia della Chiesa ucraina? Come vive Mosca l’autocefalia del patriarcato di Kyiv, dipendente fondamentalmente da Costantinopoli?Oltre alla Chiesa cattolica di rito latino e alla Chiesa greco-cattolica ucraina; oggi in Ucraina esistono due chiese ortodosse, una che dipende da Mosca, e la chiesa ortodossa ucraina dipendente da Costantinopoli.Ovviamente sono in opposizione perché Mosca non riconosce l’autocefalia di Kyiv e ha rotto la comunione con il patriarca ecumenico di Costantinopoli per averne riconosciuto l’autonomia nel 2018 considerandola uno scisma.Di più, la chiesa russa praticamente si è auto-isolata dalle altre chiese e comunità cristiane. Perché continua a sostenere la narrazione del governo russo. In questi giorni il nostro parlamento ha messo al bando tutti i partiti filorussi, credo che lo stesso accadrà in futuro con la chiesa russa. Ad esempio in alcune città i sindaci già l’hanno fatto.Spesso succede che intere parrocchie decidono di cambiare il patriarcato perché il prete è filorusso.I rapporti tra Mosca e Costantinopoli sono tesi da molti anni. Mosca rivendica una primazia tra le chiese in virtù del maggior numero di fedeli, si definisce terza Roma; Costantinopoli, dal suo canto, non la cede per ragioni storiche e di prestigio, per essere l’erede della Chiesa bizantina.

In tante immagini dolorose abbiamo visto venir colpiti, tra i tanti obiettivi non militari, anche molti luoghi di culto ortodossi. Perché questo non-rispetto dei luoghi di culto dei “fratelli nella Fede”?È la Russia di oggi. Più di 70% dei russi appoggiano la guerra in Ucraina. Purtroppo questo è un dato di fatto. Non hanno riguardo né per le persone, né per i luoghi sacri.So che in Italia vengono mostrate le immagini di bombardamenti delle città, arriva l’informazione degli atti di violenza, omicidio, stupro, tortura compiuti qua. Sono passati più di due mesi della guerra e non ci stanchiamo di meravigliarci della crudeltà e disumanità dei militari russi.In tante intercettazioni telefoniche le mogli incoraggiano i mariti soldati ad uccidere, a non avere pietà, a non compatire. Se il patriarca con i vescovi e i preti appoggiano la guerra, a quale livello morale e culturale sono i loro fedeli?

Alla luce di ciò, secondo lei questa rischia di diventare (o magari lo è già) anche una guerra di religione?Credo di no, non ci sono presupposti per questo. In realtà in Russia, ma anche in Ucraina la maggior parte dei fedeli ortodossi sono cristiani “nominalmente”. Si dichiarano cristiani, ma di fatto non frequentano le chiese, non sanno pregare. Nella chiesa ortodossa non è di precetto andare domenica alla Messa. Quindi molte persone non frequentano la chiesa da anni.Altro argomento è che tra i militari russi ci sono molti musulmani di provenienza cecena, daghestana, altri ancora vengono dalle zone di Siberia dove cristianesimo è poco presente. Quindi non penso che la guerra in Ucraina rischi di diventare una guerra di religione.

Legato alla domanda precedente, che ruolo per possono invece giocare le religioni per andare verso una desiderata e auspicata pace?In Ucraina le religioni si sono unite per la preghiera e per la pace. Abbiamo il Consiglio delle Chiese ucraine, è una associazione religiosa pubblica con la funzione consultativa presso la Commissione Statale per le religioni.In questa associazione partecipano non solo chiese e comunità cristiane, ma anche altre religioni. Questo Consiglio organizza spesso le preghiere pubbliche sulle piazze. È un segnale forte di unità, di fraternità, di presenza di Dio.Le Chiese in Ucraina si sono mobilitate nell’aiutare quelli che hanno bisogno. Le Caritas diocesane, le parrocchie, le diverse comunità oggi sono diventate i luoghi di aiuto, di conforto, di ascolto ecc.Ovviamente bisogna ringraziare i paesi europei, tra i quali anche l’Italia, che hanno accolto molti profughi, hanno mandato aiuti in Ucraina.Questi sono atti di umanità che dimostrano l’identità cristiana dell’Italia e degli altri paesi. In realtà solo nei momenti di prova possiamo rispondere alla domanda: “chi sono io?”. Credo che il bene compiuto nei nostri conforti sarà un seme evangelico. Per noi che lo riceviamo è un segnale che si può vivere nella fraternità e nell’amore.Per voi come promotori sarà il motivo e stimolo per avvicinarsi al Signore, per prendere ancora una volta consapevolezza che l’uomo è stato creato per il bene.Noi come cristiani dobbiamo continuare a parlare di Gesù che si è fatto vicino a noi, si è fatto uomo – Emmanuele. Il Signore è venuto per farci suoi discepoli che vivono nell’amore e nella pace.La guerra in Ucraina sottolinea ancora una volta quanto cattivo diventa l’uomo senza Dio. Il mondo ha bisogno dell’annuncio del Vangelo.

Ci può raccontare in fine qualcosa su di lei, sulla sua diocesi e sulla sua comunità: dove opera ora, quanto dista dalle aree di conflitto e quanti abitanti e fedeli conta? Come state affrontando e vivendo questi drammatici giorni nella vostra comunità? Sono partiti in molti anche dalla vostra area? Come Chiesa, che azioni state mettendo in atto per aiutare la popolazione e quale la difficoltà più grande cui far fronte?La mia diocesi si chiama Kamianets-Podilskyi e si trova nel centro-ovest del paese al confine con la Romania e la Moldavia. Siamo lontani dalle zone dei combattimenti e fino a qualche giorno fa eravamo abbastanza tranquilli. La mia diocesi confina con la Transnistria dove si trovano circa tre mila soldati russi. Da qualche giorno là stanno succedendo diverse provocazioni, quindi adesso siamo preoccupati. Io lavoro nel seminario, sono educatore e insegnante, quindi non ho un impegno pastorale fisso. Prima di Pasqua ho dato un paio di esercizi spirituali quaresimali in alcune parrocchie, ogni tanto qualche prete chiede sostituzioni in parrocchia, però in generale sono nel seminario.Le parrocchie in Ucraina si sono organizzate nell’aiutare i più bisognosi, accoglienza dei profughi, volontariato ecc. Ad esempio la città, Gorodok, in cui si trova il seminario fa circa 17 mila abitanti, ad oggi qui si sono registrati tre mila profughi. Anche nel seminario abbiamo accolto qualche decina di persone. Loro si fermavano da noi per qualche giorno e poi vanno all’estero. Invece fin dall’inizio della guerra da noi si sono trasferiti i seminaristi di Kyiv. Il loro seminario che si trova a circa dieci chilometri dalla città è stato bombardato ed è stato occupato per un certo periodo.Per adesso non possono tornare perché l’edificio è stato danneggiato e bisogna eseguire alcuni lavori. Quindi continuano la loro formazione nel nostro seminario.Tante persone che prima si dichiaravano non credenti oggi cominciano a frequentare la chiesa.Davanti al pericolo e il rischio della morte per noi il mondo si è capovolto. Tante cose hanno perso il loro valore, e al contrario abbiamo messo al centro dei nostri interessi persone care, la fede in Dio, i valori di libertà, pace e solidarietà.Per noi il mondo non sarà mai più come prima. Dopo questa grande prova deve nascere un altro popolo, un paese rinnovato.