Confronto e dialogo contro le violenze

Finalmente 150 intellettuali americani, appartenenti in prevalenza all’area cosiddetta progressista, hanno preso posizione “contro il clima di intolleranza che si è creato da tutti i lati… un’intolleranza verso le opinioni contrarie, la moda della gogna pubblica e dell’ostracismo e la tendenza a dissolvere questioni politiche complesse in una certezza morale accecante”. Se il motivo scatenante della loro lettera aperta è stato il clima di proteste violente, con scontri e abbattimenti di statue, determinato dall’uccisione dell’afroamericano George W. Floyd, il riferimento più generale è alla cosiddetta “cancel culture”, che già aveva prodotto l’eliminazione dai piani di studio in università americane di opere di Shakespeare, Euripide, Sofocle e di autori più recenti non ritenuti “politicamente corretti”. Secondo la Treccani, con la locuzione Politically Correct ci si riferiva in origine al movimento politico statunitense che rivendicava il riconoscimento delle minoranze etniche, di genere ecc.,  una maggiore giustizia sociale e un uso più rispettoso del linguaggio, il che, anche in Italia, ha portato a un’attenzione quasi ossessiva per evitare termini passibili di veicolare discriminazioni di genere (fra cui “uomo” per indicare ogni persona), di appartenenza etnica (vietate le parole “negro”, “zingaro”), di caratteristiche fisiche o mentali (notevole qui la successione di termini: da minorato a handicappato, portatore di handicap, disabile, diversamente abile). Sempre in seguito all’uccisione di Floyd, era stato rimosso dalla piattaforma americana Hbo il film “Via col vento”, imputato di razzismo, rimesso poi in visione con avvertenze storiche sul contesto, per fornire corretti criteri morali agli sprovveduti spettatori. Che dire allora di film come “Arancia meccanica” per fare solo un nome?Già nel 2006 Umberto Eco notava la deriva fondamentalista di questa purificazione del linguaggio, citando il caso estremo di alcune femministe, che avevano proposto di sostituire il termine “history” con “herstory”, convinte che “his” significasse di “lui”, escludendo così le donne dalla storia, nella totale ignoranza dell’etimologia greco-latina del termine. E commentava: “Però la tendenza ha assunto anche aspetti neoconservatori o francamente reazionari. Se tu decidi di chiamare le persone in carrozzella non più handicappati e neppure disabili, ma ’diversamente abili’, e poi non gli costruisci le rampe d’accesso ai luoghi pubblici, evidentemente hai ipocritamente rimosso la parola, ma non il problema”. Secondo un giurista, il “politicamente corretto” è una forma di dogmatismo che “usa i metodi illiberali più tipici: etichettare i suoi avversari, qualificarli come inadatti per una società civilizzata, meritevoli di essere banditi, evitati, esclusi da qualsiasi forma di rapporto”.La creatrice di Harry Potter, J.K. Rowling, è stata oggetto di molti attacchi sui social con accuse di transfobia per aver affermato l’esistenza del sesso e difeso una donna inglese licenziata perché aveva contestato la riforma del Gender Recognition Act, con cui si snelliva l’iter burocratico per cambiare sesso. Il giudice del lavoro ha convalidato il licenziamento considerando le critiche “assolutiste e incompatibili con la dignità umana e i diritti fondamentali degli altri”, quindi discriminatorie. Potrebbe succedere anche in Italia se venisse approvata la proposta di legge attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati che propone “Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere” (Testo unificato del 14 luglio 2020)? Condannando ovviamente ogni violenza, è però legittimo chiedersi se potrebbe diventare reato di discriminazione la diffusione pubblica di opinioni contrarie, ad es., al matrimonio fra omosessuali e al cambiamento di sesso, o se ai genitori verrebbe imposto di far partecipare i figli alle “cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile”, organizzati nella “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” (17 maggio), “in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado”, quindi anche per bambini piccoli, presumibilmente all’oscuro dei termini stessi della Giornata. La CEI in un recente comunicato ha espresso forte preoccupazione a riguardo, scrivendo: “Un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte”. Da prevedere un’avvertenza sul contesto storico anche per il testo di Genesi 1 “maschio e femmina li creò” che alla “cancel culture” può apparire politicamente scorretto? Non si tratta ovviamente di contrapporre al Politically Correct quello che è stato definito un Catholically Correct, ma di attuare nella pratica quotidiana la tanto sbandierata cultura del dialogo e del confronto di idee, distinguendo in modo chiaro fra libera manifestazione del pensiero e istigazione alla violenza. Contro il rischio di ogni totalitarismo ideologico basato sulla pretesa di detenere in esclusiva il bene e la verità estirpando di conseguenza il male percepito negli altri, ci ammonisce da due millenni la parabola della zizzania per renderci consapevoli del complesso intreccio di bene e male nell’esperienza umana senza i riduzionismi da pensiero unico del politicamente corretto.