Certezza e speranza: due parole per affrontare la pandemia

Tra le tante, vivaci realtà dei settimanali cattolici che caratterizzano e costellano il nostro Paese, un importante contributo è portato da Toscana Oggi, settimanale regionale che riunisce in sé ben 15 realtà diocesane. In tempi in cui si parla di intessere sinergie e reti, Toscana Oggi è davvero un esempio di come ciò sia possibile e possa portare a ottimi risultati salvaguardando le identità proprie delle singole testate e dei singoli territori; non da ultimo dimostra come, in situazioni straordinarie come quella che stiamo vivendo in questi mesi, davvero si possa dire che “l’unione fa la forza”.Abbiamo incontrato il suo direttore, Domenico Mugnarini, e con lui abbiamo parlato proprio di quest’ultimo periodo, di come l’informazione “vera” sia cercata e desiderata, nonché delle sfide che coinvolgono il mondo della comunicazione.

Direttore, in questo mondo sempre più digitale, come vede il ruolo e il futuro dell’informazione cartacea?Lo vedo come un futuro ancora possibilmente molto buono. Questo perché l’esperienza che abbiamo vissuto anche durante il lockdown ha visto svilupparsi in maniera esponenziale l’informazione su Internet, però in questo caso era un’informazione “vera”. Mentre tendenzialmente oggi si tende a pensare ai social e al mondo online come qualcosa dove la gente cerca informazioni e si accontenta di quello che legge, senza accertarsi se sia una fonte valida o meno, il periodo della pandemia ha fatto sì che le persone andassero a cercare le testate, per avere informazioni certe. Non solo: il giornale si andava a comprare non solo perché era un sistema per poter uscire a prendere una boccata d’aria, ma proprio perché le persone cercavano qualcosa di certo, di vero. Se un giornale cartaceo dà le informazioni certe, fondate, ha ancora una possibilità in questo mondo.Gli stessi giovani mi sembra si stiano, piano piano, avvicinando nuovamente al cartaceo.

Legato a ciò, cosa ritiene essenziale per la stampa di ispirazione cattolica per, diciamo, “stare al passo”?Vedo i nostri settimanali in una posizione favorevole rispetto ai quotidiani. Mi spiego: gli ultimi dati statistici sui quotidiani non sono positivi, per nessuno. Questo perché purtroppo – fino ad un certo punto – le persone hanno cercato informazioni in maniera sempre più “pesante” sui social. Oggi secondo me, piano piano, si tornerà appunto anche alla carta. Faccio un esempio: negli Stati Uniti, dopo che alcune grandi testate hanno fatto passare i loro contenuti online da gratuiti a pagamento, le vendite dei quotidiani cartacei sono risalite.I nostri settimanali sono una cosa diversa, si distinguono perché vengono cercati da ricerca un certo tipo di informazione, da chi vuole fare degli approfondimenti, da chi cerca un’informazione vicina a un certo mondo.La nostra difficoltà è che, per un periodo, c’eravamo un po’ “seduti” – passatemi il termine – con i nostri abbonati più anziani, con i nostri lettori più fedeli, solitamente le persone che frequentano abitualmente la Chiesa. Credo che dobbiamo staccarci un po’ da questo; purtroppo le chiese non sono piene di giovani che spingono alle porte… dobbiamo quindi avvicinarci ai giovani in maniera diversa, è lo sforzo che – secondo me – dobbiamo fare tutti in questo momento.Come Toscana Oggi stiamo vedendo i primi risultati dopo aver iniziato ad avere quest’attenzione in più verso loro. I giovani non sono solo il “domani” dell’informazione, i futuri lettori; essi sono anche il nostro futuro. Se ci si focalizza solo sugli abbonati “storici”, purtroppo ad un certo punto questi smetteranno di leggere il settimanale, pertanto dobbiamo trovare dei sistemi che avvicinino i giovani, li invoglino a leggere i nostri giornali, anche tenendo conto del fatto che tra loro certi principi che possono sembrare lontani, in realtà ci avvicinano e ci si accorge che è molto più facile di quel che si possa credere avvicinare un giovane che non, ad esempio, un quarantenne, a certe tematiche.

I tempi che abbiamo vissuto e stiamo vivendo non sono facili e anche per il mondo dell’informazione hanno rappresentato una “sfida” impegnativa. Il vostro settimanale come ha scelto di procedere, che taglio è stato deciso di dare?Fin dai primi giorni abbiamo cercato di utilizzare soprattutto due parole: certezza e speranza.Certezza significa dare informazioni appunto certe, verificate, senza andare a cercare il sensazionalismo, perché non è questo il nostro compito, ma cercando di far parlare il nostro mondo, cercando di far vedere quali realmente sono le difficoltà delle persone in un momento come l’attuale.Speranza perché nel momento in cui tutto era veramente negativo, il compito di un settimanale come il nostro è quello di dare una speranza nel futuro. Questa l’abbiamo affrontata parlando con le persone, con chi viveva il Covid in prima persona o in famiglia ma anche con infermieri, medici, insegnanti… facendo parlare e raccontando storie reali, persone con opinioni fondate, per spiegare alle persone quello che realmente stava succedendo.Abbiamo fatto anche delle dirette Facebook per commentare le notizie di attualità, proprio su richiesta dei nostri lettori, i quali sentivano il bisogno e ci richiedevano notizie “vere”. I contatti sono stati altissimi e fanno capire quanto bisogno ci fosse – e ci sia – di sicurezza, conferme, ma anche di speranza e non solo negatività.

A livello lavorativo, com’è stato questo periodo?Devo dire che l’abbiamo vissuta male. Soprattutto nel primo periodo abbiamo lavorato tutti da casa, solo io mi recavo in redazione, completamente da solo, nelle giornate di chiusura del giornale per accertarmi non ci fossero intoppi a livello tecnico sui nostri server. Se ripenso a quelle giornate, chiuso qui dentro, senza nessuno anche per 12 o 13 ore, poi uscire e trovare una Firenze deserta… la sensazione era veramente terribile, davvero si capiva la portata di quello che stava succedendo, di un mondo alla rovescia. C’è stata una sensazione quasi di panico in alcuni momenti, aumentata dalla difficoltà di lavorare separati e di dover in qualche modo “imparare” a lavorare da casa, che non è semplice poiché saltano certi principi che in una situazione di normalità aiutano a lavorare.

Toscana Oggi è una bella realtà, molto composita e sinergica. Ce ne può parlare e magari anche portare un bilancio di questo suo primo periodo alla direzione?Toscana Oggi esce settimanalmente con un’edizione regionale di 20 o 24 pagine e 15 dorsi diocesani diversi, ognuno da 8 pagine. Io sono entrato alla direzione il 1° settembre 2019 con tre obiettivi da portare a termine quanto prima: cambiare tipografia, cambiare sistema editoriale e cambiare grafica. Siamo riusciti a cambiare tipografia e siamo soddisfatti, perché abbiamo trovato una soluzione che permette di fornire a tutte le quindici edizioni il full color, che prima invece era disponibile solamente per la parte regionale. Si era partiti con le prime riunioni per il cambio del sistema editoriale ma purtroppo abbiamo dovuto interrompere tutto a causa dell’arrivo del Covid 19 che ha improvvisamente bloccato l’Italia. Alla fine siamo riusciti a partire con il nuovo sistema editoriale soltanto con il primo numero del 2021, perdendo praticamente un anno. Idem con la nuova grafica, per la quale abbiamo dovuto fare formazione esclusivamente online: un’esperienza bella, perché vissuta insieme a tutte le realtà locali, ma difficile.Molto bella in tutto questo è proprio l’esperienza del fare rete, che in questo periodo si è rafforzata ancora di più. Nell’incontro settimanale con tutte le redazioni delle varie diocesi, dove sono solitamente presenti uno o due referenti, non sempre si riusciva a trovarsi “in presenza” tutti quanti; con gli incontri online invece siamo riusciti a trovarci sempre tutti insieme, anche perché c’era davvero la voglia di condividere quello che succedeva.Toscana Oggi in quest’ultimo periodo è cresciuto davvero tanto, passando da 16 pagine a 32, perché c’erano e ci sono tante cose da raccontare. Il fare rete, l’essere insieme, è anche questo: condividere le storie belle che ogni redazione locale può portare a contributo di tutti.Il risultato finale lo lascio giudicare agli altri, ma personalmente sono molto contento. Abbiamo ovviamente subìto anche noi il contraccolpo generalizzato dovuto alle tante chiusure, ma l’abbiamo vissuto davvero insieme e insieme abbiamo cercato le soluzioni, condividendo un bel percorso.