Assistenza e orientamento per chi fugge dal conflitto in Ucraina

Recentemente il CIR – Consiglio Italiano per i Rifugiati, in collaborazione con la Fondazione Contavalle, ha aperto a Gorizia presso gli spazi dell’Istituto “don Giovanni Contavalle” in via Garzarolli 131, uno Sportello di assistenza legale e orientamento sociale, dedicato a rispondere alle richieste delle persone in fuga dall’Ucraina e dei cittadini ucraini che si trovano già in Italia ma non possono far rientro nel proprio Paese.Abbiamo incontrato l’avvocato Tamara Amadio, referente del CIR Onlus a Gorizia, per comprendere dubbi e difficoltà di chi si ritrova, più o meno all’improvviso, sul nostro territorio.

Avvocato, lo scoppio della guerra in Ucraina ha dato vita a una nuova emergenza umanitaria. Quale la situazione in questo momento sul nostro territorio?Gli arrivi sono tanti e le regioni più toccate in questo momento dagli arrivi dei cittadini ucraini sono proprio Veneto e Friuli Venezia Giulia. Dal 28 febbraio alla scorsa settimana, quella dal 14 al 26 marzo, si sono contati oltre 35.000 arrivi; è anche vero però che la maggior parte di queste persone non si ferma sul nostro territorio. Tuttavia questo trend sta cambiando: se all’inizio si assisteva ad un transito, con persone dirette verso famigliari che stavano, nella maggior parte dei casi, fuori regione, ora c’è bisogno di accoglienza e anche le persone e famiglie che hanno accolto cittadini – amici o parenti – in fuga, hanno adesso bisogno di supporto.

Quali sono le principali richieste fatte e che tipo di orientamento necessitano queste persone?C’è proprio una necessità di ottenere delle informazioni di base, sia rispetto queste persone che arrivano nel nostro Paese, sia rispetto alla questione dei documenti, della Dichiarazione di Ospitalità, della Dichiarazione di Presenza…Entrando nello specifico, la prima cosa che deve fare una persona che ospita in autonomia un cittadino straniero è presentare, entro 48 ore dal suo arrivo, la “Dichiarazione di Ospitalità” presso la Polizia Locale, o al Commissariato di Polizia più vicino, o alla Questura, per dichiarare appunto che la persona si trova presso la propria abitazione.Inoltre i cittadini ucraini che stanno entrando nel Paese con il passaporto biometrico in esenzione di visto, possono permanere sul territorio nazionale italiano in maniera regolare per un periodo di tre mesi, presentando una “Dichiarazione di Presenza” alla Questura.Per la prima volta dal 2011 ad oggi il Consiglio dell’Unione Europea  ha dato esecuzione a una direttiva per la quale i cittadini ucraini in fuga dal conflitto hanno diritto a chiedere un Permesso di Soggiorno per protezione temporanea.Le Questure hanno già attivato, con modalità diverse, la ricezione delle domande ma si è in attesa del decreto di attuazione.Va inoltre detto che ci sono moltissime persone, cittadini ucraini già residenti nel Paese, che stanno accogliendo parenti e amici, tra i quali diversi bambini. In questi casi ci sono delle formalità, delle procedure da rispettare, ma c’è anche diritto ad altre tipologie di Permesso di Soggiorno per il quale le persone non sono preparate, motivo per il quale abbiamo deciso di aprire questo Sportello informativo e di assistenza.Accanto a tutto questo ci sono anche tante altre necessità di informazione, rispetto alla questione scolastica per esempio, anche se abbiamo compreso che molti minori in questo momento non vengono iscritti a scuola qui in Italia perché hanno ancora la possibilità di seguire la Didattica a Distanza dall’Ucraina.Ci sono poi esigenze di informazioni rispetto alla tessera sanitaria, alla sua richiesta, alle questioni legate alla pandemia quindi tamponi, vaccini, quarantene…

A tal proposito, quali sono le procedure sanitarie attuali?Se la persona ha già un green pass, perché ha già ricevuto la vaccinazione o possiede un documento equiparato, non ha particolari necessità, in caso contrario sono necessari 5 giorni di quarantena e tampone finale.Se una persona però rientra nei circuiti di accoglienza, deve sottoporsi al tampone prima di entrarvi.Le attuali normative prevedono poi che una persona si sottoponga a tampone nel luogo di destinazione, se invece è solo in transito non è necessario; le cose cambiano se la persona si ferma per un pernottamento, anche solo di una notte, dove c’è necessità di test negativo.

A causa della Legge marziale in atto in Ucraina, che non consente di lasciare il Paese agli uomini tra i 18 e i 60 anni, si stanno muovendo principalmente donne e bambini. Com’è il trend nella nostra area? Prima accennava alla presenza di minori, ce ne sono molti? Arrivano da soli?Esatto, in questo momento stanno arrivando anche qui donne con bambini. Ci sono anche alcuni casi di nonne che arrivano insieme alle figlie o alle nuore e ai nipoti. Abbiamo anche conosciuto situazioni di “nonne giovani” che si trovano già in Italia, che si ricongiungono con i propri nipotini in arrivo dall’Ucraina. In ogni caso, al momento, i casi di minori non accompagnati sono pochi.

Quali sono le principali preoccupazioni, paure, di queste persone in fuga che chiedono assistenza?Abbiamo raccolto da parte loro il timore – ed è stata una cosa che ci ha colpito da subito come operatori – che accedendo alle forme regolarizzate di protezione, al sistema di accoglienza predisposto, non si possa poi rientrare nel Paese di origine; hanno invece questo forte desiderio di mantenere i legami e tornare dai famigliari, compagni e mariti che sono rimasti là.Voglio invece anche qui rassicurarli dicendo loro che in qualsiasi momento possono decidere di uscire dal circuito di accoglienza e rientrare in patria, non c’è nessun vincolo.Per quanto riguarda poi chi accoglie, all’inizio c’è stata una spinta naturale, umana e solidale all’accoglienza spontanea, soprattutto in famiglia, un po’ però senza pensare a quella che sarebbe stata l’ospitalità nel lungo periodo, con i suoi obblighi burocratici e i suoi oneri, pertanto ora molte famiglie non ce la fanno a sostenerle e stanno chiedendo aiuti che, a volte, non sono ancora stati disposti, oppure richiedono di reinserire le persone in un sistema di accoglienza che, di fatto, è ancora in fase di costruzione; c’è quindi un po’ di confusione rispetto alle modalità e alle tipologie dell’accoglienza.

Gorizia negli scorsi anni ha visto l’ingresso di numerosi richiedenti asilo, in arrivo però dalla Rotta Balcanica. Come sono ora i flussi e in cosa si differenziano, anche a livello di documentazioni?Quello dall’Ucraina è un flusso di ingresso completamente diverso da quello cui siamo abituati qui in FVG, che comunque a sua volta è cambiato nel corso del tempo, soprattutto dal 2018 in poi quando il nostro territorio, che era di secondo ingresso fino a quel momento, è diventato territorio di primo ingresso dalla Rotta Balcanica.Un flusso di ingresso questo importante ma non nuovo per l’Europa, che vede viaggiare giovani uomini da soli, moltissimi minori stranieri non accompagnati e famiglie intere; nella maggior parte dei casi poi non si fermano ma si spostano verso altri Paesi europei, in particolare Francia e Germania.Un flusso quello dalla Rotta Balcanica che in questo momento è atteso, vista anche la crisi umanitaria afghana dello scorso anno, apice di una crisi ormai ultratrentennale che ha provocato una vera e propria diaspora. Non è ancora pienamente ripartito perché, essendo caratterizzato da arrivi a piedi attraverso boschi e montagne, è impedito durante i mesi invernali per la sua pericolosità: le persone che arrivano dalla Rotta Balcanica viaggiano per anni, sottoposte a pericoli e violenze di ogni tipo e a grave sfruttamento lavorativo, anche i bambini; si tratta spesso di ragazzi che arrivano quasi uomini ma sono partiti in molti casi da bambini dai loro Paesi, hanno poi lavorato per mantenersi, per pagarsi il viaggio, per mandare soldi alle loro famiglie… Persone che arrivano spesso traumatizzate da quello che accade nel loro Paese ma anche da quello che avviene durante il viaggio – respingimenti violenti, vessazioni, abusi… -.

Lo sportello è ufficialmente operativo da poco più di una settimana. Come sono andate queste prime giornate e come si delinea, prospetta la sua attività?Nella prima settimana di attività abbiamo già accolto una quindicina di richieste di aiuto. L’idea di queste persone è quella di rientrare appena possibile, come accennavo si tratta di famiglie divise e tutti hanno molta preoccupazione per chi è rimasto là.Tra i punti che ci prepariamo ad affrontare, anche il problema delle cittadine e dei cittadini ucraini che già erano sul territorio – molti di loro impegnati in attività di cura – ma che non sono mai stati regolarizzati. Sono persone che in questo momento non possono tornare in Ucraina, chiaramente,  e non hanno alcun diritto riconosciuto qui in Italia. Lavorare affinché anche a loro venga garantita una protezione e una regolarità nel nostro Paese è fondamentale. È una situazione che ancora non sta emergendo in maniera massiccia, temiamo tuttavia ci sia tanto sommerso.