Accoglienza e credibilità

È solo questione di tempo ma fra poche settimane o fra pochi mesi la “rotta balcanica” condurrà anche in regione gli afghani in fuga dalla propria terra dopo il ritorno al potere dei talebani.Non saranno certamente le barriere che gli Stati continuano ad innalzare ai propri confini a bloccare questo flusso di disperazione. Quando un fiume incontra sul suo corso un ostacolo trova sempre il modo di superarlo, scavandosi un altro letto, aprendosi una nuova via: allo stesso modo uomini e donne alla ricerca di un domani oltrepasseranno le barriere metalliche e le reti di filo spinato.Ancora una volta risulta evidente che anche il muro più tecnologico è inutile se concepito come sostituto di una strategia politica: può dilatare i tempi ma non risolvere il “problema”. La sua realizzazione attesta solo l’incapacità dei Governi (e di questo i 27 componenti dell’Unione Europea ne sono attualmente l’esempio più evidente) di una visione che vada oltre un oggi segnato dall’immobilismo vittima della paura alimentata dai nazionalismi per progettare insieme un domani.Gli afghani che la fuga della Nato da Kabul condurrà alle nostre latitudini sono gli stessi a cui abbiamo proposto negli ultimi vent’anni il modello occidentale di cultura e democrazia come il migliore possibile: un modello così importante da giustificare la permanenza di migliaia di soldati della coalizione internazionale nella loro terra (e la spesa di miliardi di dollari). Anche quando l’uccisione di Osama bin Laden nel 2011 aveva fatto venire meno una delle principali motivazioni dichiarate per cui quella coalizione era stata formata. (Che poi a giustificare la presenza nella terra crocevia fra Medio Oriente, subcontinente indiano, Cina e Russia ci fossero altre ragioni sono ormai in pochi ad ostinarsi a negarlo…)Ecco perchè dinanzi alla richiesta di asilo di afghani ed afghane, ci giochiamo quanto resta della credibilità nostra e del modello di democrazia di cui amiamo dirci paladini: abbiamo il tempo di prepararci a questi arrivi attivando un’accoglienza che non sia emergenziale ma programmata e coordinata a livello europeo per assicurargli un futuro con certezze e non solo insicurezze.Glielo dobbiamo nel ricordo anche di tutti gli italiani che dal 2001 ad oggi hanno concluso tragicamente la vita in quell’Afghanistan a cui con la loro presenza ed il loro impegno speravano di poter offrire un futuro migliore.