Dylan canta Sinatra

Intanto Dylan canta nel progetto dieci classici della grande tradizione americana che vanno dagli anni ’20 ai ’60  del ’900, brani che hanno incrociato con gloria la voce di Frank Sinatra. Il suo più grande merito è quello di essere riuscito a spogliarli di tutte le sonorità ed orpelli che ne hanno rovinato altri e numerosi rifacimenti: “Ma Sinatra sarebbe sorpreso di ascoltarle eseguite dal mio quintetto, soprattutto” ha detto Bpb al suo fortunato e unico intervistatore. E qui viene la prima sorpresa: Robert Love, con il quale ha parlato, è stato per vent’anni firma di punta del mensile “Rolling Stone” e poi se n’è andato, pure lui travolto dalla grande tempesta che butta fuori gli operatori dell’informazione anche specializzata. La quale è spesso purtroppo lasciata in mano a gente certo più fresca di anagrafe, ma che compone nell’indifferenza generale recensioni distratte e superficiali come alcune cose da noi lette in questi giorni proprio su Dylan, affermazioni che dimostrano di non comprendere neanche il senso dell’argomento da trattare. Love ha subito precisato con il portavoce di Dylan che sta ora lavorando al giornale dei pensionati americani, ARRP. Ma il menestrello di Duluth gli ha fatto sapere di voler proprio parlare con lui, e per quel giornale lì. Il che significa, fra l’altro 1) che Bob è consapevole di rivolgersi a un pubblico di quel tipo, ben conoscendo il divario fra la memoria e la realtà che riempie i nostri giorni; 2) che non si cura dei troppi uffici stampa esistenti per ogni giornalista e che l’interlocutore è stato scelto per la conoscenza del lavoro che ha fatto nella sua storia professionale, e la testata gli andava bene. Il che, di questi giorni, non esiste nel mondo delle inter-relazioni musicali, ed è motivo di conforto morale per chi scrive (e purtroppo legge anche quel che passa il convento, tranne ottime eccezioni). Colpisce al cuore, per uno come Dylan abituato a massacrare le proprie canzoni, che la sua voce suoni da subito rispettosa della pronuncia fino a far capire ogni parola, e che si sforzi senza parerlo nell’intonazione, spingendo alla precisione dei suoni anche i musicisti.Quelle canzoni escono dalla sua bocca rigenerate, come alleggerite da una nuova aria, per quanto decisamente classiche, malinconiche e struggenti. Arriva anche un po’ di emozione, a tratti: gli senti cantare la celebre “Autumn Leaves” e ti pare uno scherzo impossibile. È come un ossimoro musicale, questo progetto: però riuscitissimo, commovente in qualche modo per la profondità che Dylan mette in ogni interpretazione. Ma tutto questo è ciò che è arrivato a noi. Nell’intervista invece lui parla di un progetto che aveva in mente da tanto tempo: “Ci penso da quando ho sentito “Stardust” di Willie Nelson verso la fine dei ’70″, e si riferisce a Frank Sinatra come al più grande: “E’ lui la montagna da scalare, è con lui che bisogna confrontarsi”. Rivela di aver lasciato nell’album l’ordine di incisione in sala: “Non c’è missaggio, le canzoni sono nate così come le sentite. Niente trucchetti, niente di niente”. Il progetto dylaniano è un lavoro da avere p comunque da ascoltare, una perla nel panorama musicale internazionale e una dimostrazione che si può fare musica d’Arte rielaborando con sapienza brani della tradizione.

I nostri preferiti1(-) Shadows in the night – Bob Dylan 2 (-) Wallflower – Diana  Krall3 (1) The bootleg series vol.11 – the Basement tapes – Bob Dylan4 (2) Shadows -Mark Murphy5 (3) Original – Janiva Magness6 (4) Viva Voce – Francesco De Gregori7 (5) Boxers – Matthew Ryan8 (6) Allergic to water – Ani di Franco9 (9) Mano nella mano – Sergio Cammariere10 (10) (Ske-Dat-De-Dat The Spirit of Satch – Dr.John