La precarietà delle nostre conquiste terrene

Il commento al Vangelo di domenica 31 luglio 2016

28 Luglio 2016

Contro la permanente tentazione a riporre la nostra sicurezza nei beni della terra, e in particolar modo nella “ricchezza”, la Parola di Dio invita a guardare in alto, a tenerci lontano da ogni cupidigia, a rivolgere, piuttosto, attenzione ai beni che non periscono. In questo consiste l’attesa di Dio nella nostra esistenza. La presenza di Gesù è opportunità di salvezza, inaugura per tutti il tempo della chiamata alla decisione. Dio fa credito alla nostra maturità. Dio non guarda alle nostre colpe, ma al futuro: da noi aspetta decisioni positive per una vita feconda. Attende consapevolezza e responsabilità nel diventare collaboratori del suo disegno di salvezza. Ci dà tempo per la conversione e per portare frutti.Con la parabola dell’uomo ricco che dispone di molti beni, il Vangelo propone di riflettere sul senso ultimo e sulla destinazione della nostra vita. Ogni giorno siamo messi a confronto con la sua inevitabile provvisorietà. Può ciò che è destinato a svanire, diventare il fondamento stabile su cui costruire la vita? Il messaggio sapienziale di Qoelet, nella prima lettura, per quanto velato da un evidente pessimismo, non è disfattista: esso invita a prendere in considerazione la precarietà delle nostre conquiste terrene, ci confronta con il limite di ogni realtà umana e, se parla di distacco dalle cose terrene, è per orientare la nostra ricerca più in profondità. Il suo messaggio risulta, così, in totale sintonia con quello del Vangelo: arricchire davanti a Dio è più importante che accumulare tesori per sè. In tal senso va intesa anche l’esortazione paolina della seconda lettura: “Cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo risorto!”.