Il vignaiolo premuroso

Es 3,1-8a.13-15; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

21 Marzo 2019

Il massacro dei galilei ad opera di Pilato, le vittime per il crollo della torre Sìloe. Pare cronaca nera e tragedie dei nostri giorni. Terrorismo, terremoti e alluvioni. Mancava la maledizione sul fico sterile. Eppure non finisce così. L’ultima parola è una proroga, una dose di fiducia rinnovata. Il vignaiolo che insiste con le sue premure, che cura e sostiene, che attende fiducioso, è lo stesso Gesù, l’albero buono, la vite carica di grappoli, la spiga gonfia di grano.Dio ha sempre fatto così. A far grandi uomini come Mosé è la chiamata, prima e più della loro risposta. Dio mette (prima lettura) la sorte della liberazione di Israele nelle mani di Mosè: tocca a lui vincere la tremenda oppressione sotto il tallone del Faraone. Dio gli rivela persino il proprio nome, inaudito: “Io sono Colui che è”, l’unico che esiste, che vive e dà la vita. L’unico salvatore. Da quel momento ogni politeismo sarà inaccettabile e rifiutato (ne sanno qualcosa anche i Romani che mai piegarono quel popolo), ma anche ogni altra idolatria (di potere, di cose o persone).Mai dubbi sulla fedeltà di Dio, casomai sulle scelte del popolo, sempre bisognoso di conversione e di ripresentarsi al cospetto del Dio dei padri. Gesù usa lo stesso linguaggio, così forte da sembrare minaccia, in realtà rigoroso per evitare attenuanti e furbe giustificazioni. Gesù dice che la disgrazia non è figlia della colpa, ma è simbolo di cosa accade fuori dall’abbraccio del Padre, quando la pecorella si smarrisce fra rovi e dirupi. È saggio considerare le prove come ammonimenti e inviti a cambiare pensieri e modi di fare. Il peggio che può accadere non è il crollo di una casa, ma quello della vita oltre la vita, l’inferno eterno, tanto per esser chiari.In quaranta passi di tempo può accadere di tutto, se si prendono sul serio: dal diluvio all’arcobaleno, dalla schiavitù alla terra della promessa (attraversando un deserto che non finiva più), dalla seduzione del potere alla libertà del servizio.Noi siamo il fico pieno di foglie e nudo di frutti. Quaresima è accettare che il vignaiolo premuroso è Gesù. Per grazia di Dio, anche stavolta abbiamo ancora un po’ di tempo. Anche quest’anno son tornati i giorni di quaresima. E non tocca tutta a noi la strada da fare per tornare a casa. Il padre è già sulla via e ci sta venendo incontro.C’è un segreto di misericordia nel fico sterile. Il padrone della vigna è Dio nel momento terribile del giudizio finale. Il vignaiolo è Cristo e toccherebbe a lui il taglio dell’albero improduttivo. Qualcosa accade nella relazione tra il Padre e il Figlio; si dilata il tempo – un anno – come nuova possibilità. Tutto è grazia; anche la nostra conversione è opera di Dio in Gesù.